I disegni di Marta Celio. Nel tempo senza tempo

Premessa

Le due pubblicazioni di disegni e pitture di Marta Celio recano, rispettivamente, nel titolo e nel sottotitolo le diciture: Di-segno in segno (203); Appunti e segni (2014). I segni (come dice Morris) “stanno per qualcos’altro”, sono materialità e strumentalità che, nel gioco compositivo e creativo, costruiscono un significato, si fanno senso, diventano lente per leggere il mondo, interno ed esterno.

I segni di Marta Celio

Nei segni di Marta Celio il polo del significato elicita la sfida interpretativa: già presso gli antichi hermēneus e intrepres marcavano il significato di mediazione e di valore, ma si ponevano per lo più uno scopo pratico, dunque parziale (pretium richiama il prezzo). Grazie all’elemento di trasfigurazione operata dall’arte, la relazione tra il segno e il suo significato apre a una significazione che coinvolge l’intero, lo trasforma, lo ri-crea e va ad aprire a una nuova e continua significazione, anzi “una semiosi illimitata”, come afferma Eco, per cui ogni segno rimanda ad altri segni, in un circolo potenzialmente infinito.

E voler cogliere come la materia, nei lavori di Marta Celio, si fa germinazione, disseminazione, incrocio misterioso di pensiero e amore, è operazione audace e sfidante, tuttavia suggestiva e avvincente.

La realtà segnica di Marta Celio (geometrie e colori) proviene da un mondo astratto, che si configura come una poetica dell’oggetto/idea scarnificato, ridotto all’essenza, così da significare la nodosità e l’asciuttezza, ma anche la rarefazione delle cose che popolano il suo spazio mentale, interiore, vitale.  Che va a ricercare il senso nella nebbia di contraddizioni e di non senso entro cui l’esistenza appare.  Così, i segni di M. Celio sono solo le tracce, l’eroso graffito su cui scrivere i moti del cuore, le intime vibrazioni dell’anima, mentre l’affiorare del mondo interiore ci porta attraverso un filo invisibile dentro chine, vuoti e precipizi, ma anche risalite e raggiungimento della luce. Un en plein air (grazie alla luminosa presenza del colore, un varco verso la speranza, come I limoni di Montale, o Il Girasole), di pittura metafisica, verticale, astratta.

Lo “sguardo nuovo” di Marta Celio sulla realtà attraverso il segno.

Questi disegni richiamano visione; vertigine; vita; nuovi occhi. Sono il frutto di uno sguardo d’empatia e com-passione con il reale e il vissuto.  Molti momenti pittorici rappresentano - in forme variate, ripetute, concentriche e tangenti- innumerevoli percorsi, su cui compaiono minuscoli sassolini tondeggianti, o righe abrase, o le più svariate geometrie, centripete o centrifughe, che segnano cammini verso un dove, un altr-ove. Un viaggio, dunque, con soste e fermate, pause, riprese, su strade note e non note, su impervi e arditi cammini, fianchi scoscesi, su piani riconosciuti e abitabili.

Questo groviglio rimanda a un interrogare incessante sul senso da attribuire alle cose, al destino, alla storia nella quale viviamo. Una sete inappagata di conoscere il senso dell’esistere universale e della propria, piccola, parabola umana, nella contingenza infinita dell’accadere, anche nelle tratte oscure del suo manifestarsi. Una sete che si abbevera alla fonte del sogno; della relazione con l’altro da sè, della misteriosa comunicazione con gli esseri viventi, anche il sasso, la pietra, le arcane traiettorie- celesti e terrestri -  delle linee che si inanellano e si tangono, talora con apparente tendenza a- logica, an-alogica.

Così la vita si fa a colori

Ne “La vita a colori”, i giochi geometrici e coloristici disseminano tracce di luministica astrattezza; lo spazio è intriso di presenze, di figure, talora dal volto vuoto, appena sbozzate nella loro fisicità, figure stilizzate e puntiformi, memorie familiari e domestiche, alternate a lacerti di percorso, ma anche   interruzioni, deviazioni, vuoti dal sapore e dalla dolcezza inquieta, immersi in un tempo sospeso. Tutto ciò   marca le contraddizioni del vivere, le zone d’ombra; evidenzia gli stati dell’animo, mentre il colore leggero ed evanescente purifica i contrasti, addolcisce gli angoli puntuti. Compaiono griglie che ingabbiano o filamenti leggeri come bava che ci conducono dentro alle tortuosità della vita; segmenti spezzati ci indicano sentieri interrotti; parabole, ellissi e cerchi ci riportano a una rotondità piena e pacificata, tuttavia sempre complessa, aggrovigliata.  Le “nuvole” navigano lente e spumose su fondo chiaro a dirci la precarietà e l’aleatorietà dell’esistente. Lo sguardo di Marta Celio ci porta a presentire il finito e il non finito; la realtà e il sonno /sogno, a sentire la notte come fonte di creazione, apparentemente, privo di luce naturale, ma ricco di luce del cuore. Siamo immessi nella dimensione delle essenze, nel mezzo di una verità che Montale coglie come non la verità assoluta, ma una delle tante verità possibili. Quanto all’assenza, del soggetto o di ciò che gli sta a cuore, si può evocare ancora Montale: Comprendo/ la tua caparbia volontà di essere / sempre assente/ perché solo così si manifesta / la tua magia (Accade).

Questa “Vita a colori” di Marta Celio è una rivelazione epifanica della luce che scrive (foto-graphia), che scruta il vuoto per andare al senso più riposto delle cose, un dire per immagini mosse e sinuose, per affermare una dominante strutturale e prevalente: la dinamica del passaggio, del movimento; essa racchiude anche metamorfosi e cambiamento. Andare, tornare, poi, ancora una volta, ri- partire. I cannot rest from travel, afferma l’Ulysses di Lord Tennyson. Ed ancora: How dull it is to pause.

E su antichi   palinsesti va a vergare una nuova scrittura. Nuova, “per un rinnovato /ritorno alla vita”.

Come asserisce l’autrice stessa, l’acquerello si dà come lo strumento che risponde pienamente al suo estro, per i colori luminosi e stemperati; viene da voce sottile, ma tuttavia ha una forza dirompente, in quanto è percepito come retour à la vie. E, del resto, esso si pone come confine tra mondi, poiché sta tra acqua, amnio, e vita, cioè terra e radice. Qui si coagulano gli elementi primari, ciò che scorre (come il tempo) e ciò che si guarda / vede, determinandone il punto di chiarezza e di raggrumata densità.   E non a caso, l’autrice ha riprodotto il quadro a olio della madre (torno /al mio passato/ madre/ prima /vita) che la riconduce al passato (al prima) e la restituisce al presente. L’acquerello è anche fonte di poesia (Acquerelli parlati), dove la parola si filtra alla luce, del di-segno, del dis-senso, del con-senso.  E così, Marta Celio, con i materiali semplici di penna, acquerello, pennello costruisce quel proprio cerchio che non si chiude mai, tra presente e passato; tra vita di prima e il per sempre.

Questi “fogli dipinti” riflettono il mondo poetico di Marta Celio

In tal modo, attraverso questi fogli dipinti (che sono il corrispettivo del suo fare poesia) lei oggettiva la sua biografia, che si ritrova ritmata tra due fratture, come soglie tra due mondi, in cui la sua coscienza ha vissuto la sua storia, spesso aspra, dolorosa, scissa tra le schegge acuminate del male di vivere e il desiderio di un’alba nuova, che conduca a un presente finalmente accolto nella sua autenticità. È lei stessa a riferire questi opposti, ora riconciliati in una nuova possibilità, nella quale “tutto il possibile diventa reale” (Hoelderlin). Questi opposti sono, ad es., il senso del tempo che nutriva in precedenza, per il quale riconosce l’ossessione del controllo, a fronte del – conquistato- ungarettiano essere libera dal tempo; oppure la “passata metafisica” e un mondo nuovo e nuovi gli occhi con i quali è visto; o, ancora, “la mia passata Weltanschauung (1999), alla Vita datata 2014, sempre “filtrata” da un occhio “metafisico”, ma più concreto, più reale”.

Un prima e un poi. Un oggi diverso. E le cose, riviste con nuovi occhi. Le cose semplici e quelle complesse, quelle effimere e quelle eterne. L’attrito del mondo e la possibilità di nominarlo e oggettivarlo.

 L’unicità del suo lavoro sta nello sguardo, l’elemento che unifica e comprende una produzione che lei divide per capitoli, per temi, che comprendono l’assolo dell’io, ma anche il contatto con l’altro, come le Dediche, consistenti in segnalibri, che accendono la notte attraverso la luce del cuore. Momenti colorati, in cui l’interpunzione è affidata allo srotolarsi della linea serpentinata e al colore; nello scorgere e perimetrare l’amore nell’orizzontalità e fedeltà degli affetti che percorrono la vita.  Anche le Cartoline affidate parlano all’altro, in cui un tempo/ senza tempo ritma la voce del cuore. E così le Grammatiche, senza tempo portano all’infinito il vedere e il guardare che hanno strutture diverse: l’una più sintetica e complessiva, che ci vede coinvolti per automatismo; l’altra più dettagliata e profonda, che ci vede protagonisti di un’introiezione spirituale.

Nel disegno si realizza il linguaggio del corpo in un perpetuo andare

I nostri sensi sono convocati a questo convito: la vista (per es., in Disegni; Scacchiera); il tatto (Liscio, ruvido); l’udito (Acquerelli, parlati); e il corpo partecipa con tutto se stesso (Vicinanza, di distanze).

Tutto è linguaggio, la dimensione del nostro abitare, del nascere e del morire.  E del rinascere.

Non a caso, di questo mondo l‘autrice vuole essere voce e testimonianza; dunque, parola, comunicazione, perché in questo mondo avverte il dover portare a termine un compito, un dover essere nel mondo.

Pittura, disegno sono partecipare all’altro il proprio mondo, in un contesto di metafisica purezza, nudi e scabri, come l’essere, che non conosce infingimenti, compromessi, autocompiacimenti.

Della vita/tempo, Marta Celio coglie l’istante – infinito-, l’eternato istante – cioè quel bagliore che fa vedere a Baudelaire, ne A una passante, il lampo delle emozioni accese da uno sguardo, capace di ridare la vita. Il poeta rivela: un lampo…poi la notte/ Bellezza/ fuggitiva/ che con un solo sguardo la vita /m’hai ridato…. Al che il poeta domanda: non ti vedrò più dunque che /nell’eterna riva? / Altrove / in lontananza, e tardi, o/ forse mai… L’attimo fascinoso è promessa che si scioglie nel nulla; non avrà compimento nelle categorie umane.

Andare verso l’oltre è il monito lasciato da Marta Celio. Ciò non preclude la sosta, che è solo funzionale alla ripartita.

Un andare e tornare, prima. Un andare per restare, ora. Un andare per ripartire, sempre.

Nella circolarità di un tempo/ senza tempo, che è attimo ed eternità.

Ornella Cazzador

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