La Tavernetta dei poeti

Abstract

La donazione al Comune di Padova da parte degli Eredi Missaglia del ciclo di dipinti che costituivano la decorazione della “Tavernetta dei Poeti” nel Bar Missaglia di via S. Lucia a Padova, opera di Antonio Menegazzo “Amen” all’inizio degli anni’40 del Novecento, è occasione per farne un breve cenno, con l’auspicio che presto torni alla visione della città.

I Missaglia vanno in pensione

Il 30 agosto 1983 nel “Gazzettino” di Padova appariva un breve articolo, a firma “M.Z.”, che annunciava: “I Missaglia vanno in pensione”. Dopo oltre 60 anni di attività passava di mano il “Bar Missaglia” di via Santa Lucia “alla Madonnina”,  Fig.1  un’istituzione della Padova tra le due Guerre e il secondo Novecento,  punto di ritrovo di artisti, poeti, giornalisti, sportivi, professori, studenti, base dei tifosi del Padova calcio e prima ricevitoria in città del Totocalcio (allora si chiamava Sisal): era stato aperto nel gennaio del 1940 affiancandosi al “Bar Missaglia” di via Gorizia, aperto fin dal 1921-22 e chiuso nel 1962. Fig. 2

La fama che ha accompagnato per più decenni i due locali si deve anche e soprattutto agli ambienti che vi furono allestiti: il “Cenacolo” in via Gorizia e successivamente la “Tavernetta” in via S. Lucia. Entrambi furono voluti e animati da uno dei fratelli Missaglia, Bepi, coadiuvato da Agno Berlese, giornalista, scrittore e poeta vernacolare ai quali si aggiunse il pittore Antonio Menegazzo, Amen, allora affermato grafico, vignettista, “papirista”, assieme ad una serie di altri amici (1). Fig.3

   

Il Cenacolo

La prima sistemazione del Cenacolo in via Gorizia Fig.4, inaugurato il primo di gennaio del 1937, era stata pensata per divenire punto di incontro di amici, clienti, avventori e insieme galleria d’arte e di letteratura: le pareti entro quadrature in stucco opera di Saturnino Mazzuccato (2),  ospitavano dipinti e disegni di artisti padovani (lo stesso Amen, Aldo Lovisetto, Giuliano Tommasi)  con vedute della città e del territorio, soggetti agricoli e di mercato, ritratti (quello di Amen di Mazzuccato del 1937, firmato,  Fig. 5 lo riprende sugli sci in atto di effettuare il “salto d’arresto”) sovrastate dalla scritta “Hic manebimus optime”, la frase di Tito Livio poi utilizzata da Gabriele D’Annunzio a Fiume nel 1920; alla quale corrispondeva su di un’altra parete l’aquila imperiale col profilo del Duce, firmata da Amen e datata 1937 (nella fotografia è stata cancellata) Fig.6.

Nel registro sottostante, alla rinfusa, erano altri dipinti e disegni ed entro vetrinette pagine e ritagli di giornali, fotografie di amici e simpatizzanti (tra queste quella di Angelo Cecchelin, il commediografo, comico e attore triestino famoso per essere stato bersaglio della censura fascista, con la quale il 1 gennaio 1937 faceva gli auguri al Cenacolo) Fig.7, testi poetici e autografi, lettere e corrispondenze: testimonianze di un clima culturale vivo e dinamico intessuto di rapporti che superavano la dimensione municipale (3).

La Tavernetta dei Poeti

Successivamente all’inizio degli anni ’40 Amen interviene nel Bar che Italo e Orione Missaglia aprono in via Santa Lucia, alla Madonnina, vicino all’abitazione di Agno Berlese che, sempre con Bepi Missaglia e lo stesso Amen, rimaneva l’anima del nuovo Cenacolo, ora definito “Tavernetta dei Poeti” (4): Fig.8 Essa è sorta in una sera in cui … pochi uomini di diverso ceto sociale … sognarono e ben presto realizzarono un loro cantuccio … che invita al convivio”.  “Adattata con sobria raffinatezza al bel Trecento italiano, in un angolo del bar chiamato “alla Madonnina” s’insinua tra le classiche “ombre” delle fornite spine nostrane l’umile e cara “Tavernetta dei Poeti”. Questa volta il progetto decorativo era più organico e focalizzato su due elementi, la poesia e appunto il convivio: “otto pannelli attraverso i quali fluidamente scorre la sintesi di tutta la poesia, dalla genesi omerica alla laude oraziana, dal canto maninconioso del folle Angioliero alla solenne pace asolana del Bembo con Caterina Cornaro, dal più vivido Shakespeare del Falstaff ridanciano fino alla bonomia arguta di papà Goldoni ...”. Vi si accedeva attraverso una piccola porta sulla quale era la scritta “Anche l’ombra è luce” (con evidente allusione all’”ombra”, il bicchiere di vino) dettata da un amico e frequentatore della tavernetta, il fotografo Erasto Praturlon: “lo stile architettonico, senza troppe ardue pretese, c’è in pieno. Le finestre dai vetri istoriati, pure” (5).

Gli otto pannelli erano distribuiti lungo il registro superiore cominciando dalla parete a sinistra dell’ingresso secondo un ordine cronologico, iniziando ovviamente da Omero:

I – cm. 149×179 Fig.9
Iscrizione 𝝹𝞾𝞪𝞶𝞭𝟂𝞳𝞊 𝞫𝞸𝞶𝞾𝞻 𝞭𝟂𝟈𝞵𝞲𝞽𝞪𝞽 𝞖𝟂𝞵𝞰𝞺𝞾𝞻
Anche il grande Omero talvolta sonnecchia, Orazio, Ars Poetica, 359 = anche i migliori possono sbagliare

II – cm. 149×109,5 Fig.10
Iscrizione: Nunc est bibendum
Nunc est bibendum, nunc pede libero pulsanda tellus, Orazio, Odi, 37 = E’ ora di bere e di danzare

III – cm.149×94 Fig.11
Iscrizione: la pedina l’alfiere la torre
In riferimento alla poesia trobadorica e all’amor cortese

IV – cm. 149×164 Fig.12
Iscrizione: fa che pel capo fumi la vinaglia
In riferimento a Cecco Angiolieri: Tre cose solamente mi so ’n grado, le quali posso non ben men fornire: ciò è la donna, la taverna e ’l dado.

A confermare questo intento, subito dopo sulla parete di fondo, tra le due finestre “dai vetri istoriati”, era dipinta una pergamena con l’iscrizione in versi che, in tono goliardico, elogia il vino, l’ebbrezza e l’amore. Fig. 13

Fig. 13

 

E quando angoscia il cuore ti tanaglia
Si che d’esser non nato un preferisse
O d’esser cosa che non si sentisse
Fa che pel capo fumi la vinaglia
E riderà del mal che lo tanaglia
S’ anco può dir che madre il maledisse
Gran tempo innanzi ch’ella il partorisse
Chi in gola sentirà vin che gargaglia
Così maninconia non prenderaggio
Mescendo vino e baci in gran follia
Che giovinezza fugge tuttavia
E domani morire anche possiamo
Ma giovani stanotte e vivi siamo
Femmina a me la bocca e viva Maggio

 

 

 

 

Il percorso continuava sulla parete destra:

V – cm. 149×124 Fig.14
Iscrizione: “iocundissimamente novellavano
In riferimento al Decameron del Boccaccio

VI – cm. 149×103 Fig.15
Iscrizione: “vivere ardendo e non sentire il male
Gaspara Stampa, Rime d’Amore, sonetto 208, ripreso da Gabriele D’Annunzio ne “Il Fuoco”, in riferimento alla “solenne pace asolana” del Bembo e Caterina Cornaro

VII – cm. 149×110 Fig.16
Iscrizione:tutto nel mondo è burla
Da G. Verdi, Falstaff, libretto di Arrigo Boito, Atto terzo: Tutto nel mondo è burla. L’uom è nato burlone, la fede in cor gli ciurla, gli ciurla la ragione.

VIII – cm. 149×176,5 Fig.17
Iscrizione: “ciacole, riverenze e malvasia
In riferimento a Carlo Goldoni, raffigurato in basso a sinistra. Oltre il ponte, la locanda mostra l’insegna dei Missaglia. La firma “AMEN FECIT” chiude il ciclo sul ferro di prua di gondola in basso a destra.

Sotto il ciclo dedicato alla storia della poesia e del convivio, nel registro inferiore “Torno torno lungo le pareti una lunga teca a vetri raccoglie quanto ognuno dei frequentatori ha voluto offrire della sua parte migliore di sé al Cenacolo. Sono tutte poesie …”: era riproposto il modello del “Cenacolo” limitandolo alla sola produzione poetica. Il cerchio poetico si chiudeva nel segno di quella continuità tra passato e il presente che aveva nella Tavernetta il luogo deputato, in un momento particolarmente duro per Padova (a pochi passi di lì nell’agosto del 1944 verranno impiccati i partigiani Busonera e Lampioni, lo stesso anno in cui veniva deportato ad Auschwitz, dove morirà , Paolo Shaul Levi, un altro amico e anima della Tavernetta) e che vedrà nel dopoguerra le presenze, con Agno Berlese, Bepi Missaglia e tanti altri, di Egidio Meneghetti, Berto Barbarani, Alberto Di Lenna, Elia Lockmann e a seguire Giovanni Soranzo, Alberto Bertolini fino a Toni Babetto che nel 1962, proprio l’anno in cui chiudeva il Bar Missaglia di via Gorizia, fondava a Padova  l’”Hostaria dell’Amicissia” (poi trasferitasi ad Abano Terme), riprendendo e continuando così l’esperienza della Tavernetta.

Per quanto riguarda Amen, lo ritroviamo subito dopo la fine della guerra (1947) a realizzare, sulla falsariga della Tavernetta, la decorazione del Bar del Bo’ Fig.18 fortunatamente mantenutasi e oggi parte integrante del “GaudeaMUS” – Museo della Goliardia dell’Università di Padova: un ambiente che evoca quello che doveva essere stato il “cantuccio” di Via Santa Lucia.

Note

1 La Tavernetta dei Poeti, in “Padova e la sua Provincia”, 5, 1965, p. 26; Antonio Menegazzo in arte AMEN, a cura di V.Baradel, M.Magagnin, V.Negriolli, Padova 2012
2 L. MONTOBBIO, Padova ironica di Agno Berlese, Padova 1995, p. 40
3 C. MUNARI, Almanacco quasi privato, Bologna 1983, p. 95
4 L. MONTOBBIO, Padova cit., pp. I-VIII
5 La Tavernetta dei Poeti cit., pp. 25-26

Pier Luigi Fantelli

 

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