Melchiorre Cesarotti

Abstract

Melchiorre Cesarotti (1730-1808) può essere considerato a pieno titolo un autore moderno, in quel suo tempo che vide il passaggio tra due secoli (XVIII e XIX) e l’affermarsi di tante istanze della modernità. Essa si declina come rinnovamento radicale dell’ambiente culturale italiano, libero dagli impacci di una tradizione, seguita pedissequamente come modello, e verso un rinnovamento della concezione della lingua. Con la traduzione de I canti di Ossian dello scrittore scozzese James Macpherson contribuì in maniera significativa alla nascita di quella sensibilità che oggi definiamo preromantica e che segnò un deciso cambiamento nella letteratura italiana ed europea.

Fig. 1 – Parco e Villa Cesarotti a Selvazzano (Pd)

Modernitá di Melchiorre Cesarotti

Fig. 2 – Ritratto di M. Cesarotti

Uomo di svariati , profondi e proficui interessi, interrelati e interconnessi tra loro, di vasta cultura, fu autore versatile, sempre attento e sensibile al cambiamento, anzi concorse al diffondersi di una sensibilità pre-romantica e contribuì al suo nascere. Fu autorevole critico in chiave filosofica, poeta, scrittore, traduttore, saggista, autore di teatro, professore.

Nel suo pluriverso la centralità è della lingua. Affinato lo studio delle lingue classiche nel periodo di formazione,  scriveva in francese; imparò  l’inglese, e ricoperse la cattedra di lingua greca ed ebraica all’Università di Padova. Poteva far valere la sua importante opinione nel dibattito tra i puristi della Crusca e gli innovatori, per es. sui prestiti linguistici, mantenendo una posizione moderata e realista.

Si occupò in special modo della traduzione, con risultati di sorprendente novità , tale da far pensare ad una vera e consapevole teoria della traduzione.

Cenni biografici

Nasce il 15 maggio 1730 a Padova e in questa sua città muore il 4 novembre 1808. Di nobile ascendenza, il padre era espressione del “ceto civile”, che prestava servizio nel governo cittadino. Della madre si sa ben poco; il fratello Francesco seguì la strada degli avi, divenendo avvocato. Alla sua morte, Melchiorre poté ereditare i beni di famiglia, sia la villa adiacente al Prato della Valle, sia quella di campagna, a Selvazzano. Fu lo zio, il monaco Lorenzo, che lo avviò al piacere della lettura, perché, quando il nipote, per castigo, era rinchiuso nella biblioteca del convento, curiosava per gli antichi e polverosi scaffali, determinando la scaturigine di quel rapporto fondamentale con la lingua  e la scrittura. Al Seminario di Padova, studiò letteratura, filosofia, matematica, giurisprudenza; educato all’Illuminismo, alla sintesi del sapere dell’Enciclopedia. Fu professore di Retorica e Belle Arti nel Seminario stesso, ma ne criticava l’ambiente per la pedanteria e l’ipocrisia, ed era contro i “grammatici” che riducono e impoveriscono l’arte, occupandosi solo della forma.

Negli anni Veneziani, in una città ricca e fiorente (pur economicamente meno importante rispetto al passato), dal clima socio-culturale vivace e movimentato, fu il precettore delle figlie del nobiluomo Grimani. Presto emerse nei salotti, e conobbe donne di tempra, colte e ospitali. Qui tradusse i Canti di Ossian (Poems of Ossian).[1]

Professore all’Università di Padova

Ritornato a Padova,  nel 1768, ricoperse la cattedra di professore di lingua greca ed ebraica presso l’Università, poi di Belle Lettere, ovvero di eloquenza. Amico di Andrea Memmo, l’allora Provveditore di  Padova, gli dedicò il poemetto Il puro omaggio per la sistemazione di Prato della Valle.

Fu membro attivo delle istituzioni culturali del tempo: a Roma, fu nell’Accademia dell’Arcadia, nel 1777; a Padova, nell’Accademia dei Ricovrati (istituita nel 1599), poi divenuta Accademia patavina di Scienze, Lettere ed Arti, di cui nel 1779 divenne segretario a vita; a Venezia fu nell’Accademia dei Granelleschi. Ebbe rapporti, nel comune amore per la poesia, con Foscolo, Pindemonte, Alfieri e Monti; conobbe i più influenti letterati del tempo, come Gozzi[2] a Venezia, incontrò Madame de Stael a Padova, Canova a Roma.

Negli anni dell’avventura napoleonica e della caduta della Repubblica di Venezia (1797), egli partecipò agli eventi, pur con atteggiamenti talora contradditori (nei confronti per es. di Napoleone, prima esaltato, poi criticato – ma non fu il solo!). Comunque predicò sempre moderazione, anche nel linguaggio.

Ebbe dimora nella casa di Padova, nell’attuale via Cesarotti, e si ritirò negli ultimi anni nella tranquillità della  villa di Selvazzano. Morì il 4 novembre 1808. Le sue ossa e il suo cenotafio sono posti nella Basilica di Sant’Antonio.

L’opera omnia in 40 volumi in ottavo fu pubblicata  a Pisa nel 1800 e completata postuma nel 1813 dall’allievo prediletto, successore alla cattedra padovana, Giuseppe Barbieri.

Fig. 3 – Busto di Melchiorre Cesarotti, opera di Romano Petrelli precedente al 1847.

Cesarotti pre-romantico

Come formazione fu illuminista; letterariamente, fu arcade (a Roma, col nome di Meronte Melisseo) ma una componente, essenziale e distintiva, del mondo poetico del Cesarotti vira verso gusti e orientamenti che preludono al Romanticismo, così da essere definito un vero pre-romantico.

Cesarotti opera sul crinale tra una concezione illuministica, che esprime il primato della ragione sulle norme, le regole, e il serpeggiare sempre più pervasivo di “una cultura più inquieta che le combatte anche – se non soprattutto – in nome della vita nella sua mobilità e spontaneità”[3]. È a Venezia che accade l’incontro della sua vita, nell’anno mirabilis del 1672, quando esce l’edizione del Fingal dello scozzese James Macpherson. Cesarotti non conosceva l’inglese, ma si accinse alla lettura e traduzione con l’ausilio del gentiluomo amico Charles Sackwill, che viveva a Venezia ed era di madre inglese. Fu per Cesarotti “l’immersione in un universo sentimentale tumultuoso e conturbante”[4]. Scrivendo a Macpherson dirà: “Votre Ossian m’a tout –à- fait entousiasmé”.[5] Quest’opera segna il passaggio verso una nuova sensibilità. Come ben dice Finotti:

“Il mondo primitivo dell’Ossian sarà la prima, straordinaria proiezione poetica in un orizzonte europeo di questo mito primitivistico in cui la logica della ragione lascia il posto all’immaginazione e alla sensibilità” [6].

Cesarotti traduce i Canti di Macpherson in versi, li revisiona a lungo e li invia agli amici. Egli immagina, e a ragione, che l’opera non mancherà di suscitare opinioni differenti, per la traduzione e la versificazione.

Chi è Ossian?

Fig. 4 – Ritratto di Ossian

Chi è Ossian e quale influenza esercitò in quello scorcio di secolo sui poeti e letterati del tempo?, se anche Foscolo è “debitore nei confronti dell’Ossian”[7] e Alfieri definisce Cesarotti “traduttore dei versi immortali dell’Ossian”. Sappiamo che dietro all’Ossian c’è un falso, che nasce sull’onda delle aspirazioni all’autonomia degli intellettuali scozzesi che cercavano una legittimazione, rispetto al mondo inglese, basata sulla rivendicazione di una storia e di un’identità nazionale. La “letteratura scozzese” affondava le radici nella storia delle popolazioni celtiche migrate in Scozia dall’Irlanda, durante il IV secolo d.C., fissate dai poeti-cantori nei secoli VIII e IX e tramandate oralmente fino all’inizio del XVIII secolo. In quest’emergenza storica, in cui si riunivano le corone di Irlanda e Scozia, l’Inghilterra  si trovò a soffocare i movimenti nazionalistici scozzesi, determinando la perdita di tutta una cultura linguistica  e narrativa di quello scrigno  poetico formatosi nei secoli. L’Ossian che Cesarotti legge a Venezia è sostanzialmente “una versione in prosa inglese, tradotta da un presunto originale celtico, certamente frutto di rielaborazione, riordino e montaggio dei frammenti in una serie coerente di racconti ”[8] L’ Ossian sarebbe stato l’ultimo, mitico bardo che avrebbe tramandato, come afferma la studiosa Gallo, le “gesta dei Fiamma, gli uomini di Fion”.[9] L’attrazione esercitata dall’Ossian è data dall’avvertire in lui l’ultimo di una biblioteca del “sublime”, (Omero, Dante, Milton, Shakespeare…) in cui l’Occidente sembrò ritrovare una propria immagine del primitivo. [10]

Gli elementi del pre-romanticismo

Fig. 5 – Poesie di Ossian tradotte da Melchiorre Cesarotti

Per Cesarotti , L’Ossian fu una rivelazione,  poiché avvertì la consonanza con le tendenze sue proprie e della poesia  moderna, che andava orientandosi verso un’ innovazione del gusto poetico, e coincideva, in lui stesso, in un desiderio di uscita dai modelli tradizionali classici, greci e latini, che in qualche modo imbrigliavano fantasia ed espressione. Gli elementi caratteristici di questi racconti sono la passione e la tragedia, la violenza, ma anche i toni elegiaci, sullo sfondo di visioni e dialoghi con le anime dei guerrieri, in scenari naturali notturni e tenebrosi. Ciò confliggeva con il gusto settecentesco che amava temperare le azioni e i sentimenti alla luce di un principio di razionalità, e molto meno suscitare l’impatto e il tumulto dell’emozione. Il poeta moderno (Cesarotti stesso) non mancava di essere turbato e colpito dal carattere selvaggio di uomini e natura: Ossian è il genio della natura selvaggia [11]. In questo sfondo, di valorizzazione  del primitivo, dove ha voce lo stupore verso un mondo primigenio e irrazionale, Cesarotti riprende le teorie vichiane relative allo sviluppo dei popoli. Nelle Note che accompagnano le traduzioni, si affaccia il confronto tra la poesia di Omero e quella dei poeti barditi, per i quali non è tanto la ferocia di Achille a nutrire il canto, quanto piuttosto il controcanto della pietà dei guerrieri caledoni. Già nella traduzione di Omero, Cesarotti aveva privilegiato la figura di Ettore e innalzato i sentimenti della pietà sulle ragioni della forza [12] , e, mentre Achille spicca per un “diverso eroismo”, spinto da passioni barbare e irrefrenabili, in Ossian si accendono le passioni pure, dove l’eroe agisce con intrepido coraggio. Nella poesia ossianica si ammira e si apprezza  dunque “una poesia sentimentale”[13] che ha un respiro nuovo e possiede una curvatura inusitata e splendente nella corazza della forma. Rispetto alla ferocia omerica, Ossian amplifica le atmosfere elegiache, evoca la centratura sulle eroine femminili, la postura composta, solenne e statuaria dei personaggi e il tutto rimanda ad un’interiorità, a una soggettività più mossa e inquieta, dolce e commovente.  l poeta bardito immette il suo uditorio direttamente nel campo di battaglia, ad udirne il fragore, ma spesso frena il turbine del racconto per evocare, indugiando, con nota elegiaca, il dolore della donna, non senza far cadere- nell’ultimo verso la lama della morte, inesorabile, dell’eroe compianto, con parola fulminea:

” Vergine d’Inistorre allenta il freno/  alle lacrime tue…O tu più bella/ dello spirto dei colli in sul meriggio, /che nel silenzio dei morveni boschi / sopra d’un raggio tremulo di luce/move soavemente, egli cadeo”.

E ancora, l’interesse per la poesia di Ossian coincideva, nell’animo del Cesarotti, con quel gusto verso il concreto, cioè lontano da ricerche filosofiche (Il parlar per sentenze universali è proprio dei filosofi e degli oziosi ragionamenti…) [14]. In queste stesse Osservazioni, egli definisce Ossian ‘l più gran poeta d’ogn’altro. Non ve n’ha alcuno più ricco di sentimenti e più scarso di sentenze di lui.

In Ossian, ancora, Cesarotti ritrova dei valori etici che in Omero – a suo parere -non ci sono: altruismo, senso della patria e dedizione all’amico fino al sacrificio ultimo di sé.

Quel sentimento della natura, visibile nei paesaggi naturali, che privilegiano gli scenari oscuri dove sono caduti gli eroi, si diffonde velocemente e determina il gusto per gli ambienti notturni e cimiteriali, che si inaugura in quegli anni, e si diffonde con fortuna [15], che ispirerà anche Foscolo.

La lingua dell’Ossian nella traduzione di Cesarotti

 Cesarotti usa il verso rispetto all’originale, che è in prosa. Del resto, la tradizione italiana adottava il verso endecasillabo per l’epica, tuttavia Cesarotti usa anche altre metriche (quinari e settenari) rifacendosi ai gusti settecenteschi e alla canzonetta metastasiana, in voga. Riprende modelli arcadici, ma lo fa con modalità vivaci e leggere, aderendo alle atmosfere in atto (che si alternano: elegiache, tragiche, liriche…). Non è un caso che il Nostro senta necessario accompagnare la sua prova e le sue scelte con delle Note, Osservazioni… che a loro volta accompagnano il Discorso intorno alla seconda edizione di Padova, del 1772, e accluda pagine di spiegazione, per chiarire e chiarirsi, il perché di una forma data, le scelte metriche, dimostrando  di aver maturato la coscienza di cosa sia una traduzione  e cosa comporti sotto il profilo per es. stilistico, lessicale, metrico ecc. Egli intende anche superare il “nazionalismo linguistico” in favore di una “democratizzazione dell’espressione poetica”. [16]

Fig. 6 – Poems of Ossian di James Macpherson

Cesarotti e il giardino romantico

Sempre nell’ambito di una temperie culturale che sta volgendo al Romanticismo, l’attenzione  del Cesarotti verso la natura – una vera riscoperta, nei suoi valori plurimi – lo spinse a coltivarne l’amore. Da Naturalista, qual era, creò nella sua proprietà un esempio di giardino romantico, all’inglese: il poema vegetabile, da leggere come un’opera, con i suoi significati e i diversi piani di lettura. Il poema vegetabile è:

 “legato al progetto di informare sentimentalmente lo spazio, un’opera d’arte, la più complessa tra quelle dell’abate, in cui riunire e accostare i diversi elementi della sua sfaccettata personalità”[17].

Egli ristrutturò gli spazi con una serie di ambientazioni sentimentali che dovevano suscitare un’eco affettiva nell’animo del visitatore. [18] Come osserva Finotti: “La “natura” incarnata da Ossian e dal suo traduttore si va così spostando al di fuori del razionalismo illuminista su di un piano antropologico, estestico, poetico e critico” [19]. Il sentimento suscitato – in ogni opera variamente codificata – è un ponte rivolto a chi l’interpreta, perché gli affetti toccheranno l’animo, e questo è lo scopo dell’arte. È Cesarotti a dire: Poco è ad Ossian l’essere ammirabile: il suo massimo studio è l’essere toccante [20].

Accanto al sentimento e al toccante, è la “naturalezza” , secondo Finotti, che diviene il principio estetico e poetico cui ispirarsi nel ripensamento dei modelli classici. L’approccio del Cesarotti potrebbe essere quello di una “colta naturalezza”, un atteggiarsi modesto, stupito e commosso di fronte alla grandezza della natura, nel produrre quell’espressione artistica, per la quale l’autore è solo il messaggero, il tramite di un dono, il trascrittore, il traduttore, il giardinista, appunto , che porta a sintesi arte e natura [21].

Ornella Cazzador

Note: 

[1] A quest’opera dedicò oltre un decennio: pubblicò una prima edizione incompleta nel 1763 e la definitiva e completa nel 1772
[2] Gozzi fu il battistrada del primo giornalismo letterario italiano con la Gazzetta veneta (1760-62); il Mondo morale  (1760); l’Osservatore veneto (1761- 62)
[3] Melchiorre Cesarotti e le trasformazioni del paesaggio, a cura di F. Finotti, Edizioni Università di Trieste 2010, p.25
[4] V. Gallo, Cesarotti da Padova a Selvazzano, Provincia di Padova, Tipografia Bertaggia, p.11
[5] Cesarotti vive una stagione molto intensa di scambi culturali, se lo stesso Sackwill gli scrive di aver ricevuto la sua lettera e di ricordare i giorni felici, in cui lo studio… c’imponeva la dolce necessità di comunicarci scambievolmente e con pienezza le nostre idee, e i sentimenti del nostro cuore”. Cesarotti, Dell’epistolario, t.1, pp. 19-21
[6] M Cesarotti Sulla tragedia e sulla poesia, a cura di Fabio Finotti, Marsilio, 2010, p. 22
[7] V. Gallo, Cesarotti da Padova a Selvazzano…, p.19
[8] V. Gallo, Cesarotti da Padova a Selvazzano…, p.60
[9] Macpherson fu il poeta traduttore che, presentatosi al circolo edimburghese di letterati, promettendo di avere materiali inediti, in parte dovuti alla sua infanzia (ballate popolari, frammenti lirici, pezzi narrativi…), in parte subordinati ad una sua ricerca da farsi nelle lontane Ebridi, convinse i rappresentanti del circolo culturale che sovvenzionarono di buon grado la sua spedizione. Dal suo lavoro emersero i tredici poemi di Ossian, editi tra il 1762 e il 1763
[10] V. Gallo, Cesarotti da Padova a Selvazzano, Provincia di Padova, p. 11
[11] Melchiorre Cesarotti e le trasformazioni del paesaggio, a cura di F.Finotti…, p.33
[12] La traduzione di una parte dell’Iliade, da parte di Cesarotti, si intitolava La morte di Ettore
[13] V. Gallo, Cesarotti da Padova a Selvazzano…, p.64
[14] M. Cesarotti, Osservazioni a Fingal ,III, p.185
[15] Da ricordare Thomas Gray (1716-1771) il cui risultato più celebre è l’Elegia scritta in un cimitero campestre (1750)
[16] V. Gallo, Cesarotti da Padova a Selvazzano…, p.72
[17] V. Gallo, Cesarotti da Padova a Selvazzano…, p.48
[18] In special modo dovevano suscitare “la malinconia del boschetto funebre, la gioia ridente del prato sul colle, un tranquillo appagamento dell’animo lungo il viale coperto dal pergolato disseminato di iscrizioni ispirate alla moderazione e a una filosofia della frugalità, un profondo turbamento nell’antro buio della grotta”.  (Gallo: p.49)
[19] Melchiorre Cesarotti e le trasformazioni del paesaggio, a cura di Fabio Finotti, p.37
[20] M. Cesarotti, Osservazioni…pp.208-209)
[21] Nel Saggio sul bello, in Opere scelte, pp.363-364, Cesarotti descriveva l’approccio del “valente giardinista”…

Immagini:

Fig. 1 – Parco e Villa Cesarotti: https://it.wikipedia.org/wiki/Melchiorre_Cesarotti
Fig. 2 – Ritratto Cesarotti:  https://www.liberliber.it/online/autori/autori-c/melchiorre-cesarotti/
Fig. 3 – Busto di Melchiorre Cesarotti: https://it.wikipedia.org/wiki/Melchiorre_Cesarotti
Opera di Romano Petrelli precedente al 1847. Il busto fa parte del Panteon Veneto, conservato presso Palazzo Loredan, Campo Santo Stefano, Venezia.
Fig. 4 – Ritratto di Ossian: https://it.wikipedia.org/wiki/canti_di_ossian
Fig. 5 – https://it.wikipedia.org/wiki/Melchiorre_Cesarotti

 

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