Vincenzo Scamozzi, architetto sommo

Abstract

Vincenzo Scamozzi

Vincenzo Scamozzi, vicentino, è una figura prestigiosa nel campo dell’architettura e un personaggio degno di essere maggiormente valorizzato dalla critica per quanto ha saputo realizzare non soltanto a Vicenza o nel Veneto ma in tante parti d’Europa. Inoltre, dotato di vasta cultura, ci ha lasciato una voluminosa sintesi del suo pensiero teorico studiato da quanti si sono interessati al problema delle costruzioni. Dal grande Palladio ha saputo trarre lezioni proficue, ma ha saputo anche staccarsi dal grande maestro per sviluppare progetti più aderenti all’utilizzo a cui le opere da realizzare dovevano essere destinate, mantenendosi pur sempre fedele agli stilemi derivanti dal classicismo.

Scamozzi, discepolo del Palladio, in grado di andare oltre il maestro

Ci voleva il precedente di un vero genio dell’architettura,  Andrea Palladio, nome peraltro attribuitogli dal Trissino per la sua straordinaria capacità di interpretare in pieno Rinascimento la classicità adattandola allo spirito nuovo e alle esigenze delle committenze, con sintesi architettoniche di eccezionale effetto come per la Rotonda, per il teatro Olimpico, per il rivestimento esterno del Palazzo della ragione detto poi Basilica palladiana, per la facciata di palazzo Chiericati, ma potremmo continuare all’infinito, per gettare in qualche modo un cono d’ombra su un grande architetto che lo seguì generazionalmente ma che nelle sue realizzazioni ha mostrato tutto il suo grandissimo valore: Vincenzo Scamozzi. Un personaggio di vasta cultura capace di spaziare nei più diversi campi, dalla progettazione strutturale degli edifici, a volte con una nota un po’ civettuola nei confronti di chi l’aveva preceduto come in villa Pisani di Lonigo che un po’ fa il verso alla palladiana Rotonda, alla sistemazione urbanistica come nella progettazione di Residenzplatz o Piazza della residenza di Salisburgo, all’attenzione alla resa acustica come nel teatro nuovo di Sabbioneta, il prototipo dei teatri moderni. I lavori a cui ha dato vita sono innumerevoli e non si fermano soltanto a Vicenza o in Veneto ma sono sparsi in buona parte d’Europa dove sovrani, famiglie nobiliari e ricchi possidenti hanno potuto trarre beneficio dalla sua competenza e dalla sua abilità a tradurre in proposte concrete i loro desideri, le loro intenzioni, con progetti che si rifacevano certo alla classicità come era stato per il Palladio, ma con maggiore attenzione alla fattualità, alla praticità, all’utilizzo lasciando in secondo piano l’aspetto scenografico così caro invece al grande maestro di origine padovana ma di formazione prettamente vicentina che l’aveva così valorizzato soprattutto in alcuni edifici. Il suo talento infine si espresse anche come grande teorico in campo architettonico.

Le sue opere maggiori

Come si diceva, numerosissime sono le sue opere e tutte di grande pregio. Vediamone soltanto alcune tra le più rappresentative anche se non riportate in ordine cronologico:

Villa Pisani o Rocca Pisani a Lonigo è considerata il suo capolavoro. Si vede chiaramente l’influenza del Palladio con la Rotonda, ma una soltanto delle facciate presenta un pronao esastilo con due colonne in entrambi i lati appaiate mentre l’intercolumnio tra quelle più interne è più spazioso. Il timpano è triangolare. Le due facciate laterali presentano una serliana ciascuna. La sala centrale circolare che è il perno di tutta la costruzione termina con una cupola, anche se vista dall’esterno sembra piuttosto ribassata ma non annullata nel suo tiburio.

Villa Pisani a Lonigo (Prospettiva sud-est)

Palazzo Trissino al Corso a Vicenza. Su un portico scandito da colonne in stile ionico poggia la facciata superiore che presenta delle lesene molto regolari nella disposizione tra le quali si collocano le finestre tutte della stessa ampiezza eccetto la centrale terminante ad arco, molto più grande delle altre che funge da balcone su corso Palladio. Oltre il portone d’entrata presenta un bel cortile, mentre le sale che lo attorniano sono sontuosamente decorate e in parte affrescate. Sorge in un punto nodale dell’antica città romana a ridosso del decumano massimo, ora corso Palladio, tanto che recenti scavi hanno evidenziato che lì esisteva il foro romano. Attualmente l’edificio è la sede centrale del comune di Vicenza.

Vicenza, Palazzo Trissino al Corso

Villa Molin alla Mandria a Padova. Anche qui nella concezione complessiva l’influenza del Palladio si fa sentire, ma presenta tali elementi di novità da renderla del tutto particolare. Mentre villa Pisani non era concepita come dimora continuativa, questa è una vera abitazione e lo si vede già nella pianta quadrangolare in tutte le sue parti e nelle distribuzione degli ambienti. Lo stesso rialzo centrale è di forma perfettamente quadrata. Una cupola ribassata semmai copre il salone del piano terra, forse come retaggio di impostazione palladiana che però il sommo architetto voleva con ben altra funzione. Altra novità degna di nota il pronao che diventa una loggia priva di scalinata di accesso.

Padova, Villa Molin alla Mandria

Procuratie nuove a Venezia: su due ordini, il piano terra con un portico scandito da archi tutti uguali delimitati da semicolonne, partono dall’angolo della piazza e giungono fino al campanile però isolato, mentre una teoria infinita di serliane dove le due colonne sono così aderenti al pilastro delimitante, con in risalto una semicolonna da sembrare quasi formare con esso un corpo unico, scandiscono il piano primo. Al piano secondo una finestratura è formata da finestre terminanti a timpano a triangolo o a lunetta in alternanza, disposte tra semicolonne.

Venezia, le Procuratie nuove

Teatro all’antica di Sabbioneta. È un progetto che si rifà al teatro classico ma che presenta notevoli elementi innovativi. Vi è una cavea non più circolare ma mistilinea conclusa nella parte alta retrostante, sull’esempio della balaustra ideata dal Palladio per il teatro Olimpico di Vicenza, con un peristilio sormontato da statue che va a terminare ai lati in nicchie occupate da busti. La scena diventa un vero palcoscenico, mentre l’orchestra si presenta inclinata e si allunga prefigurando quasi lo spazio futuro destinato agli spettatori che nel teatro classico sono confinati nella cavea. L’edificio infine che ospita il teatro è una costruzione autonoma con una propria facciata, prototipo anche in questo dei futuri teatri moderni.

Teatro all’antica di Sabbiooneta, interno

Teatro Olimpico di Vicenza. Il Palladio si spense nel 1580, anno in cui iniziò la costruzione e pertanto non poté vedere la realizzazione del progetto da lui ideato per il teatro Olimpico, per il quale peraltro non aveva lasciato indicazioni precise per le scene da porre oltre la spettacolare frons scenae.  Il compito fu affidato allo Scamozzi che ideò uno spazio prospettico ponendo una pavimentazione in forte salita su cui collocò le costruzioni lignee che si rimpicciolivano man mano che ci si allontanava dal frontone, dando una forte illusione di uno spazio che si dilatava all’infinito con sullo sfondo il cielo, richiamando così l’idea di una struttura urbana ben definita che doveva alludere alla città di Tebe poiché il lavoro gli era stato commissionato per la prima rappresentazione dell’Edipo re, quindi doveva essere una realizzazione provvisoria che poi invece diventò definitiva data la genialità della concezione.

Per concludere tra le altre opere citerò soltanto la chiesa di san Gaetano a Padova, palazzo Contarini a Venezia, uno dei capisaldi della sua progettazione e, per quanto riguarda l’urbanistica, la già ricordata Residenzplatz di Salisburgo

Interno del Teatro Olimpico (Vicenza) il proscenio e le scene

Vincenzo Scamozzi teorico dell’architettura

Se il punto di partenza per lo Scamozzi sono Vitruvio e Alberti, come per molti altri del Rinascimento italiano, egli vuole imprimere un orizzonte universale alla sua visione dell’architettura. Non per niente il titolo della sua opera teorica è L’Idea dell’architettura Universale, in dodici libri, che poi saranno ridotti a sei. Nella sua esposizione non si ferma agli stilemi classici ma la sua curiosità lo spinge a interessarsi, almeno da un punto di vista informativo, anche a forme diverse, pur restando intellettualmente e nella pratica saldamente legato al mondo della classicità, non trascurando comunque l’aspetto decisivo dell’utilizzo, tanto che proprio nella pratica non cede alla tentazione scenografica e coloristica come avviene in alcuni casi per il Palladio a cui idealmente si sente legato e a cui si richiama pur, nelle sue realizzazioni, con spunti di critica a volte più aperta a volte più dimessa:

Per quanto realizzato e per quanto ha saputo portare a termine dei progetti palladiani rimasti incompiuti alla morte del grande maestro, possiamo perdonargli se talvolta si è preso la licenza di non rispettare quanto il Palladio stesso aveva concepito. Se per le soluzioni trovate per il teatro Olimpico, dove peraltro non c’era un vero progetto palladiano per ciò che si doveva fare oltre il frontone, per la genialità della concezione tutti gli studiosi concordano, al punto che da provvisorie le quinte sono diventate definitive, è quantomeno opinabile l’intervento sulla Rotonda, dove lo Scamozzi non completa la cupola progettata dal Palladio ma la ribassa; con questo intervento, a mio avviso, le modifiche apportate al progetto originario ne riducono l’idea di una sintesi  dell’arte architettonica come fino ad allora si era andata sviluppando e che probabilmente aveva mosso l’intento del Palladio.

Federico Cabianca

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