Caserma “De Bertolini” – Dipartimento Militare di Medicina Legale, ex Monastero “San Giovanni da Verdara”

Abstract

Questo è il quarto articolo sulle ex caserme di Padova, dopo che abbiamo dato conto della Caserma Piave, divenuta centro di reclutamento dei giovani di leva fino al recente passaggio alla Università che ne farà un campus universitario, della ex Caserma ‘Barzon’ di via Cesarotti, oggi passata ai privati, di Palazzo Camerini-Bembo, oggi sede del Museo della Terza Armata. In questo articolo vogliamo mostrare le bellezze architettoniche dell’antico Monastero benedettino di via Giovanni da Verdara divenuto Ospedale militare con un fondamentale ruolo negli ultimi conflitti quando il centro delle operazioni dell’esercito italiano era Padova.

Ingresso monumentale sei – settecentesco

1221: Il Monastero benedettino: cenni storici

L’ex Monastero benedettino di “San Giovanni Battista in Viridario”, già sede dell’Ospedale Militare, poi divenuto Policlinico, ora è adibito a Dipartimento Militare di Medicina Legale dell’Esercito. Nel padovano, nei primi decenni del XIII secolo, i Benedettini, che si rifacevano all’Ordine riformato degli Albi, fondarono venticinque monasteri. Fra questi a Nord della città di Padova, nel 1221, fu edificato quello di “San Giovanni Battista in Viridario” a ridosso dell’antica strada militare romana “Viridaria” che proseguendo a settentrione si univa con la strada “Postumia” e con la Via “Annia”. Il luogo era poco abitato, immerso nella campagna e si adattava bene a un Ordine Monastico che coniugava la preghiera con il lavoro nei campi. Il termine “viridario” che segue quello del Santo deriva dal latino “viridarium” che significa giardino. Nel tempo, tale termine è stato sostituito da quello, “verdara” ovvero “verziere – luogo delle delizie” che è sinonimo di “campagna”.

1436: Gli agostiniani subentrano ai benedettini e il Monastero nel 1566 viene elevato ad Abbazia

Nel 1436 ai Benedettini subentrarono i Canonici Regolari Lateranensi di Sant’Agostino che nel 1446 avviarono i lavori di ricostruzione del Monastero e della Chiesa cui seguiranno, fino alla fine del secolo, i lavori per l’edificazione della biblioteca, del chiostro doppio e di quello grande. Dalla metà del quattrocento e per oltre un secolo il Monastero divenne non solo uno dei più importanti Enti religiosi della città, ma luogo di studio e di ricerca di eccellenza, a tal punto che vi fu istituita una scuola di teologia, diritto e filosofia direttamente collegata all’Università di Padova. Fu fondata quindi una biblioteca che per la qualità e la quantità dei libri raccolti era considerata fra le più importanti biblioteche del tempo esistenti in Italia. La costituzione della biblioteca fu resa possibile
grazie alle donazioni di uomini di cultura e fra questi: Gian Battista Legname (padovano – Vescovo di Concordia), Gaetano da Thiene (canonico e studioso di Diritto), Galasso Capodilista (dottore in
Diritto pontificio), Modesto Paleton, Giovanni Calfurnio (umanista e lettore di retorica latina) e, soprattutto, Giovanni Marcanova, insigne teologo, filologo, archeologo e medico che alla sua morte nel 1467 lasciò 521 Codici manoscritti di alta fattura. L’effige di Marcanova campeggia ancora nella Biblioteca, oggi adattata a Cappella.

Nel 1566, Papa Pio V, per l’aumentata importanza e prestigio, elevò il Monastero al rango di Abbazia.

La Cappella

XVIII secolo: Dispersione dell’immenso patrimonio librario e museale fino alla soppressione nel 1783

Dai primi anni del seicento e soprattutto nel settecento il patrimonio librario della biblioteca “viridiana” causa numerose vendite fu largamente disperso e oggi molti di quei Codici si trovano presso: la Bodleian Library di Oxford, la British Library di Londra, la Biblioteca Nazionale di Parigi, la Biblioteca Reale di Copenhagen, la Biblioteca Civica di Padova. Quello che rimase dopo le vendite, cioè 387 codici, nel 1783 furono acquisiti dalla Biblioteca Marciana di Venezia. Il Monastero possedeva inoltre una raccolta di quadri che costituì il nucleo iniziale della pinacoteca del Museo Civico di Padova. Di assoluto rilievo poi la collezione di strumenti ottici e matematici (oggi all’Università di Padova), mentre i reperti archeologici, i novanta bronzi e le monete antiche sono a Venezia suddivise fra il Museo civico e Cà Doro. L’attività di preghiera e di studio all’interno dell’Abbazia durò fino al 1783, anno in cui la Repubblica di Venezia soppresse la Congregazione dei Canonici destinando, nel 1784, l’edificio, a “casa degli Orfani” che fino a quell’anno aveva avuto sede in Via San Biagio. L’ospizio per gli orfani vi rimase fino al 1847 quando fu trasferito in Via Ognissanti. Nel 1848 durante il periodo della Repubblica di San Marco di Daniele Manin il Monastero fu requisito per esigenze belliche e adibito a “Deposito” per i Corpi Franchi Veneti (Unità militari formate da Volontari) Dopo la caduta della Repubblica avvenuta il 22 agosto del 1848 gli austriaci adattarono il Monastero a caserma fino al 1853 accantonando oltre tremila soldati di fanteria e duecento di cavalleria.
Nel 1853 i Gesuiti acquistarono l’edificio e ne fecero un collegio/convitto intitolato al Marchese Federico FAGNANI.

Chiostro doppio e orologio

1866: Da Monastero a Ospedale militare

Nel 1866, dopo l’annessione del Veneto all’Italia, il Monastero fu definitivamente espropriato e fu nuovamente destinato ad usi militari ed adattato ad Ospedale Militare. Padova nel 1° Conflitto Mondiale per la sua posizione geografica ebbe un ruolo strategico di primo piano e fu chiamata a svolgere un ruolo speciale anche in campo sanitario non solo con la creazione dell’Università castrense nella quale erano formati i Medici Militari da impiegare al Fronte, ma anche come luogo di cura. L’Ospedale di “San Giovanni da Verdara”, infatti, retto dal Colonnello medico Giulio PICENI divenne un punto di riferimento per il ricovero dei feriti gravi con ben 280 posti letto (sui 400 disponibili!) destinati ai militari operati per interventi di chirurgia maggiore. Dal 1866 a oggi l’ex Monastero è sempre stato utilizzato per attività sanitarie a favore del personale militare e dopo la seconda Guerra Mondiale l’infrastruttura è stata intitolata alla Memoria Sottotenente Medico DE BERTOLINI, Medaglia d’Oro al Valor Militare, morto eroicamente in Somalia nel 1939.

L’architettura: i chiostri, la biblioteca, la chiesa

Veduta del Chiostro doppio con il pozzo

L’esterno del Monastero oggi è caratterizzato da un ampio piazzale a semicerchio, costruito sul finire del seicento dominato da un bel portale sormontato da una statua settecentesca di San Giovanni Battista. Dal portale si accede al Chiostro grande a un solo ordine con ottantaquattro colonne di marmo rosso di Verona con raffinati capitelli. A nord si entra nel Chiostro doppio a due ordini di colonne: in basso in pietra bassanese e in alto in pietra tenera. Un’ala del Chiostro doppio nel marzo del 1944 nel corso di un’incursione aerea fu distrutta da una bomba che danneggiò anche il pozzo marmoreo di stile lombardesco posto al centro. A est del Chiostro doppio, detto anche del pozzo, ce n’era un terzo oggi non più esistente.
La costruzione e la decorazione del Chiostro Grande e di quello doppio sono attribuite a Lorenzo da Bologna “inzegnero e muraro” ed al modenese Pietro Antonio degli Abati “architetto, intarsiatore e scultore”. A quest’ultimo è altresì attribuito il progetto della biblioteca (oggi adibita a Cappella) che è un ambiente rigoroso, ma elegante, di pianta rettangolare di metri 27,20 per 10,20, delimitato da archi alternati a finestre intervallate da colonne che sostengono stacchi della volta superate da finestre
rotonde. La volta è a botte e le pareti sono ancora finemente affrescate. L’antica Chiesa a tre navate, di cui oggi rimangono essenzialmente i muri perimetrali, fu costruita nei primi anni quaranta del quattrocento e all’interno custodiva numerose opere d’arte come i dipinti: del Padovanino (Le nozze di Cana –oggi all’Accademia di Venezia), del Tintoretto (Cena degli Apostoli – oggi al Museo Civico di Padova), di Pietro da Bagnara (“Gloria della Vergine” e “Santi Giovanni e Agostino” oggi al Museo Civico di Padova), del Tiepolo (Pala dedicata a San Patrizio Patrono d’Irlanda), del Piazzetta (Cena di Emmaus), di Alvise da Vicenza, Stefano dell’Arzere e tanti altri. Nella Chiesa furono sepolti molti uomini illustri e fra questi lo scultore Andrea Briosco, l’umanista Giovanni Calfurnio, il filosofo Lazzaro Bonamico, il pittore Luca Ferrari; oggi i monumenti funebri, tutti di pregevole fattura, si trovano nei chiostri della Basilica del Santo.
Dopo 1866 la Chiesa è stata adibita ad altri usi (magazzino, sala di degenza per malati ecc.).

Nota

Quanto sopra è una scheda relativa a ‘Caserma Piave” tratta daLe Infrastrutture Militari dell’Esercito Italiano a Padova del Bando “on air 2012” indetto dal Comune di Padova. La precisazione è necessaria perché, dal 2012 ad oggi, sono intercorsi cambiamenti qui solo accennati.
Progetto: a cura del Dott. Alessandro Cabianca, Presidente “Gruppo90-ArtePoesia”
Schede: a cura del Gen. B. (Aus.) Maurizio Lenzi
Documentazione fotografica: Mario Dal Molin, 1° Mar.llo Rino Del Pizzo, 1° Mar.llo Fabio Magrini, Sig. Marco Romanato. Coordinamento per la fotografia: Mario Dal Molin (Fotoclub Padova).

Maurizio Lenzi

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