Il castello di Calaone e i Trovatori di Provenza

Abstract

Este e Calaone, sono i due luoghi dove nel corso del Duecento risiedette la corte dei marchesi d’Este e che costituirono le mete reali o mentali di numerosi trovatori e giullari italiani e d’Oltralpe. Nella loro progressiva espansione verso oriente alla ricerca di nuovi protettori, trovatori e giullari, probabilmente fin dall’inizio del secolo, ebbero in quella corte, desiderosa di accrescere il proprio prestigio come già le corti piemontesi, il primo centro di accoglienza in terra veneta. (1)

Este e Calaone

Dopo il 1208 con l’inizio della famigerata crociata contro gli albigesi, numerosi trovatori, sentendosi in pericolo perché la chiesa li additava come eretici o come finacheggiatori dell’eresia catara, si spostarono dalla Provenza presso le corti dell’Italia, accolti in particolare dai Malaspina, al castello di Oramala e dagli Aleramini, marchesi del Monferrato e, in Veneto, dagli Ezzelini a Verona e a Treviso e dagli Estensi a Este.
Difatti “fu proprio in terra padovana che su tutte si distinse la corte estense in Este e sul colle di Calaone poiché più delle altre, come viene tramandato, essa aprì le porte dei suoi castelli a una vera folla di trovatori, diventando un’indiscussa culla di poesia e di musica, di canto e di tenzoni, innervando sempre nuove idee e nuovi giochi linguistici” sui temi classici della poesia provenzale: l’amore, il desiderio, la passione, aprendo la strada alla “futura storia poetica e musicale universalmente riconosciuta”. (2)

I Trovatori

Personalità preminente fu Aimeric de Peguilhan, un trovatore di Tolosa, citato anche da Dante. Altri trovatori hanno celebrato Casa d’Este, chi piangendo la morte di Azzo VI, chi, soprattutto, celebrando la bellezza e la cortesia di Beatrice, anche forse solo per la fama che la circondava, e sono: Guilhem de la Tor, Peire Ramon de Tolosa e un trovatore italiano, personaggio particolare, politico oltre che poeta, Rambertino Buvalelli e, con tutta probabilità, Sordello da Goito, altro più importante trovatore italiano noto anche per la vicenda del ‘rapimento’ di Cunizza da Romano.

Uc de Saint Circ

Va senz’altro aggiunto a questi brevissimi cenni il fondamentale apporto alla conoscenza della poesia trobadorica e della lingua di Provenza dato da Uc de Saint Circ presente per un trentennio, prima a Verona alla corte di Ezzelino da Romano e poi a Treviso presso Alberico, con tutta probabilità ospite in qualche circostanza anche a Calaone. Uc diede ai trovatori italiani gli strumenti per conoscere la poesia provenzale, con la scrittura delle Vidas, le vite dei trovatori e delle Razos, i commenti alle composizioni, e, per chi voleva scrivere in provenzale, diede lo strumento del Donat proensal (3), glossario e rimario della lingua trobadorica. Questo trovatore, il cui merito è anche la redazione, stando alla tradizione, del Liber Alberici, canzoniere trobadorico dei più importanti, ora presso la Biblioteca della Università di Modena, ha in parte subito l’ostracismo toccato ai suoi protettori, ma meriterebbe una riscoperta soprattutto per il ruolo di raccordo con la Magna Curia di Federico II e quindi con i maggiori rappresentanti della Scuola siciliana, gli iniziatori della letteratura italiana. E con la Magna Curia ebbe rapporti ben più continuativi Ezzelino da Romano, per motivi più strettamente politico militari, ma non si può sottovalutarne il ruolo anche di tramite della poesia se è confermato che un codice di poesie dei provenzali proprio Ezzelino donò nel 1232 a Federico II, come scrive A. Roncaglia (4). Questo dono e gli scritti di Uc de Saint Circ citati sopra, che i funzionari imperiali Jacopo da Morra e Corraduccio di Sterleto gli commissionarono, contribuirono ad accendere negli uomini di cultura della Magna Curia, e forse nello stesso Imperatore, l’idea di una poesia nel volgare di Sicilia, dove risiedeva la corte, con le caratteristiche dei provenzali: la scelta cioè della lingua locale per cantare, con gli stessi temi e gli stessi ritmi, l’amore. Oltretutto proprio nel 1232 Giacomo da Lentini, il più importante dei rimatori siciliani, quasi universalmente riconosciuto come l’invetore del sonetto, era presente a Palermo presso Federico II e la coincidenza non può essere casuale.

Conclusioni

Con qualche approssimazione qualche studioso un po’ temerario potrebbe sostenere che la letteratura italiana ha preso le prime mosse in Veneto al tempo in cui la Magna Curia di Federico II vi ha soggiornato.

Alessandro Cabianca

Note

1) Gianfelice Peron, Da Calaone a Ferrara. Itinerari trobadorici del Duecento, Padova e il suo territorio, anno X, ottobre 1995, n. 57.
2) Luisella Fogo, I trovatori alle corti di Este, Calaone e Ferrara, Cadoneghe (Padova), Tipografia Fratelli Zampieron, 2019
3) Da A. Cabianca, Un trovatore alla corte degli Ezzelini: Uc de Saint Circ, in stampa
4) Aurelio Roncaglia, Le corti medievali in Letteratura italiana diretta da Asor Rosa, vol I, Torino, Einaudi, 1982

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