L’oratorio di San Vittore di Priabona e il colle omonimo

Vicenza Sorprende per Padova Sorprende

Abstract

A volte nei nostri colli si incontrano delle piccole meraviglie, spesso con una storia di molte centinaia di anni. Quel che rimane è solo un pallido ricordo di quel che sono state: castelli, chiese, oratori di cui rimangono solo tracce. L’oratorio di san Vittore sul colle di Priabona è quel che rimane di un castello diroccato da Ezzelino da Romano.

Il colle di San Vittore e il castello di Pietramala

Tra il territorio maladense e quello che affluisce alla breve piana in cui ad un punto del suo tratto si snoda la pur stretta vallata dell’Agno, sopra il modesto valico da cui origina l’incavo del torrente Poscola a sud, c’è un luogo pregno di storia e di arte. È il colle di San Vittore sul quale un tempo si ergeva il castello di Pietramala già feudo di importanti famiglie del Vicentino e non solo. Di lassù infatti si domina il passaggio strategico che mette in comunicazione due circoscrizioni con influenze culturali diverse: più esposta alle influenze nordiche quella settentrionale, più aperta agli influssi provenienti da sud quella meridionale. Il colle fu oggetto di insediamenti fin dai tempi preistorici: infatti sono stati rinvenuti interessanti reperti archeologici riferibili ad epoche diverse. Il castello probabilmente fu eretto tra l’ottavo ed il nono secolo d.C. e nella tradizione popolare si ricordano alcuni castellani tra cui Gaspare da Feltre, mentre Giacomo e soprattutto la figlia Elisabetta lasciarono un buon ricordo in alcune località. In un documento del 1083 troviamo castellano Marco Zambricio: si sa che questo castello, come altri nella valle dell’Agno e del Leogra, erano di giurisdizione vescovile e quindi i castellani ricevevano l’investitura da parte dell’autorità religiosa diocesana. Ciò non toglie che a volte si creassero dei forti contrasti che potevano sfociare anche in fatti cruenti; è quanto successe nel 1184 quando il vassallo di Pietramala Pietro, secondo la tradizione, colpì a morte il vescovo di Vicenza Giovanni de Surdis Cacciafronte, in seguito elevato dalla chiesa agli onori degli altari quale beato e dedicatario di una statua che tuttora si trova sul retro della cattedrale. In realtà documenti pontifici parlano soltanto di un gruppo di vassalli quali responsabili del complotto, i quali naturalmente furono privati dei benefici.

Colle di San Vittore con il campanile e la vecchia parrocchiale di Santa Maria Assunta (da: Magico Veneto > Vicentino > Monte di Malo > Priabona)

Distruzione del castello da parte di Ezzelino da Romano

Il castello di Pietramala fu abbattuto nel 1250 da Ezzelino III da Romano a causa, si ipotizza, di contrasti con il castellano che si era appoggiato a potenti in quel momento in forte contrapposizione con il tiranno, che però, probabilmente per motivi scaramantici, si guardò bene dal distruggere anche la cappella. Nel 1295 Manfredo Scrovegni, figlio di Rinaldo, l’usuraio che Dante pone all’inferno e fratello di Enrico il costruttore di palazzo Scrovegni e ideatore dell’omonima cappella che lui stesso commissionò a Giotto per la decorazione pittorica, era podestà a Vicenza. Enrico in persona aveva possedimenti cospicui in terra vicentina, tra questi i territori di Malo e di Pietramala che poi cederà al cognato Vitaliano Del Dente: non è chiaro se in quel periodo ci fossero ancora delle fortificazioni, in ogni caso i possedimenti dei padovani erano in punti strategici, e nel novero rientravano anche alcuni castelli.

Priabona, anzi Petramala e il colle di san Vittore

Ma il colle di San Vittore è anche altro; è, meglio, è stato per secoli il centro del paese di Priabona, allora Petramala, che con esso si identificava, corretto in seguito nel nome attuale di Priabona per un moto di repulsione verso un nome che si riteneva disdicevole, in realtà derivante invece dal fatto di appartenere ai poderi maladensi. Su quel colle nel secolo quindicesimo infatti è sorta la prima chiesa parrocchiale tale rimasta fino al 1930, intitolata a Santa Maria Assunta che in una nicchia sopra l’altare maggiore conserva una statua della Vergine datata 1447, capolavoro di Niccolò di Cornedo, un lapicida molto attivo nel Vicentino in quel periodo. Su quel colle esistevano anche il cimitero della comunità ed il campanile, eretto intorno al 1450, poi nel secolo scorso la nuova chiesa ed il nuovo cimitero furono costruiti proprio a ridosso del passo dove si erano stabiliti i nuovi insediamenti dei priabonesi, spazio probabilmente nel passato meno attraente perché punto di passaggio di quelle orde di sbandati provenienti dal nord (si pensi ai Longobardi, agli Ungari che qui e nei dintorni hanno lasciato cognomi di chiara derivazione, toponimi, resti di costruzioni, ecc.) che salendo dalla valle del Leogra potevano facilmente puntare su Vicenza da una parte (da notare che la strada che da Castelgomberto, attraverso la valle dell’Onte si dirige a Sovizzo, Creazzo e poi al capoluogo, prendeva il nome di strada Ungarica!), e sulla valle dell’Agno dall’altra, all’imbocco della quale sorgevano due importanti insediamenti, quello di Montecchio e quello di Trissino; di qui poi ci si poteva volgere verso la pianura del Basso Vicentino

Sullo sfondo: oratorio di San Vittore, lato sud; a sinistra: muro e cappella del vecchio cimitero (da: Magico Veneto > Vicentino > Monte di Malo > Priabona)e del Veronese o inoltrarsi in valli limitrofe.

Chiesa o oratorio di San Vittore

Non c’è molto da dire sulla storia di questa piccola chiesa, in origine cappella del castello; non abbiamo una data di costruzione, né il nome del committente, possiamo soltanto dire che probabilmente è coeva del fortilizio. Nel tempo ha subito alcune manomissioni che in parte l’hanno snaturata: in origine infatti, come tutte le chiese del periodo (sec. ottavo circa) presentava l’altare orientato verso Est, nella direzione cioè di Gerusalemme, entro una piccolissima abside, quasi una cripta, le cui pareti erano rivestite di significativi affreschi realizzati più tardi. Purtroppo la manomissione ha riguardato in particolare proprio la cripta che è stata abbattuta per lasciare posto ad una strada carrabile. I lacerti dei dipinti rimasti e riportati alla luce nel Novecento, durante i lavori di ristrutturazione, lasciano però a bocca aperta per la loro bellezza e per l’importanza della realizzazione in un angolo del territorio vicentino e veneto così lontano dai grandi centri di produzione artistica del periodo come Padova, ed è il motivo, l’unico motivo ma di grande forza attrattiva per cui questa chiesetta è degna di essere presa in considerazione. Sono affreschi risalenti al secolo quattordicesimo, nello stesso arco temporale in cui Giotto, Altichiero da Zevio, Giusto de’ Menabuoi, Guariento di Arpo, ecc., operavano a Padova. Qualche studioso vorrebbe riscontrare nella postura delle mani di alcuni personaggi influssi addirittura di Cimabue che però a Padova non ha mai lavorato!

Oratorio di San Vittore: angolo tra la parete sinistra e la parete terminale che dà alla cripta con l’immagine di Cristo in croce sulla prima e l’affresco di San Vittore sull’altra; è visibile anche l’arco di trionfo con l’immagine della Madonna (da: Magico Veneto > Vicentino > Monte di Malo > Priabona)

Il nuovo proprietario è Vitaliano del Dente, cognato di Enrico Scrovegni

Qui è necessario fare una precisazione: come abbiamo visto, ad un certo momento signore del luogo è stato Enrico Scrovegni che poi ha ceduto questi suoi possedimenti al cognato Vitaliano del Dente, e Enrico Scrovegni è il committente della omonima cappella di Padova in cui si è impegnato niente meno che Giotto: si deve proprio escludere un qualche collegamento per lo meno di influenze tra quanto avveniva nel grande centro culturale in cui eminenti pittori si muovevano e questa piccola realtà, per quanto riguarda l’arte, quasi fuori dal mondo? Certo, qui non riscontriamo le grandi innovazioni, le rivoluzioni in campo dell’arte operate da Giotto, ma la qualità dei lavori è notevole.

Affreschi di grande qualità ma in cattivo stato

Vediamo un po’ in dettaglio i diversi lavori: partendo dalla parete di sinistra dell’aula, verso la paretina che dà alla cripta, è visibile un Cristo crocifisso con altre figure, il tutto però in cattivo stato di conservazione, come in cattivo stato di conservazione è una Madonna con Gesù Bambino in braccio sulla breve parete terminale di destra che dà alla cripta, mentre sotto, in una piccolissima nicchia quadrata, compare un lacerto di pittura quasi indecifrabile: sono lavori probabilmente precedenti il Mille. I lavori di maggiore richiamo artistico sono quattro: sulla parete terminale di sinistra che dà alla cripta compare l’immagine di san Vittore con la spada nella mano destra, coperto da un elegante mantello rosso dal collare bianco; san Vittore è stato un santo molto venerato nell’antichità anche dai nuovi arrivati, chiese, monasteri a lui dedicati si trovano in molte località. Sull’arco di trionfo, a sinistra è rappresentata la Madonna con le mani giunte in atteggiamento orante molto intimo, mentre dalla parte opposta probabilmente è rappresentato san Giovanni serenamente orante pure con le mani giunte; sulla parete di destra, sempre in prossimità della cripta, un san Francesco piuttosto pensieroso, dagli occhi molto vivi quasi in procinto di comunicare e con un libro nella mano sinistra. Questi affreschi dimostrano, oltre ad una grande maestria, anche una conoscenza delle impostazioni iconografiche che in quel periodo erano usate dai grandi maestri che si esprimevano nell’arte dell’affresco.

Federico Cabianca

Gli affreschi

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