La compagnia Teatro Veneto Città di Este

Abstract

L’ultracentenaria Compagnia Teatro Veneto Città di Este, ha un invidiabile primato in regione (e forse nel Paese). A Padova e in provincia le compagnie filodrammatiche sono sempre state numerose. Qualcuna tuttavia si è ritagliata uno spazio e un rilievo tali che hanno fatto storia sé. È il caso della Compagnia Teatro Veneto “Città di Este”, che nel 2014 ha potuto celebrare i suoi cent’anni di vita, diventando la più longeva, almeno come attività scenica. Un primato che questo articolo intende sottolineare.

Un invidiabile primato

Esistono primati nel padovano che molti sicuramente ignorano. Le tradizioni aiutano a comprendere certe realtà sopravvissute non senza difficoltà fino ai nostri giorni. La tradizione dunque racconta che nella realtà rurale, per secoli, senza gli intrattenimenti arrivati poi, come cinema, radio, televisione, informatica, lo spettacolo più popolare era il teatro, entrato in costume come sacra rappresentazione nel medio evo. Ecco perché nel tempo i nobili avevano spesso i loro teatri privati (a Padova e nel padovano la nobile casata degli Obizzi li coltivavano con maestria), perché quasi tutti i collegi dei gesuiti ne avevano uno, per missione educatori delle future classi dirigenti, perché molte parrocchie, anche piccole o di campagna, ci tenevano a tenerne uno per i fedeli, specie nei patronati. Questo è avvenuto nella città di Este, dove le compagnie, tra Otto e Novecento, brulicavano. È solo nel 1914 tuttavia, che una di queste, anche per le innovazioni apportate (recitavano maschi e femmine tra l’altro), presso il patronato del Duomo, s’impose sulle altre, e, sfidando varie congiunture tra le quali due guerre mondiali, è ancora oggi in piedi, nonostante la pandemia, e come recita l’attuale statuto: “si propone la formazione e l’elevazione culturale dei soci e dei cittadini con la diffusione dell’arte, ed in particolare del teatro dialettale con intenti di recupero e di mantenimento dei valori artistici e culturali della regione”.

 

Le vicissitudini della Compagnia

Alla sua nascita ovviamente non si chiamava come oggi, era la Compagnia della parrocchia del Duomo ed erano tempi ancora (per poco) di Belle Epoque. Già negli anni Venti del secolo scorso ebbe la fortuna di raccogliere, attorno a sé, l’eredità e i personaggi più in vista di diversi gruppi teatrali nel territorio atestino già nella seconda metà dell’Ottocento. Tra le sue peculiarità quella di essere una compagnia “mista”, rarità per i tempi, usufruire di spazi e della benevolenza del clero (e infatti per un certo periodo era conosciuta come “teatrino dei preti”) aveva la disponibilità del teatro “Famiglia” di piazza Trento (ora non più esistente), piccolo ma ben raccolto, vera istituzione teatrale della comunità. Negli anni Venti prendeva il nome di Compagnia Filodrammatica “Città di Este”, non legata ai soli spettacoli della tradizione dialettale, ma pure culturali, di ricerca, sulla scia delle famose compagnie veneziane dei Baseggio (capocomico fin quasi alla sua scomparsa nel 1971), dei Baldanello, dei Micheluzzi, dei Cavalieri, che un po’ alla volta avevano dato spazio e modelli ai gruppi di terraferma.

Gli autori rappresentati

Vediamo allora il Gruppo atestino coltivare autori come Riccardo Selvatico, Giacinto Gallina, Gino Rocca, Attilio Rovinelli, Enzo Duse e altri più o meno noti. Nel ventennio fascista andarono in scena anche autori nazionali, patriottici ed educativi, con la direzione di Remo Cioffi, atestino acquisito ma esperto di teatro. Non sono tuttavia mai stati dimenticati i “sommi” del teatro veneto come Carlo Goldoni, Pietro Chiari, (lo stesso Beolco, coltivato nell’ultimo periodo del Duemila). Neanche negli anni della seconda guerra mondiale la Filodrammatica ha smesso la sua attività, pur con mezzi e personale ridotto. Come attore e direttore artistico si era fatto valere Giorgio Colleoni, che seppe tenere unita la Compagnia anche nei difficili anni ’50 e ’60, quando cinema e televisione avevano attirato una parte notevole di pubblico. Le sedi in ogni caso erano provvisorie e ricavate in spazi privati, ma sempre più spesso dirigenti e attori fruivano di spazi ricavati dal vecchio oratorio dello Spirito Santo, poi deposito della tranvia locale e ancora dallo studio dello scultore locale Gino Vascon. Nomi sempre più prestigiosi si erano avvicinati alla vivace Filodrammatica conferendole un rilievo di livello regionale e talora nazionale. Citeremo l’eclettico attore Nico Pepe, il giornalista rodigino Gianantonio Cibotto, il veronese Dino Coltro, cultore delle tradizioni rurali, e ancora l’accademico romano Giovanni Calendoli, docente all’Università di Padova, il poeta e scrittore Giuliano Scabia, il noto fotografo locale Mario Lasalandra.

Riconoscimenti e premi come teatro di tradizione

Il fattore in ogni caso che la faceva emergere costantemente è stata la ricerca di rimanere nel solco di un teatro di tradizione in funzione del territorio, la vocazione primitiva. Anche i Premi regionali non mancarono: si ricorda il primo Premio al Concorso Triveneto di Valdagno già nel 1949. L’anno dopo la Compagnia veniva invitata al Piccolo di Milano di Giorgio Strehler con due atti unici. Pur operando nel territorio non le erano quindi preclusi i grandi teatri: nel 1954 si esibiva al Teatro Verdi di Padova con “I balconi sul Canalasso” del bolognese Alfredo Testoni, testo “tradotto” in dialetto veneziano da Gino Cavalieri, portato in scena già dal 1948 con grande successo di critica. Era anche l’affermazione di un gruppo molto affiatato e sicuro di sé, sempre attento a un ricambio di vecchie glorie con nuovi talenti. Altro Premio a Trento, nel 1959, con il “Don Checo” di  Attilio Rovinelli, una riduzione veneta offerta dall’amico Cavalieri e che resterà per decenni un cavallo di battaglia della Compagnia.

Il Teatrino dei filodrammatici, sede stabile

Dopo varie vicissitudini, il 1978 segnava una tappa determinante nella storia del Gruppo ormai famoso in regione e ben oltre: dopo infinite trattative e restauri senza sosta anche in proprio, ecco la sospirata e adeguata sede stabile, in Calle della Musica, come già accennato nei pressi dell’ex Oratorio dello Spirito Santo, nell’area del Collegio Vescovile, legalmente costituita come “Cooperativa”, con proprio Statuto e molteplici obiettivi. Il Teatrino dei Filodrammatici, così veniva chiamata la nuova istituzione, otteneva la desiderata stabilizzazione operativa e il miraggio diventava realtà. L’inaugurazione avveniva la sera del 28 gennaio 1978 con due atti unici “L’imbriago de sesto” e “La scorzeta de limon” di Gino Rocca.

Da aggiungere, per completezza, che quella sede, trasformata dalle sue vecchie funzioni, è stata rimodernata, nel 2014, architettonicamente e nelle pertinenze, il teatrino nell’acustica, nei posti a sedere e nel tetto, nell’anno del centenario della nascita, con un intervento finanziario straordinario del Comune come la Compagnia peraltro meritava. Per l’occasione, venne allestita una mostra ben curata di foto e locandine storiche, un testo sulla storia del Gruppo ricco di illustrazioni e foto, con una cerimonia di commemorazione assieme a interventi di autorità.

Stefano Baccini, un Arlecchino di vaglia

Con i decenni la Compagnia era diventata il punto di riferimento non solo del territorio limitrofo ma pure delle altre Compagnie venete, che venivano invitate al teatrino sul Bisatto per le annuali stagioni teatrali. Anche le stagioni estive, come peraltro accadeva in passato, venivano utilizzate per recite estemporanee in città e fuori, anche in luoghi di villeggiatura. Non sono stati nominati esaurientemente direttori artistici, registi, presidenti e capocomici, la lista sarebbe lunga, ma in questa breve illustrazione della storia della Compagnia Teatro Veneto Città di Este non si può assolutamente dimenticare la figura eccezionale di Stefano Baccini, già attore con altri importanti gruppi operanti anche all’estero, un Arlecchino di vaglia, studioso di teatro a tutto tondo, da quasi tre decenni direttore artistico (e factotum in pratica) della Compagnia, e che solo l’avvento della sconvolgente pandemia ha potuto frenare, a lui e a giovani e meno giovani, i programmi e l’attività abituale.

Gianluigi Peretti

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