Niccolò Leoniceno

Abstract

Niccolò Leoniceno (o Da Lonigo), scienziato e umanista, nacque a Lonigo (Vicenza, nel 1428) e morì a Ferrara nel 1524. Fu professore di medicina a Padova (dove ebbe la sua formazione), a Bologna e a Ferrara (dal 1464) dove ebbe per alunno Paracelso.

Medico e umanista

Leoniceno, ritratto

Niccolò Leoniceno fu uno dei medici più celebri della sua epoca; particolarmente importante per la traduzione degli Aforismi di Ippocrate e per le note critiche a Plinio (Plinii et aliorum doctorum, qui de simplicibus medicaminibus scripserunt, errores notati, 1492). Molto plauso ebbe il suo Libellus de epidemia quam vulgo morbum gallicum vocant (1497 e succcessive ristampe e traduzioni, 1499, 1535). Di vasta cultura classica, volgarizzò Cassio Dione e Luciano.
Fu amico anche di Ludovico Ariosto che lo ricorda nell’Orlando Furioso.

Dal’Orlando furioso, c. 46

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Ecco altri duo Alessandri in quel drappello,
dagli orologi l’un, l’altro il Guarino.
Ecco Mario d’Olvito, ecco il flagello
de’ principi, il divin Pietro Aretino.
Duo Ieronimi veggo, l’uno è quello
di Veritade, e l’altro il cittadino.
Veggo il Mainardo, veggo il Leoniceno,
il Pannizzato, e Celio e il Teocreno.

Discepolo di Ognibene Bonisoli, dal quale imparò il greco a Vicenza, trascorse parte della giovinezza a trovare rimedi all’epilessia, di cui soffriva, riuscendo infine a sconfiggerla.
Laureatosi in medicina a Padova nel 1453, si dedicò poi all’insegnamento della stessa disciplina, unitamente alla filosofia naturale ma anche dedicandosi alla ricostruzione dei testi classici, latini e greci, con rigoroso metodo filologico che stava nascendo, con un’erudizione che fu ammirata da Erasmo da Rotterdam.

Alla fine del Quattrocento, collaborò con Aldo Manuzio, che gli pubblicò, nel 1497, il trattato De epidemia quam itali morbum Gallicum vocant. Qui il Leoniceno, attaccando l’impostazione di Avicenna, ipotizzava un’eziologia naturale della sifilide contrapposta alle tradizionali spiegazioni naturali, senza ricorso alla teoria umorale di Ippocrate.

Dal 1464 si trasferì a Ferrara, per iscriversi stabilmente (tranne un breve periodo a Bologna nel 1508-1509). Nell’ateneo ferrarese ebbe come discepoli, tra gli altri, Giovanni Manardo, Antonio Musa Brasavola, Pietro Bembo, Gian Giorgio Trissino e il sopracitato Paracelso.

Bibliografia

Enciclopedia Treccani on line
Storia Veneta, rivista cartacea n. 57 giugno 2020
Ludovico Ariosto, Orlando furioso, Rizzoli, 2013

Marta Celio

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