Santuario di Santa Maria di Panisacco

Vicenza Sorprende per Padova Sorprende

Abstract

Questo santuario sorge sul colle di Panisacco, legato al castello del ramo omonimo (o Paninsacco) della antica famiglia feudale, fin dall’anno mille, dei Trissino, signori, per investitura papale e/o imperiale, del vicentino e della Valle dell’Agno e ne ha seguito le sorti, con il convento che doveva essere lì vicino, di cui si sono perse le tracce come si sono perse le tracce di alcuni dei molti castelli delle due fazioni in perenne e cruenta lotta fra loro.

Il contesto storico-ambientale

F1 – La Chiesa di Santa Maria domina la valle dell’Agno

Sul colle di Panisacco, posto poco a nord dell’abitato di Valdagno, ove sorgeva il castello dell’omonimo ramo della famiglia Trissino, uno dei due in cui il ceppo d’origine si era diviso, denominati allora con il termine di colmelli,  pur con i rimaneggiamenti  e le diverse aggiunte operate nel corso dei secoli si erge ancora la chiesa dedicata alla natività della Madonna, un tempo cappella del fortilizio. All’origine infatti della casata dei Trissino c’era un capostipite, tale Olderico Trissino sceso probabilmente dalla Germania al seguito di un imperatore. Egli si insediò nel Vicentino, in città e nella valle dell’Agno con epicentro Trissino da cui prese il nome, senza disdegnare comunque di seguire i suoi interessi  nel capoluogo.

I due rami dei Trissino: Miglioranza e Panisacco

F. 2 – La chiesa in una suggestiva visione notturna

Dal vescovo ebbe in signoria vaste zone che poi furono suddivise tra i suoi figli, in particolare, per quanto riguarda la nostra valle, Miglioranza e Panisacco, i quali posero le sedi delle proprie roccaforti sopra Valdagno, nella località chiamata il Castello Miglioranza e, sul colle che ancora porta il suo nome, Panisacco. I due si trovarono spesso in contrasto e soprattutto si trovarono in aperta lotta i loro discendenti, con risvolti anche cruenti, essendo i primi sostenitori della politica vicentina ghibellina e filoimperiale, i secondi legati alla fazione guelfa che aveva in Padova un punto di riferimento importante. Mentre però il castello dei Miglioranza fu definitivamente abbattuto nel 1263 per una incursione delle milizie cittadine in seguito a forti contrasti tra le autorità vicentine e i Trissino che, per disaccordo con quanto stava avvenendo in città, si erano apertamente ribellati e si erano asserragliati in questa fortezza, incursione che causò feriti, morti e devastazioni in tutta la valle, il castello di Panisacco resistette molto più a lungo. Di esso attualmente non restano che i ruderi dell’ingresso e del basamento, pur fortemente rimaneggiato, della torre. E’ indubbio che i Trissino imposero sulla valle dell’Agno una pesante dominazione, ma va loro riconosciuto che si adoperarono per un migliore sfruttamento delle risorse, per un ampliamento delle attività economiche,  in un periodo oltretutto che vide l’arrivo da oltralpe di coloni tedeschi che si adoperarono per lo “svegramento” in particolare delle zone collinari. Non sempre tutto filò liscio, perché a più riprese ci furono ribellioni da parte dei contadini contro le pesantissime condizioni poste dai  Trissino, ma alla fine quasi sempre dovettero desistere, anche quando, dopo il 1404, Venezia prese il controllo della terraferma veneta. In pieno Rinascimento, poco dopo il 1500, fu lo stesso letterato G.G. Trissino a perorare la causa della casata, e a vincerla, contro i contadini che si erano ribellati appellandosi a Venezia a causa delle pretese e della eccessiva esosità dei Trissino i quali anche con la Repubblica di San Marco riuscirono a tramare così bene da mantenere i loro cospicui privilegi.

La chiesa o santuario

F.3 – La facciata con il doppio porticato a doppia fila di pilastri

L’edificio all’esterno si presenta in bella armonia d’insieme, con un elegante portico antistante a tre arcate ripetute due volte, le prime tre sorrette da snelli ed eleganti  pilastri, le successive da pilastri più rustici e voluminosi. Il portico precede l’edificio e ne copre l’originale facciata che mantiene ancora il piccolo rosone; il tetto è a doppio spiovente. A destra dell’abside, che è più stretta rispetto al corpo della chiesa, si innalza il campanile e a ridosso di questo e del lato destro della chiesa stessa è posta la sacrestia. L’interno è ad una sola navata, con soffitto a capriate. Un arco abbastanza ampio divide la navata dal coro dove si trova l’altare maggiore sovrastato dall’immagine della Madonna bambina in braccio a sant’Anna. La parete di sinistra al centro si apre ad arco per lasciare spazio ad una cappella con altare ed una pala che rappresenta Gesù che accoglie i bambini, mentre sulla parete di destra, pressoché di fronte, appare una piccola nicchia con sant’Antonio di Padova. Sull’architrave sopra la porta d’entrata appare questa scritta:

D.      O.     M.
S.MARIAE TITULO INSIGNITUM MCCXII
EUGENIO IV S.P. CANONICORUM REG. LATER. SOLERTIAE COMENDATUR MCDXLV
FORMOSIUS EORUMDEM VIGILANTIA REDATUM MDCCLXII

F. 4 – I resti della torre del castello

Da quanto possiamo dedurre, anche se non siamo certi della data riportata, nei primissimi decenni del 1200, per volere dei signori Trissino e con l’appoggio della popolazione circostante fu eretta l’originale cappella entro la cinta muraria del castello, mentre la terza data testimonia l’ultimo restauro operato dai Canonici Lateranensi che ne erano i custodi. Sorta quasi senz’altro come cappella del castello per volere del ramo Panisacco dei Trissino, fu retta sin da principio dai Canonici Regolari di san Marco di Mantova che nel vicentino reggevano già il monastero di san Bartolomeo a cui pure la piccola comunità di Panisacco era aggregata. Il piccolo santuario di santa Maria ben presto fu oggetto di culto da parte della popolazione della valle, soprattutto della zona nord, i cui fedeli qui si recavano per venerare l’immagine della Beata Vergine, per impetrarne la protezione, la preservazione dalle avversità e per ringraziare per eventuali grazie ricevute.

Il convento

I primi reggenti della comunità, che molto probabilmente era costituita da chierici e laici penitenti, compaiono già nella prima metà del 1200 a confermare, se c’era bisogno, che la data di intitolazione riportata nella già citata iscrizione non era così campata in aria e non si discostava molto dalla realtà. Era quello un periodo molto difficile per la chiesa in generale ed anche nel Vicentino se ne sentivano i riflessi: da una parte una base di credenti che manifestavano chiaramente un desiderio di cambiamento, male interpretato, se non addirittura ignorato o avversato dai vertici ecclesiastici, dall’altra i pastori, vescovi e sacerdoti che non sempre avevano a cuore le sacrosante esigenze dei fedeli ma guardavano piuttosto alla carriera, al proprio tornaconto e si comportavano come se esercitassero un potere. In questo clima poterono inserirsi facilmente le sette eretiche come quelle dei catari con le loro visioni del mondo portate all’estremo. Santa Maria probabilmente non fu estranea a queste dinamiche e suoi priori a volte furono allontanati per scomunica; inoltre sorsero contese tra i il priore locale e un esponente di un’altra congregazione che ne pretendeva il priorato.

I rapporti con il monastero di San Bartolomeo di Vicenza

In seguito chiesa e convento di Santa Maria di Panisacco dovettero seguire le vicende del monastero di San Bartolomeo di Vicenza che per volontà del papa Eugenio IV passò ai Canonici di Santa Maria di Frigionaia, presso Lucca, in seguito denominati Canonici Lateranensi, dopo l’estinzione dei Canonici di Santa Maria di Mantova : siamo attorno alla metà del quindicesimo secolo. In realtà i monaci del convento di san Bartolomeo già da tempo erano i punti di riferimento per diverse realtà monastiche della valle dell’Agno, che a questo monastero risultavano aggregate probabilmente fin dal tredicesimo secolo, con indubbio beneficio anche economico per esso, con risorse finanziarie non indifferenti, con un cospicuo patrimonio fondiario e con capacità notevole di sapersi muovere sul terreno non sempre facile degli affari. Questo avvenne, dapprima in forma soltanto nominale e più tardi di fatto, anche per quanto riguarda i beni pertinenti del convento di santa Maria di Panisacco che in proprio deteneva numerosi terreni con varie coltivazioni in diverse località e naturalmente le abitazioni occupate dai coloni i quali dovevano corrispondere al proprietario, che, come abbiamo visto, ora era il monastero di san Bartolomeo, beni in natura in misura piuttosto rilevante.

F. 5 – L’interno della chiesa

Le produzioni del convento e le ribellioni per le decime

Secondo valutazioni di esperti locali che nell’analisi delle produzioni del periodo si sono soffermati con attenzione, i principali prodotti erano costituiti da cereali come frumento, segale, miglio, sorgo rosso, ecc. e da legumi. Diffusa era la presenza di alcuni alberi da frutta come noci, meli, ciliegi e le immancabili viti che per lo più si appoggiavano alle piante. Importante per la sopravvivenza della popolazione era il castagno, denominato anche albero del pane, denominazione che spiega bene il suo apporto alla dieta del periodo. Come si può dedurre, il patrimonio era di un certo rilievo per cui esponenti della famiglia Trissino, in particolare nella figura del figlio di Giangiorgio, Ciro, che aveva la sua abitazione principale a Cornedo e tentò di imporre il prelievo della decima, di cui i monaci erano titolari in ampie zone della valle, anche sui possedimenti del convento, ricorrendo alla forza, se non vi riusciva con la persuasione, decima che invece spettava al monastero. Siamo intorno al 1550; in quell’occasione i contadini della valle (non soltanto i coloni del convento), che si erano ribellati a vere e proprie ruberie perpetrate nei campi ad opera di sgherri al soldo del rampollo del grande letterato, con deposizioni piuttosto colorite ma veritiere nei fatti, riuscirono ad ottenere la condanna del personaggio, ma sarà l’ultima volta perché poi Venezia confermerà i diritti signorili della potente casata. Fino al Settecento quando , come attestato dalla iscrizione riportata, furono  intrapresi alcuni lavori migliorativi e alcune aggiunte alla chiesa, non ci sono variazioni degne di nota.

Soppressione, privatizzazione. Assegnazione alla parrocchia di Maglio di Sopra

F. 6 – Scalinata di accesso al piazzale della chiesa

Ad opera di un facoltoso valdagnese, in quel secolo con un lascito testamentario la chiesa fu provvista di una mansioneria con un sacerdote che provvedesse alla celebrazione della messa per sei giorni la settimana; infatti nel 1771 Venezia soppresse il convento di san Bartolomeo e quindi anche il priorato di santa Maria di Panisacco e i beni furono posti all’incanto; dopo varie sedute, furono assegnati alla famiglia Andrighetti che continuarono l’istituzione della mansioneria con l’alternarsi di diversi sacerdoti, ma dopo l’estinzione della famiglia Andrighetti, intorno al 1860, la mansioneria fu ereditata dalla nobile Elisabetta Carlotti Zon residente a Venezia e la chiesa entrò in una fase di semiabbandono, tanto che la contessa Zon Marcello, che al momento disponeva del possedimento, nel 1883 cedette al vescovo di Vicenza l’uso temporaneo della chiesa riservandosene però la proprietà: in pratica d’ora in poi sarà la parrocchia di san Clemente ad averne la custodia che terrà fino al 1906, anno in cui Maglio di Sopra fu costituita in curazia e pertanto divisa dalla parrocchia di san Clemente e nel 1942 elevata a parrocchia: ad essa pertanto da subito fu assegnato il santuario di Panisacco e cominciarono importanti lavori di restauro. Durante la seconda guerra mondiale fu teatro di alterne vicende e dopo la fine ripresero i lavori per il suo totale recupero, con importanti interventi di conservazione, migliorativi e di abbellimento, che riguardarono anche l’area circostante e la via di accesso.
Ove fosse ubicato il fabbricato conventuale è ancora oggetto di disputa, anche se i più, interpretando i pochi scritti che in qualche modo ad esso possono essere riferiti,  propendono per un vecchio edificio situato ai piedi del colle dove attualmente sorge una piccola contrada ora denominata Contrà dei Frati di Santa Maria: esso si presenta come casa colonica abbastanza vetusta, sorretto da arcate piuttosto rustiche e abbastanza ampie poggianti su grossi pilastri formati da pietre grossolanamente squadrate, così come i volti che danno accesso ad un porticato.

L’immagine sacra della Natività della Madonna

Il dipinto che compare sopra l’altare maggiore e che dà il titolo al santuario rappresenta la Madonna bambina in braccio a sant’Anna, sua madre. Esso, secondo lo storico Gaetano Maccà che ne poté leggere la data di esecuzione e che però diede all’immagine una interpretazione ben diversa, è del 1483. In seguito comunque subì vari interventi di restauro e non sappiamo se tutti furono rispettosi della stesura originaria. Una bolla di papa Urbano VIII del 1641 concede delle indulgenze piuttosto ampie ai fedeli che il giorno della ricorrenza della natività della Beata Vergine, l’otto di settembre, visitassero la chiesa e recitassero particolari preghiere. Fin da tempi remoti fu oggetto di devozione da parte dei fedeli non soltanto di Valdagno, ma di tutta la valle, tanto che si può ritenere la chiesa di santa Maria come il santuario della valle dell’Agno.

Federico Cabianca

Immagini

Fotografie:

F.1 = La chiesa di Santa Maria domina la valle dell’AZgno nel tratto tra Valdagno e Recoaro, chiusa a sua volta dall’arco delle Piccole Dolomiti (vivivaldagno.it)
F.2 – La chiesa in una suggestiva visione notturna (omniavulnerant.blogspot.it)
F.3 – Il doppio porticato a doppia fila di pilastri (tripadvisor.it)
F.4 – Nella parte alta della foto i resti del castello (cinzialbertoni.it)
F.5 – L’interno della chiesa (foto di Nicola Perin)
F.6 – Scalinata di accesso al piazzale (furosquare.com)
F.7 – Il piazzale che dà l’accesso al porticato (MagicoVeneto>>AltoVicentino>Valdagno>Panisacco)
F.8 – L’altare maggiore con l’immagine della Madonna bambina in braccio a Sant’Anna (1483): il paliotto è del 1762 (MagicoVeneto>>AltoVicentino>Valdagno>Panisacco)
F.9 – Una contrada ai piedi del colle (MagicoVeneto>>AltoVicentino>Valdagno>Panisacco)
F.10 – Altra contrada ai piedi del colle (MagicoVeneto>>AltoVicentino>Valdagno>Panisacco)
F.11 – Una veduta invernale dell’edificio sacro (walkingclubvaldagno.it)
F.12 – Un angolo dei resti della torre del castello dopo il restauro (cinzioalbertoni.it)

Written by