L’Abbazia di San Vito a Vicenza

Vicenza sorprende per Padova sorprende

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Abstract

L’abbazia di san Vito, secondo alcuni studiosi fondata dai Benedettini probabilmente prima del IX secolo, sorgeva nelle vicinanze dell’Astichello, un piccolo corso d’acqua derivato dall’Astico, là dove dei detriti alluvionali avevano formato un modesto dosso dovuto a sedimentazioni avvenute nel corso dei millenni. Subito dopo il 1200 fu sede della prima università del Veneto, seconda in Italia soltanto a Bologna, per poi passare ai Camaldolesi, mentre non se ne hanno notizie dopo la metà del 1500 poiché abbattuta per volontà della Repubblica di Venezia.

L’Abbazia

E’ stata una abbazia molto importante (san Vito è uno dei santi più venerati dai Benedettini e ad esso sono intitolate molte chiese di fondazione benedettina); per un certo periodo fu anche parrocchia. Era dotata di fonte battesimale, privilegio che a Vicenza spettava solo  alla cattedrale e alla basilica di san Felice, forse perché posta fuori della cinta muraria. Dove esisteva l’antica abbazia sorge ora il cimitero acattolico detto anche degli Ebrei.

Intitolazione

Martirio di san Vito

Secondo la tradizione san Vito sarebbe nato in Sicilia da padre pagano. Rimasto orfano di madre ancora molto piccolo, fu affidato alle cure di Crescenzia come nutrice e di Modesto come precettore, che lo indussero a convertirsi al cristianesimo. Arrestato e imprigionato insieme a Crescenzia e Modesto, i tre furono liberati da un angelo; dopo avere guarito il figlio dell’imperatore Diocleziano da questi furono condannati ad atroci sofferenze in seguito alle quali morirono. Molte chiese sono state nei secoli intitolate a san Vito; il culto di questo santo era molto popolare nel ricordo dei miracoli che in vita aveva operato.

Cenni storici

In un diploma di Corrado il Salico subito dopo il quinto lustro dell’anno Mille è riportato: “da re Ugo e Lotario in verità due abbazie, san Salvatore e san Vito date allo stesso suddetto episcopato”. L’episcopato a cui allude il diploma è quello di Vicenza. Ugo di Provenza fu re d’Italia e attorno al 930 nominò coreggente il figlio Lotario di Arles; tale coreggenza durò fino al 947 quando il padre abdicò e Lotario II divenne unico re d’Italia, in realtà un titolo soltanto nominale perché il vero potere era nelle mani di Berengario II d’Ivrea con il titolo di consigliere, il quale poco dopo, alla morte di Lotario nel 1250, si fece nominare re d’Italia. Considerato che la donazione al vescovo di Vicenza fu opera di una autorità civile, il Mantese avanza l’ipotesi che il monastero fosse di origine longobarda, passato ai Benedettini nel corso dell’VIII secolo quando questo ordine si impose anche nel Vicentino, ipotesi che si scontra però con l’altra tesi, sempre del Mantese, che vedrebbe l’origine del monastero per iniziativa dei Benedettini di san Felice dopo che costoro furono dispersi a seguito della distruzione del loro convento dall’arrivo degli Ungari, quindi tra il IX ed il X secolo; ma nel privilegio del vescovo Rodolfo ai Benedettini di san Felice del 983, mentre sono elencate le proprietà concesse o confermate a questa abbazia, san Vito non figura.

Il Convento sede della prima Università veneta

Bologna, Palazzo Malvezzi

Nel 1186, per concessione del vescovo Pistore la chiesa passava ai Canonici della cattedrale. Un fatto di grande rilievo per la storia della città è la costituzione nel 1204 nei locali del monastero della prima università del Veneto, seconda in Italia solo a quella di Bologna, formata da professori e studenti allontanatisi proprio da Bologna. L’anno successivo i Canonici concessero agli stessi anche la chiesa con annessi altri possedimenti; l’Università fu attiva soltanto per pochi anni, fino al 1209, anno in cui professori e rappresentanti degli studenti “donarono” il monastero ai Camaldolesi trasferendosi, almeno in parte, a Padova, la cui Università risulta fondata ufficialmente solo nel 1222. Va detto però che già nel nono secolo Vicenza era sede di una scuola pubblica di diritto, retorica e arti liberali, istituita in seguito alla costituzione di scuole imperiali dovute a Lotario I con la promulgazione del Capitolare di Corteolona nel maggio 825. Della sede vicentina erano dipendenti gli studenti di Padova, Treviso, Feltre, Ceneda, anche se non si sa se, quando e come questo studio abbia funzionato veramente. Del XII secolo vi è la presenza di una scuola della cattedrale, istituita dal vescovo Giovanni de Surdis Cacciafronte.

Della fondazione dell’Università presso i locali del monastero di san Vito ci informa lo storico Antonio Godi, il quale riporta questa parte di un documento: “Succedente post praedictum  [(Uliverius Euselbardus)] domino] Bernardo Vexilifero de Papia, studium generale fuit in civitate Vicentiae, doctoresque in contrata Sancti Viti manebant, ubi hodie apud priorem Sancti Viti apparent privilegia collati studi”  (Papia è il nome con cui era allora denominata Pavia, ed essendo anche dopo la sconfitta dei Longobardi da parte di Carlo il Grande la città più prestigiosa, Pavia era stata la prima ad essere dotata di uno studio in seguito alla promulgazione del suddetto Capitolare di Corteolona, ma questo studio non era ancora una università; Bernardo Balbi, grande studioso e docente di diritto presso l’università di Bologna, nel 1204 ne era vescovo). In altro documento del 4 ottobre 1205 conservato presso l’archivio diocesano di Vicenza è provata la donazione agli studenti dello Studio di Vicenza da parte dei Canonici della cattedrale a cui, come abbiamo visto, il vescovo l’aveva concessa, con la chiesa di san Vito e connessa rendita, donazione confermata da papa Innocenzo III. Le discipline trattate, oltre a teologia e matematica, erano probabilmente diritto civile e diritto canonico.

Nel frattempo, sempre con l’assenso dei Canonici, i Camaldolesi vennero investiti del priorato e dell’amministrazione della chiesa ed un loro confratello ne diveniva priore e amministratore conglobando i beni ad essa pertinenti. In pratica l’università chiudeva i battenti. Poco prima della metà del 1200 il priore pro tempore fu anche investito da parte del Capitolo della cattedrale della decima sul terreno dello stesso monastero in cambio di una quota concordata.

La chiesa di San Vito

Nel 1314 gli abitanti del borgo allora denominato di San Vito donarono una casa, posta sul luogo ove ora sorge la chiesa di santa Lucia, perché vi edificassero un oratorio, cosa che avvenne nel giro di poco tempo e la denominazione santa Lucia investirà quella parte del borgo rimasta fuori delle mura cittadine, la stessa porta e la parrocchia fino ad allora di san Vito la cui chiesa era appunto la chiesa dell’omonimo monastero. Questo tratto di mura fu voluto da Cansignorio della Scala nel 1370, inglobò la parte più popolosa e benestante del borgo di san Vito, mentre la parte che rimase all’esterno fu denominata appunto Santa Lucia. Dopo un periodo di decadenza anche morale con la nomina non regolare di qualche priore, il papa Niccolò V a dicembre del 1446 decise di unire il monastero di san Vito con quello di san Giovanni della Giudecca e nel 1490 l’allora priore Vincenzo Novelli da Cattaro, con l’approvazione di papa Giulio II della Rovere decise l’unione con la congregazione di san Michele di Murano.

La chiesa e il borgo di Santa Lucia

Vicenza, la chiesa di Santa Lucia

Dagli Annali Camalduensi si apprende che il 21 aprile 1528 veniva a Vicenza il priore Mansueto per prendere possesso della chiesa di san Vito e di santa Lucia ed in riferimento a questa chiesa è riportato: “l’anno 1546, adì 17 aprile, fu consacrata questa nostra chiesa di santa Lucia, e l’altare grande fu consacrato a San Vito per essere la chiesa di san Vito hormai rovinata”.

Nonostante l’opposizione dei parrocchiani la chiesa di san Vito nel 1552 fu demolita e quindi i monaci si erano già trasferiti nella nuova sede e lì avevano portato il fonte battesimale. L’abbattimento della chiesa di san Vito avvenne in seguito della decisione della Repubblica di Venezia di fare demolire tutti gli edifici che potessero essere di ostacolo alla possibile costruzione di opere di fortificazione per la salvaguardia delle mura, decisione del 1509; in realtà, poiché il progetto non fu mai attuato, la demolizione avvenne più tardi quando ormai l’edificio era in rovina e le pietre furono impiegate per erigere il campanile della nuova chiesa parrocchiale. Il 12 settembre 1771 il monastero di santa Lucia, su ordine del governo della Repubblica di Venezia, fu soppresso, sorte che toccò a molti altri, ma la chiesa restò aperta al pubblico e i monaci, trasferiti a Murano, continuarono a nominare il parroco. A seguito dei famosi decreti napoleonici la parrocchia fu assegnata alla chiesa di santa Maria in Araceli. Nel 1830 i frati Minori, con l’autorizzazione dell’imperatore d’Austria, acquistava il convento che tuttora li ospita e dopo un periodo di allontanamento tra il 1866 ed il 1899 causato dalla soppressione degli ordini e delle congregazioni religiose decretata con regio decreto 3036 del 7 luglio 1866 del Regno d’Italia a cui il Veneto era stato annesso, continuarono a gestirlo fino ai giorni nostri.

La chiesa: cosa si sa e cosa rimane

Particolare della parte inferiore del Crocifisso

Trattandosi di un edificio che da circa mezzo millennio non esiste più, non è possibile sapere come si presentava, probabilmente rispecchiava le modalità costruttive e le forme strutturali del momento in cui fu eretta, e gli interventi di restauro o di rinnovamento avvenuti nei secoli successivi seguirono le diverse sensibilità del tempo in cui furono eseguiti. Poco sappiamo dell’arredo, parte del quale probabilmente andò perduto e parte fu portato nella chiesa di santa Lucia, in particolare si sa di un crocefisso di grandi dimensioni del XIII secolo per quanto riguarda la figura del Cristo e del XIV secolo per la croce, scolpito in legno di pioppo intagliato, policromo, di scultore di area veneta, passato dapprima dalla chiesa di san Vito a quella di santa Lucia e infine alla chiesa di Araceli in Cristo Re.

In sintesi

E’ difficile ricavare notizie sulla vita della comunità di san Vito oltre a quelle già riportate nelle note precedenti. Ci sono due fatti di grande rilievo da porre in evidenza: il primo è la costituzione nel 1204 della prima università del Veneto, come sopra riportato.

Nel 1404 Vicenza si era data alla Repubblica di Venezia e, contando su questo, qualche anno dopo i vicentini inviarono una supplica all’allora doge Michele Steno perché fosse ripristinata l’università, ma Venezia rispose negativamente. Il secondo fatto di rilievo sta nei continui cambiamenti di proprietà avvenuti nel corso dei secoli (in origine longobarda, poi carolingia, quindi di proprietà imperiale, poi donata al vescovo di Vicenza, da questi assegnata al capitolo della cattedrale; passata ai Benedettini, poi sede di università e in seguito insediata dai Camaldolesi che infine si trasferirono a santa Lucia). Riguardo alla fine di quel complesso: c’è da chiedersi se la Repubblica di Venezia non avesse potuto progettare opere difensive senza toccare l’antica abbazia; una domanda che non ha risposta dal momento che il progetto della Serenissima non ha avuto seguito.

Federico Cabianca


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