Omaggio a Galeazzo Viganò

Abstract

Un ricordo dell’artista scomparso il 24 settembre 2021 da parte dell’amico Alessandro Tessari.

Galeazzo Viganò, un artista padovano

Galeazzo Viganò

Ero ad una sua mostra a Venezia, anni fa, con amici quando qualcuno mi chiese quale quadro mi avesse colpito di più. Restai un po’ indeciso e poi dissi: il lavoro che più mi ha colpito non è un quadro ma sono gli strumenti del suo lavoro che lui stesso aveva messo, come fosse un quadro, in una cornice elegante: gli stracci con cui puliva i pennelli, anch’essi disposti con gusto speciale e poi una serie di penne, bulini, brunitoi e mestolini e incisori piatti e angolari, tutti di incredibile raffinatezza.

Galeazzo Viganò è un artista padovano. Della sua arte sottile ed elegante e piena di antica cultura, parleranno gli esperti. Io voglio qui ricordarlo come amico.

Viganò, che non conoscevo personalmente, era alle mie spalle e commentò simpaticamente questo mio giudizio molto bizzarro. Diventammo amici. Mi invitò qualche volta a visitare il suo laboratorio. Tutto mi colpì di quel laboratorio che mi piacerebbe il comune di Padova salvasse come spazio museale. Non entrava la luce naturale. Chiudeva con dei nastri le finestre perché non filtrasse la luce del sole. La luce che lui produceva era tutta artificiale: gli serviva per costruire quell’aura irreale, metafisica che domina molti dei suoi lavori. Il suo tavolo da lavoro era il tavolo di un alchimista: ciotole dove lui produceva i colori usando il pestello. Polverizzava sostanze naturali per tirar fuori sfumature e colori che diventavano iperrealistici. Era un uomo colto ma anche disincantato. Nel suo sguardo c’era il disincanto di chi non si fa più illusioni. Questo gli  permetteva di godere delle piccole cose della vita. Amava il mare e la vela. Con un altro amico, Bruno Gianni, chioggiotto come la moglie Sandra, amava le serate fatte di amabili conversari, mangiando il pesce che ci cucinavano i pescatori suoi amici. Con Galeazzo e Bruno qualche volta andavamo nelle sale a giocare a biliardo. Io perdevo sempre con loro. Galeazzo metteva un impegno incredibile nell’uso della stecca: faceva fare alle palle del biliardo dei movimenti che sembravano contrastare con le leggi newtoniane della meccanica: con un colpo magistrale la palla andava avanti e tornava indietro. O saltava la biglia che le stava davanti e poi piroettava. Era un abile artista anche al tavolo da biliardo. Cercava sempre quella traiettoria che a noi sembrava impossibile, impraticabile. E prima che la palla finisse la sua corsa lui indicava col dito esattamente dove doveva arrivare. E lei arrivava puntuale come a comando.

Si parlava anche di politica e forse più di una volta ci trovammo su posizioni opposte. Il suo modo di dissentire era quello di sgranare gli occhi e guardarmi con un sorriso, come per dire, ma non dirai sul serio? Con lui e con Bruno non c’era mai il problema di non toccare qualche argomento che ci potesse dividere. Avevamo sempre voglia di affrontare i massimi sistemi ma sapevamo tutti e tre che i miracoli si possono solo sognare. Sandra spesso ascoltava in silenzio. Lei aveva capito forse più di noi che il mondo era difficile farlo quadrato. Perché noi tre, un po’ visionari tutti e tre, pensavamo ancora che fosse possibile farlo quadrato.

Alessandro Tessari

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