Giulio, figlio di Gian Giorgio Trissino, arciprete ed eretico

Abstract

Spinte ereticali e sopiti sogni sovversivi in varie realtà del Rinascimento italiano, nell’aristocratica società vicentina e in Veneto. Protagonista Giulio, figlio primogenito del grande letterato Gian Giorgio Trissino

In pieno Rinascimento a Vicenza si manifesta un fenomeno che coinvolge esponenti delle più illustri famiglie e che ha dei riverberi ben oltre i confini del territorio vicentino ed il Veneto. Protagonista di questa situazione è il figlio maggiore di Gian Giorgio Trissino, Giulio che ad un certo momento si pone in un atteggiamento di forte critica nei confronti delle fortune del padre, delle autorità civili e soprattutto di quelle ecclesiastiche, rigettando dogmi, precetti e sacramenti propri del cattolicesimo e non riconoscendo il magistero della chiesa pur non rinunciando ai benefici derivatigli dalle ricchezze paterne e dal fatto di essere un canonico della cattedrale per di più con la carica di arciprete. Attorno a lui si crea tutto un movimento di rampolli delle più nobili famiglie ma anche il popolo, o una parte del popolo, sembra seguirlo e l’eresia si espande sempre più trovando collegamenti con le chiese della Riforma, in particolare con i Calvinisti a Ginevra finché Venezia, su istigazione anche del fratello Ciro in contrasto con lui per motivi ereditari, non decide di fermarlo. Viene imprigionato nella città lagunare e dopo qualche anno muore in carcere rifiutando i sacramenti.

La vicenda che sto per narrare dovrebbe essere maggiormente oggetto di indagine e approfondimento da parte di studiosi del Rinascimento e delle religioni per l’influenza che ebbe ben oltre i confini vicentini e regionali

Situazione a Vicenza nel primo Cinquecento

In piena epoca rinascimentale a Vicenza ad un certo momento cominciarono a spirare venti di ribellione verso le convenzioni sociali che regolavano la vita della città. Questi conati di contestazione toccarono un po’ tutte le tradizioni e le stesse cariche che reggevano le sorti la convivenza civile, ma soprattutto quella forma di tradizione religiosa che nei secoli si era andata configurando in regole, prescrizioni, norme, istituzioni, consuetudini non più digeribili da parte di un movimento di insofferenti che vedevano in un nuovo approccio culturale la possibilità di una esistenza più libera e più rispondente al loro modo di sentire. Gli esponenti più di spicco di questa ondata furono componenti delle famiglie maggiormente in vista della nobiltà cittadina come i Da Porto, i Verlato, i Capra, i Thiene, i Chiericati, i Pellizzari e altri ancora.  Per la verità già nel corso del XIII secolo c’era stato un momento di crisi dovuta probabilmente all’influenza dei Catari che anche a Vicenza avevano avuto una qualche diffusione, tanto che secondo alcuni l’università sorta nel 1204 presso il monastero di San Vito per opera di docenti e studenti in diaspora da quella di Bologna nel 1208 aveva dovuto chiudere proprio a causa della presenza di Provenzali e si sa come nella regione da cui provenivano il catarismo era radicato. Certo, le ragioni e le idee che muovevano i Catari erano diverse da quelle che si andavano diffondendo in pieno Rinascimento, ma forse quel moto di ribellione che allora era stato soffocato dalle autorità religiose e civili probabilmente non si era sopito e si era mosso per vie sotterranee per sfociare nuovamente non appena le condizioni lo permisero, ciò che avvenne nel corso del XVI secolo. In ogni caso il propulsore e l’anima di questo nuovo corso fu il primogenito del grande letterato Gian Giorgio Trissino, Giulio, in aperto dissidio con la famiglia, la società, la religione, anche se dei benefici e delle facilitazioni che dette istituzioni gli garantivano non fece mai a meno.

Pianta Angelica di Vicenza (Wikipedia)

Formazione di Giulio e ruolo del padre

Già il padre comunque aveva usato parole pesanti con l’autorità della Repubblica di Venezia, in particolare con il papato e con le alte cariche ecclesiastiche, anche se con queste istituzioni mantenne sempre grande familiarità e vicinanza, e dal papa o dai cardinali o da alti prelati ebbe incarichi di grande prestigio. Inoltre negli incontri che fin da giovane teneva presso villa Cricoli si respirava una cultura molto allargata con una attenzione anche ai paesi oltreoceano da poco scoperti, con il tema del buon selvaggio e l’idea di natura che in questo era insita. Questo Giulio, nato nel 1504, aveva respirato fin da piccolo ed anche tutte le interferenze che si erano intessute tra la sua famiglia e molte altre corti del Nord Italia aperte a influssi di vario genere certamente avevano lasciato un segno nella sua formazione. E’ durante il soggiorno a Roma accompagnato dal genitore tra il 1923 ed il 25 che si consumarono una ribellione fondamentale nei confronti dei miti paterni ed un ribaltamento dei valori che erano stati e dovevano essere il suo orizzonte di riferimento e gli incontri quasi segreti che egli aveva nelle dimore dei Thiene e dei Contarini, sempre a Roma, avevano contribuito ad una visione nuova dell’esistenza e del fatto religioso resettando quanto la tradizione cattolica da secoli sosteneva e insegnava. Nel 1925 Giulio Trissino tornò a Vicenza pervaso delle nuove idee; nonostante tutti gli sforzi del padre nel tentativo di tenere unita la famiglia e salvaguardarne l’onore e in questa prospettiva lo invitasse a riconsiderare  la sua posizione o almeno non trapelasse in forma eclatante (Gian Giorgio oltretutto gli fece ottenere la carica di canonico arciprete della cattedrale e più volte in seguito tenterà di farlo nominare vescovo: è da notare che, viste le sue condizioni di salute piuttosto fragile lo aveva indirizzato fin da piccolo a intraprendere la carriera ecclesiastica), egli si dedicò in prima persona e con grande impegno alla diffusione del suo pensiero maturato attraverso riflessioni sul mondo e sulla religione come era stata tramandata dalle autorità cattoliche .

Monumento a Giangiorgio Trissino dal Vello d’Oro, eretto nel 1978,
per i 500 anni dalla nascita, nei giardini Salvi di Vicenza (Wikipedia)

Attività ereticale di Giulio e risvolti sulla società vicentina

Villa Trissino di Cricoli (Wikipedia)

Attorno a lui che della carica ecclesiastica si avvaleva nella sua attività di divulgazione “ereticale” si formava una corrente di forte dissenso popolare urbano e contadino con una pesante contestazione del vescovo per la sua  corte ritenuta troppo lussuosa quasi ostentatrice di sfarzo. Giulio organizzava letture bibliche pubbliche e predicazioni tra i contadini dei poderi del padre e più avanti, ai contadini dei suoi possedimenti quando ne verrà in possesso imporrà di seguire comportamenti consoni al suo modo di interpretare la religione, una visione in sintonia con i dettami della Riforma nella interpretazione soprattutto di impostazione calvinista. In questo clima cominciarono a circolare anche gli scritti di Calvino e di Zwingli. Queste idee piano piano si andarono diffondendosi anche fuori Vicenza e poi in altre città venete, della costa ferrarese, nella lontana Torino, in Friuli e perfino nella Dalmazia, attraverso relazioni con personaggi importanti del mondo ecclesiastico e mercantile e con esponenti aristocratici che si sentivano soffocati nei chiusi ambienti cittadini; questi personaggi pur spinti da esigenze di insubordinazione nei confronti delle autorità preposte potevano avvalersi  di grandi possibilità finanziarie. Lo stesso Gian Giorgio in quel periodo elargiva al figlio prestiti e, sempre nel desiderio di presentare la famiglia come una realtà unita e ortodossa, tratteneva con il vescovo diocesano, cardinale Ridolfi, un rapporto di amicizia. Tutto questo non distoglieva Giulio dal suo proposito e nelle sue predicazioni presentava il papa come un usurpatore, contestava in modo violento i predicatori locali, diffondeva scritti contro la chiesa, il magistero dei pontefici, i dogmi della fede. Una breccia di penetrazione ereticale si andava insinuando anche a Padova e presso i circoli universitari Giulio in persona tentava di portare avanti la sua propaganda, lodato nientemeno che dall’Aretino per il modo di mettere in ridicolo la cultura corrente e le autorità. Anche in altri ambienti italiani comunque il terreno si presentava fertile per movimenti di protesta e di contestazione sociale e religiosa e questi avevano le loro punte di diamante sempre in personaggi dell’aristocrazia, di famiglie di alto rango sociale o di grandi possibilità economiche: pensiamo all’impulso che in questa direzione poteva esercitare il rovesciamento del paradigma culturale che aveva resistito per molti secoli e che poneva Dio come centro di ogni speculazione filosofica e di ogni  realtà, mentre ora nella nuova visione sorta con il Rinascimento si riteneva che doveva essere l’uomo centro del pensiero in quanto centro dell’universo. L’apoteosi si ebbe nel 1546 a Monte Berico dove per una celebrazione alternativa alla pasqua cattolica fu imbandito un grande banchetto con carne di vitello, maschere antipapiste, giochi per ridicolizzare la chiesa e i suoi insegnamenti e con la distribuzione della comunione sotto tutte e due le specie.

Limiti, contraddizioni e conseguenze della posizione di Giulio

Giovanni Calvino

Certo, c’era un grande effetto di ambiguità per come si presentava e per quello che  Giulio andava facendo: come abbiamo visto era fortemente critico nei confronti del padre, dei suoi successi, delle sue relazioni con autorità civili e religiose, delle sue stesse proprietà, ma nel contempo poteva usufruire di quelle risorse e di quelle stesse strutture ecclesiastiche contro cui si batteva, tanto che ad un certo momento Gian Giorgio provò ad interessare i legati conciliari che giungevano a Vicenza per il concilio, che poi sarebbe stato trasferito a Trento, o il Palladio perché intervenissero; poi però, visto vano ogni sforzo, intentò una causa contro di lui presso il Consiglio dei Quaranta a Venezia per privarlo dell’eredità. A questo punto, forse sentendosi troppo esposto, Giulio si fece un po’ da parte e il peso dell’organizzazione passò ai Pellizzari dotati di ben altri capitali ricavati da traffici mercantili. Denunciato anche presso la corte romana, forse nel tentativo di privare i Trissino dei loro averi, furono le buone entrature dei Pellizzari a salvarlo dal carcere, ma alcuni della sua cerchia, come Giulio Thiene, furono costretti alla fuga all’estero, nel caso del Thiene a Ginevra.

Ginevra durante la battaglia dell’Escalade nel dicembre 1602 (Wikipedia)

Diffusione dell’eresia oltre Vicenza ed il Veneto e rapporti con il mondo della Riforma

Nella sua veste di diffusore Giulio continuò l’attività con il proporre opere di propugnatori della Riforma o di Erasmo da Rotterdam che entrarono anche in alcuni conventi e tra il clero divenendo egli il punto di congiunzione con le chiese riformate di Ginevra e di Chiavenna lasciando il sogno di realizzare una chiesa calvinista a Vicenza ai Pellizzari e ai Thiene. La città divenne con il tempo un importante  centro di propagazione verso oriente e di collegamento con mezza Europa dove l’erudizione ed il pensiero di Erasmo si erano fatti sempre più strada, oltre alle teorie riformatrici degli eretici luterani e calvinisti. Nel centro berico l’eresia aveva così attecchito che ad un certo momento anche il vescovo fu sospettato di complicità avendo dirottato le entrate che solitamente andavano ad una confraternita ai poveri. Lo stesso Palladio in alcune sue realizzazioni soprattutto di carattere religioso a Venezia, con quel bianco luminoso e disadorno che avvolge l’interno delle chiese, in particolare le cupole che con la loro luminosità rimandano al cielo e quindi al divino, sembrò risentire del nuovo modo di interpretare il fatto religioso come relazione dell’uomo direttamente con Dio senza intermediari di sorta come avviene invece per l’ortodossia cattolica con tutta la sequela di santi che in qualche modo costituiscono un punto di intermediazione tra l’essere umano e l’Essere divino.

San Giorgio Maggiore – Venezia (Wikipedia)

Valutazione dell’esperienza ereticale del Cinquecento vicentino

L’ambiguità, meglio, la protervia che aveva guidato Giulio Trissino (non dimentichiamo che si era fatto anche una guardia del corpo personale) nelle relazioni con il padre, con la famiglia e con le autorità soprattutto religiosa, mutatis mutandis, si ritrovano anche nei rapporti che egli intravedeva tra città e mondo rurale dove la prima doveva rivestire un ruolo di supremazia; negli stessi suoi possedimenti, come abbiamo accennato, imponeva ai coloni una vita religiosa conforme ai suoi convincimenti, quindi niente immagini sacre, niente sacramenti, niente messa e per di più con una conduzione di vita che rispondesse in ogni momento alle esigenze del signore: era lo stesso modello che i Pellizzari esigevano nei loro possedimenti in alta Lombardia. E’ in questo contesto che il sogno ereticale iniziato a Vicenza ad opera di Giulio Trissino in certi ambiti ebbe una certa diffusione; e se consideriamo anche le innegabili sintonie che si manifestarono con i grandi riformisti del centro Europa il fenomeno ereticale che si era sviluppato in una città per molti aspetti piuttosto modesta risulta maggiormente degno di attenzione.

Cardinale Niccolò Ridolfi
(Pier Simone Vannetti, 1723, Prato, Italia – Wikipedia)

Ultimi anni di Giulio Trissino e morte in carcere

Non posso terminare senza dire due parole sulla fine del protagonista del nostro racconto: entrato in conflitto con il fratello Ciro, figlio di seconde nozze di Gian Giorgio, che il padre aveva nominato erede universale dei suoi averi, lasciando al primogenito il necessario per vivere, questi, su istigazione dello stesso Ciro nel 1573 fu imprigionato a Venezia per le sue idee ereticali dove morì nel 1578. Nel 1576 però alcuni uomini mascherati entrarono nella villa Trissino di Cornedo dove trovarono Ciro che uccisero a furia di coltellate sotto gli occhi del figlio Marcantonio allora dodicenne come riporta una cronaca dell’epoca: “Di notte, a Cornedo, fu sei incogniti che intrò in casa del quondam Ciro da Dresseno e con coltello lo tagliò in pezzi sì che morse… Le ferite sono state di cortellazzi quatordeci sulla testa, le quali tutte gli hanno tagliato e profondato il cervello fino ai denti, una gli spiccò la testa quasi al busto”.  I sospetti caddero subito sul fratello Giulio quale mandante anche se rinchiuso in carcere a Venezia da due anni. La faida poi continuò con protagonisti Marcantonio e altri della casa Trissino, ma questo non ci interessa ai fini della nostra narrazione.

Federico Cabianca

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