Giovanni Battista Belzoni, pioniere dell’egittologia fuori dagli schemi

Abstract

Gianluigi Peretti, studioso del Belzoni, torna sulla figura del pioniere dell’egittologia per tracciarne il profilo, per ricostruirne la vita avventurosa di teatrante e girovago, fino alla scoperta dell’Egitto e alla misteriosa fine, mentre si accingeva a nuove scoperte.

Articolo

Da Padova all’Inghilterra

Parlare di Giovanni Battista Belzoni, nato a Padova nel 1778, deceduto a Gwato, città dello stato di Eto, oggi Nigeria (vero cognome Bolzon, poi italianizzato), equivale ad evocare un mito dell’archeologia primitiva, del pioniere dell’egittologia, di un personaggio che si è rivelato geniale e ricco di risorse, devolute alla causa del sapere e della cultura anche se privo di una istruzione classica.

Quell’adolescente robusto che avrebbe raggiunto i due metri di altezza, che aveva voluto lasciare la sua famiglia dopo un tentativo di fuga a Roma con il fratellino, dimostrava la volontà di evadere dal quieto vivere del rione della sua città, pur se vivace come il Portello, e di cercare più ampi orizzonti, altri mestieri rispetto alla barbieria paterna, altre terre. E non furono tempi facili arrivato finalmente a Roma per l’ingenuo ragazzo, ospite di un convento,  con i sommovimenti napoleonici che squassavano l’Europa e il Mediterraneo. Girovagò in seguito per vari paesi: Francia (mistero, per lui non amante dei francesi), Prussia, Olanda e infine Inghilterra, che costituì una specie di terra promessa.

Sarah Banne, avventuroso amore di una vita

Sarah Banne

Anche qui gli inizi non furono esaltanti: giocoliere, uomo di forza nelle fiere, infine attore ricercato nei ruoli di Ercole e Sansone corrispondenti alla sua statuaria figura. Ebbe tuttavia la fortuna di trovare presto l’anima gemella, una istruita valkiria di Bristol, Sarah Banne, come lui amante dei viaggi e dell’avventura. Come è facile intuire, la vita del gigante padovano si divide in parti ben distinte: quella dei tanti mestieri per vivere, e quella dell’esploratore e del pioniere dell’egittologia, che trovò fortunosamente sulla sua strada come segno del destino. Belzoni era uomo dalle mille risorse, e quando ebbe l’occasione di seguire con Sarah come attore le truppe inglesi nella penisola iberica per combattere Napoleone, le circostanze e lo spirito d’intraprendenza lo portarono in Egitto.

Belzoni in Egitto: dagli esperimenti in idraulica alle scoperte archeologiche

Lo scopo era presentare al pascià Mohamed Alì una sua complessa invenzione per l’irrigazione dei campi nel paese del Nilo, da cui sperava successo e fortuna come idraulico provetto (altro mistero della sua vita). Il destino invece volle che il successo non venisse da quell’esperimento idraulico, sicuramente sabotato perché avrebbe tolto lavoro agli indigeni, ma da imprese e scoperte eccezionali in campo archeologico. Rimasto senza lavoro in un paese sconosciuto con la sua Sarah e un domestico, Belzoni ebbe la buona sorte di conoscere due personaggi determinanti per il prosieguo della sua vita: il console inglese Henry Salt, amante dell’archeologia, e lo studioso svizzero con passaporto inglese Ludwig Burckardt, che si era formalmente islamizzato (anche nel vestire) per conoscere a fondo usi e costumi del mondo arabo. Colpiti dall’ingegno e dalla prestanza fisica di quell’italiano in cerca di fortuna, i due gli proposero di dedicarsi all’asporto di reperti e alle ricerche dei resti dell’antico Egitto, anche per il fatto che il pascià permetteva agli stranieri che modernizzavano il suo reame di prendersi quelle che lui considerava pietraie. Continuavano così le ricerche avviate con la spedizione napoleonica del 1798. Burckardt lo istruì per bene sulla sua missione.

L’iscrizione lasciata da Belzoni all’interno della Piramide di Chefren

Le imprese di archeologo

Per il giramondo padovano ebbe quindi inizio una nuova vita che lo portò in breve a grandi imprese, pur incontrando nella sua strada notevoli contrasti e rivalità, soprattutto con i concorrenti francesi, capeggiati dall’ex ufficiale napoleonico piemontese Bernardino Drovetti. Esordì alla grande con la rimozione dalle sabbie del deserto, a sinistra del Nilo e dall’altra parte di Karnak, l’antica Tebe, del pesante busto di Ramesse II, che nessuno fin allora era riuscito a trasportare. Con congegni speciali e con l’aiuto non facile degli indigeni, riuscì a farlo trascinare fino al Nilo, e lì, con un’apposita imbarcazione, farlo arrivare al Cairo, quindi ad Alessandria fino a raggiungere il British Museum, dove ancor oggi campeggia. Che fosse il busto del grande faraone si seppe in seguito (come per gli altri reperti), poiché i geroglifici non erano ancora stati decifrati dallo Champollion.

La rimozione della sabbia che ostruiva l’ingresso del tempio di Abu Simbel (Collezione privata)

Il tempio di Abu Simbel

Fu quindi la volta del disseppellimento faticoso del grande tempio rupestre di Abu Simbel, costruito dal grande Ramesse II, eseguito anche stavolta non senza ardue trattative con i capi locali. Da ricordare che negli anni sessanta del secolo scorso questo monumento fu tagliato a pezzi (ditta veronese) per portarlo più in alto e sottrarlo all’inondazione prodotta dalla diga di Assuan. Nel 1817 la scoperta più importante sotto l’aspetto storico-scientifico: quella della più grande e lunga tomba faraonica (con bellissimo sarcofago d’alabastro vuoto), quella di Seti I, padre di Ramesse II, nella Valle dei Re: frutto di intuizioni idrologiche che rese Belzoni famoso in campo archeologico. Nel 1818 la scoperta per cui il padovano divenne popolare in campo internazionale, il ritrovamento cioè dell’ingresso della piramide di Chefren, fin allora ritenuta solida e non monumento funerario. Ritrovò poi, ancora per propria iniziativa, l’antica città di Berenice, sul mar Rosso, detta la Pompei egizia. Nel frattempo aveva fatto rilevare tutte le pitture e i bassorilievi della grande tomba, chiamata in seguito “di Belzoni”; si occupò anche del laborioso trasferimento di un obelisco dall’isola di File facendolo pervenire nella tenuta di un lord inglese.

Il tempio di Abu Simbel

L’attentato contro di lui

La statua della Dea Sekmet (Museo Archeologico Agli Eremitani, Padova)

Proprio il trasferimento di questo importante monumento causò lo scontro con il gruppo francese: si arrivò persino all’intimidazione con una fucilata. Ormai i successi dell’italiano al servizio, non sempre lineare, degli inglesi, non potevano più esser tollerati: l’aggressione subita ebbe strascichi giudiziari ma era chiaro che la magnifica avventura archeologica di Belzoni nella terra dei faraoni era arrivata al termine. Dopo cinque anni di permanenza in Egitto, si trovò costretto ad abbandonare la sua meritoria attività e a tornarsene a Londra con Sarah, passando prima per Padova, cui donò due statue leontocefale in diorite della dea Sekmet (oggi al Museo archeologico agli Eremitani). Erano vent’anni che non rivedeva i parenti e la madre carissima, con i quali era stato sempre in contatto epistolare.

Ultime ricerche e fine tragica

In Inghilterra, come a Padova, l’ex teatrante tornava da trionfatore. Scrisse un resoconto dei suoi viaggi e delle sue tante imprese, come pure delle rivalità e difficoltà incontrate, libro, da lui stesso illustrato, che divenne un best seller presto tradotto in diverse lingue europee. Ricostruì a perfezione in una visitatissima mostra la grande tomba faraonica scoperta, ma senza il prezioso sarcofago d’alabastro. Belzoni tuttavia ebbe il triste destino di finire i suoi giorni nel pieno della sua vigoria fisica e morale in Africa non come egittologo, ma esploratore per conto dell’Associazione Geografica di Londra: doveva scoprire il corso reale del fiume Niger e trovare la mitica città sahariana di Timbuctu, ma per via fu colpito da dissenteria (versione ufficiale) e morì a Gwato, dove fu sepolto da amici naviganti inglesi.

Moschea Centrale Auchi, Stato di Edo Nigeria

Comunque la sua fine rimane un giallo (si parlò anche di avvelenamento da parte di un capovillaggio), ma da allora nacque il mito Belzoni, specie nel mondo anglosassone (città di ‘Belzoni’ nel Mississippi!), come autentico e geniale pioniere dell’egittologia e personaggio di statura storica. Recentemente è stato pure girato un film sua vita romanzesca, sostanzialmente aderente alla verità.

Gianluigi Peretti

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