Sulla decorazione pittorica per l’altare della Madonna Mora nella Basilica di Sant’Antonio a Padova: una recente attribuzione a Giotto

Abstract

Nella Basilica e nel convento di Sant’Antonio si conservano le prime testimonianze della presenza di Giotto a Padova, rinviabili agli anni 1302-1303, e antecedenti quindi alla decorazione della Cappella degli Scrovegni.
La presenza del Maestro fiorentino, che il dossier di candidatura di Padova Urbs picta conferma, sarebbe infatti testimoniata dagli affreschi contenuti nella Cappella della Madonna Mora, luogo della prima sepoltura di Sant’Antonio, oggetto di recenti restauri.

La cappella della Madonna Mora

Durante lo scorso decennio una serie di interventi di restauro effettuati nella Basilica di Sant’Antonio a Padova hanno coinvolto diversi suoi ambienti, tra cui la Cappella della Madonna Mora, la quale sorge sugli spazi corrispondenti all’antica chiesa di Santa Maria Mater Domini (1). Il ripristino degli elementi caratterizzanti questo ambiente ha consentito il recupero e la valorizzazione della decorazione pittorica ad affresco che fa da sfondo all’altare gotico su cui è collocata la scultura della Vergine con il Bambino, nota ai fedeli come Madonna Mora. Ritornati così alla luce, gli affreschi hanno catturato da subito l’attenzione degli storici dell’arte (2), i quali sono ormai concordi nell’attribuire la loro paternità ad uno dei protagonisti principali dell’arte italiana del Trecento, ossia Giotto.

Basilica del Santo, cappella della Madonna Mora Affreschi e statua

La decorazione ad affresco

La decorazione dell’altare della Madonna Mora interessa la parete retrostante, e segue la sagoma della volta del tabernacolo. A fare da sfondo alla statua troviamo due profeti dell’Antico Testamento, Isaia e Davide, rappresentati con la mano sinistra reggente cartigli riportanti citazioni bibliche. Spostando lo sguardo al centro della scena, in alto vediamo tre angeli a figura intera, i quali reggono un diadema destinato idealmente a coronare il sottostante capo della statua della Vergine. Tutt’attorno sono poi rappresentati una serie di angeli, i quali annunciano tra canti e musica la nascita di Cristo; due di questi – raffigurati a mezzo busto – recano tra le mani salterio e liuto, altri due invece – realizzati di profilo – tengono lunghi cartigli che rimandano alla natività del Salvatore. Tra questi due angeli annuncianti è inserito un terzetto di angeli di dimensioni minori, intenti a sorreggere un libro per il canto. Chiude l’affresco, nella parte più alta, l’immagine del Padre Eterno benedicente attorniato da una dozzina di cherubini.
L’attribuzione di un intervento diretto del Maestro fiorentino nella decorazione dietro il tabernacolo della Madonna Mora si è basata su una serie di confronti di tipo stilistico, tecnico e di ornato, e ha coinvolto in particolare l’osservazione di figure come quelle dei profeti e degli angeli che reggono i cartigli. Per quel che riguarda la collocazione di questi affreschi da un punto di vista cronologico, la stringente vicinanza di stile con i cicli appartenenti alla Cappella degli Scrovegni (1303-1305) sembra suggerire una datazione di poco anteriore, probabilmente attorno al 1302-1303; l’opera sarebbe quindi una delle più antiche testimonianze dell’intervento di Giotto a Padova. Ciò consente inoltre di avvalorare l’ipotesi circa il ruolo dei Frati minori del Santo, che potrebbero aver chiamato il pittore toscano in città all’inizio del Trecento con il compito di affidargli la decorazione di alcuni ambienti della basilica e del convento di Sant’Antonio – ossia la Cappella della Madonna Mora, la Cappella delle Benedizioni e la Sala del Capitolo – probabilmente su indicazione dei confratelli di Assisi, per cui Giotto aveva realizzato, il decennio precedente, le storie francescane nella Basilica superiore (1288-1292).

Il dossier della candidatura

Ecco quanto specificato nel dossier sopra richiamato:
“Una recentissima attribuzione a Giotto probabilmente testimonia il primo intervento del maestro in Basilica, nel luogo della prima sepoltura di Sant’Antonio, la Cappella della Madonna Mora. Si tratta della decorazione dipinta dietro al gruppo scultoreo della Vergine col Bambino all’interno della nicchia dell’altare che nasce in stretto rapporto con lo spazio architettonico per la quale è progettata.
Nei volti dei profeti in particolare, ma anche nella posa delle figure degli angeli che reggono la corona e nello studio degli scorci prospettici delle figure degli angeli in volo e dell’Eterno si ritrovano i diretti precedenti delle ricerche prospettiche e sugli stati d’animo dell’uomo che Giotto compirà poco dopo nella Cappella degli Scrovegni”.

da: https://www.padovaurbspicta.org/basilica-e-convento-del-santo/

Andrea Missagia

Note

1) Si tratta del luogo dove in origine venne sepolto il corpo del Santo, nonché il nucleo a partire dal quale si svilupparono le fasi costruttive dell’attuale basilica, vedi L. Bertazzo, Per una storia del rapporto fra i frati minori e santità civica: S. Antonio e il caso padovano, in I Francescani e la politica, atti del convegno internazionale di Palermo a cura di A. Musco, 2 voll., Palermo 2007, I, pp. 33-46.

(2) La proposta d’attribuzione a Giotto venne avanzata nel 2015 da Giacomo Guazzini, all’epoca ricercatore al Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max Planck Institut, vedi G. Guazzini, “Un nuovo Giotto al Santo di Padova: la cappella della Madonna Mora”, in Nuovi Studi, 21 (2015), pp. 5-40

Immagini

Foto di autore sconosciuto. Si ringrazia la Pontificia Basilica del Santo per la gentile concessione.

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