Nefasti per Galileo i ventidotti di Villa Trento a Costozza dei Berici

Abstract

Si vuole qui riportare un avvenimento verificatosi nei primi anni di permanenza di Galileo a Padova, ormai ben inserito nell’Università patavina e come il suo amore per la scienza non escludesse una vita alquanto mondana e frequentazioni assidue con personaggi di prestigio. Questa sortita da Padova si rivelò con il tempo assai dannosa per la sua salute ma è indice anche del suo spirito avventuroso e alquanto goliardico per i tempi.

Galileo e l’Università di Padova

Cortile di Palazzo del Bo, storica sede dell’Università degli Studi di Padova

Per chi conosca anche a grandi linee le vicende di Galileo Galilei, sa che i diciott’anni da lui trascorsi come docente e scienziato all’Università di Padova (1592-1610) furono visti tra i più piacevoli e vitali di tutta la sua vita. Non solo la città di Antenore, definita da Shakespeare (proprio in quel torno di tempo) “la bella Padova, culla delle arti”, lo rese attivo e un po’ mondano, ma pure Venezia stessa, dove si fece amici molti nobili, tra cui Gianfrancesco Sagredo, l’amico immortalato nelle sue opere, e i futuri dogi Niccolò Contarini e Leonardo Donà, che gli furono in seguito prodighi di favori.

Il professore di matematica della Facoltà “delle Arti” sapeva comunque tenersi lontano dalle beghe politiche e religiose allora in atto, come quella tra “bovisti”, sostenitori delle prerogative del Bo’, cioè dell’Università fondata nel lontano 1222, e i Gesuiti, che avrebbero voluto istituire un’altra Università, più ortodossa e in competizione con l’antica.

In quel tempo tuttavia a brillare era quella di medicina. Si ricordano i nomi di Girolamo Mercuriale, di Alessandro Massaria e soprattutto di Fabricio d’Acquapendente, medico e chirurgo, detto “il Colombo del corpo umano”, tra l’altro ideatore dell’Aula di Anatomia del Bo’, disegnandola a spirale, o a occhio umano, con balaustre per gli studenti che incombevano sul tavolo dove avevano luogo le lezioni pratiche di chirurgia e anatomia. Fu una gran fortuna per Galileo che tra i suoi colleghi ci fossero tanti buoni medici pronti a venirgli incontro.

Galileo festaiolo nel periodo padovano

Nell’estate del 1594 infatti (data più verosimile del 1593, per il fatto che in quest’anno il capofamiglia Galileo era impegnato nei pagamenti urgenti di parte della dote al cognato a favore della sorella Virginia), la prima che trascorresse in buona parte nella Repubblica di Venezia (“otio maggiore di quello che io abbia qua non credo che io non potessi avere altrove” scrisse allora), la sua vita corse seri pericoli, con danno dell’umanità e dello sviluppo della scienza stessa. Accadde dunque che Galileo, amante delle scorribande in campagna, dove allora villeggiavano nobili veneziani e locali, si spingesse un giorno con altri due amici fino dalle parti di Verona, per ripiegare poi da quelle di Vicenza, e precisamente presso la villa del nobile Camillo da Trento, avvocato di fama, cultore delle arti e animatore di un’Accademia letteraria nel borgo antico di Costozza, ai margini dei Berici di nordest non lontana dal Bacchiglione.

Villa Trento – Carli

La disavventura di Galileo ospite del conte Camillo Trento a Costozza

In questa villa, o meglio in una sua pertinenza chiamata villa Eolia, costruita nel 1560 dal conte Francesco, una specie di celebrata foresteria con sala conviviale che cronisti locali scrivono servisse come sede di quell’Accademia con apposita “stanza di Apolline”, ben affrescata dal Fasolo tra gli anni ’60 e il ’70, Galileo e amici furono accolti con gran festa e onorati con lauto banchetto. L’originalità del luogo e il robusto rosso del luogo nell’occasione venero abbondantemente elogiati e degustati. Finita la festa Galileo e amici si trovarono a dormire, con pochi panni addosso per l’afa estiva, non lontano dall’imboccatura di un cunicolo da cui filtrava una corrente d’aria fresca regolabile (uno dei famosi ventidotti delle ville di Costozza), che aveva la sua sorgente tra le grotte della vicina collina.

Un servitore sprovveduto ad una data ora ebbe la malaugurata idea di aprire la finestra della sala, concedendo così notevole sfiato alla corrente d’aria del cunicolo. Galileo e compagni, come si può immaginare mezzi spogli e madidi di sudore, tardarono a rendersi conto dei pericoli per la salute cui andavano incontro. Quando si svegliarono intirizziti dopo grandi sudori era già tardi. Il risultato fu che Galileo si prese un principio di un notevole congelamento durato più giorni, e costretto a far ritorno a Padova in una lettiga su carrozza. Si procurò in più un’artrosi fastidiosa che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Sorte peggiore toccò agli amici: uno morì di polmonite acuta dopo pochi giorni, l’altro perse l’udito ma le conseguenze di quel fresco improvviso non lo fece vivere a lungo.

In ogni caso la sosta festaiola in quel di Costozza apparve infausta per il genio matematico, a causa dell’artrosi a cui con gli anni si aggiunsero altri disturbi. Buon per lui che a Padova c’era Fabricio d’Acquapendente, diventato forse da quella circostanza suo medico personale, e lo scienziato lo ricambiò ricordandolo nelle sue opere. In particolare Galileo era dell’idea che la matematica fosse strettamente collegata alla filosofia come la medicina lo era con la chirurgia. Pochi mesi dopo le vicissitudini di Villa Trento prese parte attiva alla solenne inaugurazione dell’Aula di Anatomia. dell’Acquapendente.

Villa Eolia

Il racconto di Antonio Favaro, storico e biografo di Galileo

Antonio Favaro, il principale studioso e biografo dello scienziato toscano, vissuto tra otto e novecento, cercò in tutte le maniere di trovare supporti d’archivio per avvalorare la sua tesi-speranza che Galileo si fosse recato dal conte Camillo per curiosità scientifiche con l’amico conte Bissaro o con qualche altro patrizio sodale del da Trento. Purtroppo gli archivi di queste famiglie vicentine erano andati dispersi, fatto che aveva dato di converso spazio alla leggenda di un Galileo osservatore dei cieli dalla “Specola” dei da Trento e altre amenità, quando si sa che l’arrivo a Costozza del giovane docente è stato una combinazione e che la sua attività di astronomo sarebbe iniziata ben più tardi e soprattutto a Firenze. Vale qui la pena di riferire anche che taluni patrizi vicentini, a dar retta a certi racconti, del sistema dei ventidotti delle ville di Costozza “se ne servivano anche per divertirsi a spalle degli invitati”, e si cita tra l’altro il caso il caso di “un Principe Grande” fatto segno di tali scherzi. Quest’andazzo può aver riguardato anche Galileo e amici? Se così fosse stato si sarebbe trattato di un episodio di goliardia finito male e non degno di essere ammesso nei propri ricordi. Pare sia meglio escluderlo.

Antonio Favaro

Da ricordare che il Favaro era stato in grado di correggere le inesattezze biografiche riportate dall’ultimo discepolo del maestro, Vincenzo Viviani, (che a sua volta aveva raccolto notizie da Vincenzo Galilei, figlio ed erede di Galileo). Il Favaro, in Di alcune inesattezze nel ‘Racconto Istorico della vita di Galileo’ dettato da Vincenzo Viviani (Firenze, 1917), corregge il luogo dove sarebbe avvenuto il fatto: non “nel contado di Padova”, “bensì su quel di Vicenza, e precisamente a Costozza, come fin dai primi nostri studi biografici intorno a Galilei abbiamo, se non dimostrato, chiarito come probabilissimo. E se noi torniamo ora su questo particolare, lo facciamo principalmente per aggiungere alle testimonianze già addotte della celebrità dei ventidotti di Costozza una nuova che incontriamo nella biografia d’uno dei più cospicui personaggi galileiani dettata da Pietro Gassendi: questi infatti racconta che Niccolò Fabri di Peiresc, il quale fu presso di noi tra il 1599 e il 1600, volle espressamente visitarli, e nel suo viaggio di ritorno in patria [si traduce dal latino] “prima si diresse a Vicenza per salutare degli amici…quindi a Costozza osservò e studiò quella particolare disposizione di canali e cunicoli del vento, e nelle sue relazioni riportò la storia di quel fenomeno che faceva pervenire in modo tale la corrente alla casa da grotta posta in un luogo assai lontano attraverso un passaggio sotterraneo, che alla fine la si regolava e distribuiva come si voleva” (da aggiungere che oggi tali cunicoli sono sovente in qualche punto crollati).

Incertezze sulla villa che ospitò Galileo

Un’altra questione: quale villa ospitò Galileo? Tutto lascia supporre che fosse villa Eolia per la destinazione che aveva a fine ‘500 e dopo, ma anche villa Trento Carli, della prima metà del ‘600 che aveva una pertinenza anteriore con ventidotti poi inglobata. Ma sentiamo ancora il Favaro, che nel suo Diario del soggiorno di Galileo a Padova (Padova, 1921) precisa: “Trovandosi con allegra compagnia in una villa dei Conti da Trento su quel di Vicenza, una sala della quale era in comunicazione con le vicine cave di pietra di Costozza mediante ventidotti che facevano capo ad pozzo, allo scopo di procurare aria fresca durante i calori dell’estate, vi si addormentò senza porre attenzione se l’orifizio del pozzo [l’apertura del cunicolo] fosse chiuso, e vi contrasse dolori artritici, i quali, dopo averlo posto in pericolo di vita, lo travagliarono fino all’ultimo dei suoi giorni”.

Interno di Villa Eolia con sbocchi dei ventidotti

Alla luce di questi riferimenti ha il sapore di un’ironia involontaria la lapide affissa dall’Accademia Olimpica di Vicenza il 26 giugno 1993 all’esterno di villa Eolia che così recita: “Qui nella villa Aeolia giunto da Padova/fu ospite dei conti Trento /nell’estate del 1593/ GALILEO GALILEI/ godendo il conforto dei freschissimi venti/che attraverso ingegnosi canali/un dio soffiava dai prossimi colli./Accademia Olimpica di Vicenza”. Questa la ricostruzione che pare più vicina al vero su quanto accaduto a Galileo in quel dei Berici nei primi anni del suo insegnamento all’Università di Padova (le fonti primarie omettono tuttavia il nome del nobile ospitante).

Costozza fatale dunque per Galileo durante il suo soggiorno padovano. Il fatto non inficia minimamente il giudizio dello stesso scienziato su quel fortunato periodo, anzi la sua partenza da Padova fu una sciagura per tutti e per lo stesso Galileo che, se fosse rimasto, con la nota “patavina libertas”, senza dimenticare quella della Repubblica veneziana, avrebbe potuto dimenticare i processi e le condanne che tormentarono gli ultimi tempi della sua vita interamente dedicata all’affermazione della scienza e della verità.

Il borgo di Costozza

Fonti principali:

Ediz. Naz. Op. di G.G.: XVII, 221; XIX, 595, 624 (Firenze, Barbera, 1890-1903) – A. Favaro, Galileo Galilei e lo Studio di Padova, II, Firenze, Le Monnier, 1866-Cronologia Galileiana raccolta e ordinata da A. Favaro (Atti e Mem. Della R. Acc. SC.LL.AA. in Padova, 1892) – A. Favaro, Galileo Galilei, Modena, 1910 – A. Favaro, Di alcune inesattezze nel racconto Istorico della Vita di Galileo” detttato da Vincenzo Viviani, Firenze, 1917 – J. Reston, Galileo. A life, HarperCollins Publisher,

New York, 1944 (poi Edizioni Piemme, Casale M., 2001 – AA.VVV., Costozza, Cassa Rurale e Artigiana di Costozza e Tramonte-Praglia, 1983).

Gianluigi Peretti

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