Le magiche visioni del MUSEO DEL PRECINEMA di Padova – Seconda parte

Abstract

Dopo la descrizione di come è nato il MUSEO DEL PRECINEMA nel precedente articolo, in questa seconda parte troviamo le premesse per l’invenzione del Cinematografo: si tratta di un salto di conoscenza nel mondo nuovo a partire dalle forme popolari di spettacolo ottico, con le prime macchine della visione e delle tecniche di animazione.

 Una nuova specie umana: l’uomo visionario

Nel MUSEO DEL PRECINEMA di Padova si offre allo spettatore l’affascinante viaggio sui sentieri della visione, documentato dall’antichissimo teatro d’ombre fino alla pellicola cinematografica, sulle orme di chi, attraverso le epoche, cerca di dilatare all’infinito i poteri del proprio occhio e la possibilità di vedere nuovi mondi, reali o immaginari.

Per capire meccanismi e percorsi che portano alla nascita e diffusione sul piano mondiale di una nuova specie umana, quella dell’uomo visionario, partendo dall’invenzione dei Fratelli Lumière, è necessario procedere a ritroso lungo un arco di vari secoli tenendo al centro dell’osservazione due fuochi. Da una parte, la storia delle macchine della visione, già in parte conosciuta ed esplorata; dall’altra, la visione popolare e delle forme di spettacolo ottico che, nel corso di alcuni secoli, conducono all’invenzione del Cinematografo.

Il punto di partenza per definire questo viaggio ottico si può fissare in alcuni scritti e disegni di Leonardo da Vinci. La sua descrizione della camera oscura entro cui far entrare “attraverso un piccolo spiracolo rotondo” immagini di oggetti ed esseri viventi di ogni specie appare come la materializzazione di un sogno secolare. Con Leonardo l’occhio assume un’importanza conoscitiva fondamentale; esso viene paragonato alla camera oscura. La ricerca scientifica, la pratica artistica e l’illusione spettacolare, dal Seicento in avanti, si varranno di camere oscure sempre più perfezionate ma tutte costruite sul semplice principio di un raggio di luce che, attraversando un piccolo foro, ricrea all’interno di uno spazio buio le immagini esterne. Per quanto tale fenomeno sia già conosciuto dall’antichità e lo si ritrovi descritto nelle opere di autori medievali come John Peckham o Alhazen, assume particolare rilievo da Leonardo in poi per il suo valore di metafora della visione, ricondotta alla problematica della formazione d’immagini mediante dispositivi ottici.

Illustrazione del funzionamento della camera oscura di Leonardo da Vinci (1452 – 1519)

A partire da questo momento infatti si chiude il periodo medioevale dell’ottica e si avvia una più sistematica indagine. Lenti e specchi, già da tempo impiegati anche in funzione spettacolare per ottenere figure ingrandite, rimpicciolite, moltiplicate, rovesciate, si combinano variamente all’interno di camere oscure, lanterne magiche, microscopi, telescopi e innumerevoli altri strumenti ottici, che possiamo considerare come primitivi mezzi di animazione dell’immagine.

Le macchine della visione aprono la possibilità di diffondere a pioggia su tutti i popoli della terra gli stessi saperi, le stesse emozioni, favorendo la diffusione di identiche immagini di mondi vicini e lontani, reali e fantastici.

Le ricerche scientifiche del Cinque e Seicento operano la connessione tra le geniali intuizioni leonardesche e i primi importanti contributi alla ridefinizione visiva del mondo. Le cronache dei viaggiatori e il loro contributo alla rappresentazione scientifica della natura, la diffusione dei saperi consentita dalla stampa, aprono in pochi decenni la strada verso la rappresentazione di ogni specie del mondo conosciuto. Gli strumenti ampliano a dismisura gli orizzonti visivi e conoscitivi dell’uomo: il microscopio svela le meraviglie dell’infinitamente piccolo, mentre il telescopio avvicina alla portata dello sguardo mondi lontanissimi, sempre solo immaginati.

Non sono da dimenticare gli studi legati alla magia bianca, che si sviluppano accanto alle ricerche scientifiche, e avviano alla rappresentazione e creazione di nuove dimensioni. Da Paracelso a Della Porta a Kircher, un grande filone di contributi consente di assistere alla materializzazione di mondi fantastici il cui ruolo e la cui azione sull’immaginazione collettiva non hanno minor forza di quelli scoperti dai grandi nomi della scienza ufficiale. Nel giro di poco più di un secolo i territori del visibile sono del tutto ridisegnati. I nomi degli studiosi e delle loro invenzioni- conosciuti e disposti cronologicamente come lungo una catena evolutiva di tipo darwiniano- sono: Girolamo Cardano, Egnazio Danti, Daniele Barbaro, Giovan Battista Della Porta, Johannes Scheiner, Athanasius Kircher, Jean François Niceron, Mario Bettini, Caspar Schott, Peter van Musschenbroeck, l’abate Nollet e i molti altri che, passo dopo passo e spesso seguendo itinerari divergenti, aprono la strada all’invenzione del Cinematografo.

Cannocchiali di Galileo al Museo Galileo di Firenze

C’è un mondo nuovo da vedere

Una folla anonima di venditori di sogni visivi percorre instancabilmente l’Europa e, nello stesso tempo, parte alla volta del continente asiatico e americano. Così, tra Sei e Settecento si ridefinisce e si assimila una geografia mentale, culturale e immaginativa di milioni di persone, consentendo a tutti un’alfabetizzazione di base e una buona conoscenza lessicale e morfologica della nuova lingua visiva universale. I piccoli strumenti ottici settecenteschi, che hanno tutto il carattere di puri e semplici divertissements, legati come sono allo spirito ludico e galante del secolo, quali i polemoscopi, le camere oscure da tasca, gli zogroscopi, i poliscopi, attestano il crescere nel pubblico di una curiosità visiva che lo strumento determina e alimenta.

Nella prima sala del MUSEO DEL PRECINEMA, il Campiello delle Maravegie, il visitatore è accolto da insolite figure di compagnia, che sostano in laguna tra calli e campielli, con i loro strumenti ottici. Dispensavano immagini colorate, invitando i pubblici a scoprire le sorprendenti visioni del Diorama, del Diorama teatrale, del Mondo Nuovo con sue le Vedute Ottiche, per ottenere effetti luministici passando dalla visione del giorno a quella della notte.

Le immagini popolari, di santi, carte da gioco, paesi di cuccagna, animali, alberi della vita, vite dei martiri, episodi del Vecchio e Nuovo Testamento, catastrofi ed eventi straordinari, passano dalle silografie alle acqueforti, dai libri alle stampe, dalle lastre per lanterna magica alle vedute ottiche, creando un sistema iconografico ad alta densità, che si espande nello spazio e nel tempo.

Da quando, grazie ad Athanasius Kircher, verso la fine del Seicento, si cominciano a diffondere gli spettacoli di lanterna magica, i portatori di macchine ottiche – lanternisti o impresari di mondo nuovi – attingono all’immensa iconosfera popolare e, al tempo stesso, pescano nei territori contigui della pittura, dell’architettura, della scenografia teatrale. Le immagini delle lastre per lanterna magica, o quelle delle vedute ottiche, formano il lessico, la morfologia e la sintassi di questa lingua e creano le prime forme di alfabetizzazione diffusa.

MUSEO DEL PRECINEMA, una delle sale

Effetti della lanterna magica

Dalle pagine dell’Ars magna lucis et umbrae di Kircher, del 1646, si può veder scaturire la luce di una prima lanterna magica verso tutti gli angoli della terra. La circolazione delle immagini opera in profondità sullo spettatore, che diventa l’”icononauta”, l’uomo visionario, progenitore dell’”homo cinematographicus”. Questa tipologia d’uomo presenta caratteristiche diverse rispetto all’uomo del Medioevo, ma anche a quello del Rinascimento, in quanto i suoi spazi mentali e immaginativi si sono modificati e dilatati. È in grado – fin da piccolo – di compiere con grande facilità viaggi mentali di scoperta del “lontano” che sarebbero impensabili senza una ricca alimentazione di base di immagini reali o fantastiche.

Dagli inizi dell’Ottocento, accanto alla creazione di un mercato e di un’industria delle immagini, cresce anche la produzione di macchine della visione. Alle lanterne dai nomi sempre più affascinanti e stravaganti (lampadofono, lampascopio, megascopio), a più obbiettivi sovrapposti, capaci di dissolvere serie di immagini complementari con effetti di grande suggestione, si affiancano diorami e panorami, spettacoli complessi per una fruizione più ampia, e insieme si recuperano spettacoli di tradizione millenaria come il teatro d’ombre. L’invenzione della fotografia e delle nuove tecniche di stampa contribuisce in maniera determinante ad offrire un’ulteriore dilatazione delle possibilità visive e riproduttive del reale. Anche sui cataloghi circolanti, non c’è campo del sapere scientifico, letterario e artistico che non sia rappresentato.

La lanterna magica, gli spettacoli di “mondo nuovo” e la grande quantità di strumenti e giochi ottici che precedono l’invenzione dei fratelli Lumière, creano e favoriscono la diffusione di una domanda di immagini nel pubblico di ogni età, di condizione sociale e culturale diversissime.

Della collezione di lanterne magiche fanno parte la Tripla Lanterna e la Doppia Lanterna di J. H. Steward, la lanterna a doppio obiettivo di W. Tyler, la Lanterna Scientifica di Philip Harris & Co, le più antiche lanterne appaiate per le dissolvenze e la Lanterna Cinema di Walter Gibbons dei primi anni del ‘900, adatta alla proiezione sia di vetri dipinti sia di pellicole cinematografiche. Qui si attua il vero punto di incontro fra un’arte che al tempo muove i primi passi e una che vede sempre più diminuiti i propri poteri di fascinazione e divulgazione di visioni sorprendenti.

Lanterna magica bi-unial per dissolvenza

Le immagini su vetro della collezione

Le immagini da proiezione su vetro occupano un posto centrale nel MUSEO e costituiscono la sezione più straordinaria della collezione. Sono rappresentati molti esempi provenienti da Italia, Germania, Francia, Olanda e Stati Uniti, ma soprattutto dalla Gran Bretagna. Gli esemplari esposti, risalenti al XVIII e XIX secolo, per ragioni di spazio non sono che una piccola parte degli oltre ottomila raccolti negli anni.

Le serie dedicate all’Astrologia, ai personaggi buffi del Circo, alle apparizioni fantastiche, alle dissolvenze dal giorno alla notte, ai racconti moraleggianti, alle aurore boreali del Polo Nord e a favole e leggende, presentano alcuni tra i soggetti iconografici di maggior successo del ‘700 e dell’800, e così anche la serie dedicata al Grand Tour dei giovani rampolli europei nel loro viaggio di formazione. I soggetti scientifici sono rappresentati dalle projections vivantes o dai sorprendenti effetti dei quadri meccanici, con fontane che zampillano, eruzioni vulcaniche, neve, pioggia, lampi e arcobaleno. Non mancano vetri a forte contenuto erotico, che testimoniano la produzione sommersa ma consistente, per soli uomini, adatta ai salotti borghesi e nobili, o ai bordelli d’epoca vittoriana.

Anche in letteratura è presente lo spettacolo di lanterna magica osservato dal piccolo Marcel Proust col suo giocattolo, sul muro della propria stanza da letto. Così Proust consegna allo studioso della visione popolare una specie di cellula genetica in cui sono racchiusi alcuni dei caratteri e dei principi che regolano la formazione e lo sviluppo della visione collettiva.

Venezia, Ponte dei Sospiri, vetri di proiezione di… -notte,
fotografie colorate a mano, fine XIX sec.

L’animazione delle immagini

L’analisi degli artifici meccanici più comuni ed importanti delle immagini proiettate consente di sottolineare alcuni aspetti relativi alle tipologie di animazione più diffuse e ai repertori cui esse maggiormente si prestano. Tecniche e tematiche dell’immagine in movimento appaiono infatti strettamente interdipendenti. La prima forma di animazione si basa sul semplice avanzamento progressivo delle immagini dipinte su lunghe lastre a banda, descritte e illustrate dalla trattatistica, da Kircher a tutto il Seicento. Il soggetto può essere rappresentato come scena continua, occupando tutta la superficie della lastra, oppure come successione di figure isolate, correlate tematicamente: ciò dà origine a due diverse modalità di proiezione, per cui nel primo caso la lastra viene fatta scorrere lentamente senza interruzione, nel secondo il lanternista si sofferma su ogni immagine per un breve intervallo di tempo. I vetri a banda continuano ad essere costruiti fino al 1860 circa, per poi essere relegati nell’ambito della produzione per l’infanzia.

Anche le immagini fisse, spesso veri capolavori di pittura su vetro eseguiti da maestri miniaturisti quasi sempre anonimi, vengono animate attraverso lo spettacolare meccanismo della dissolvenza, messo a punto nel 1839 da Childe, dapprima utilizzando lanterne gemelle affiancate, provviste di otturatori a pettine e a occhio di gatto, poi, negli ultimi decenni del secolo, con le sofisticate lanterne doppie e triple. La dissolvenza consente di ottenere una successione di quadri complementari osservati senza soluzione di continuità, arricchiti da effetti giorno/notte, trasformazioni stagionali e apparizioni meravigliose.

Gli ultimi due decenni del secolo sono caratterizzati dall’imporsi di una produzione a carattere moraleggiante: i vetri meccanici e le dissolvenze lasciano gradualmente il posto al nuovo fortunatissimo repertorio dei life models, racconti fotografici composti da serie di immagini in sequenza, con modelli viventi ripresi sullo sfondo di scenari dipinti o ricostruiti in studio. Oltre a creare nuove modalità visive, questo filone fornisce l’impressionante documentazione delle drammatiche condizioni sociali, della mentalità e dei valori di un’epoca.

Il successo dei life models è strettamente legato alla grande popolarità del melodramma vittoriano e alla contemporanea, vastissima produzione editoriale dedicata ai gravi problemi sociali dell’Inghilterra del tempo, con i temi della miseria, dell’alcolismo e della depravazione, tratti spesso dai moltissimi racconti e poemetti di scrittori minori o dalle opere di maestri quali Charles Dickens.

Pressinoscopio e dischi per fenachistoscopio, fine XIX sec.

Il primo ad applicare l’idea alle lastre fotografiche per lanterna magica, sul finire degli anni sessanta del secolo, fu Joseph Bamforth, proprietario di una casa editrice nello Yorkshire. L’applicazione della fotografia allo spettacolo ottico nel corso dell’Ottocento determina la nascita di nuove forme spettacolari e, con l’enorme incremento delle possibilità di riproduzione dell’immagine che ne derivano, accresce a dismisura il repertorio degli spettacoli tradizionali.

Nell’Ottocento si assiste da una parte al perfezionamento tecnico dell’immagine proiettata, sia negli apparecchi, sia nei meccanismi di animazione, sempre più complicati ed efficaci. Nel contempo i repertori dei soggetti prodotti dai moltissimi laboratori di ottica specializzati si ampliano e si diversificano fino a coprire ogni ramo della scienza, dell’arte, della letteratura, mentre una ricchissima manualistica specifica supporta sia la pratica professionale sia quella amatoriale.

Scienziato e artista insieme, Reynaud, nel 1888 mette a punto il teatro ottico, vera e propria macchina da spettacolo, piuttosto complessa nella concezione e nel funzionamento, che consente di offrire ad un vasto pubblico proiezioni di alcuni minuti con immagini animate su fondali diversi. Dal 1892 al 1895 Reynaud presenta quotidianamente le sue Pantomime luminose al Musée Grevin di Parigi, con straordinario successo e afflusso di pubblico fino alla prima rappresentazione pubblica del Cinématographe Lumière, che segna l’inizio del loro inevitabile tramonto. Le Pantomime rappresentano il definitivo anello di congiunzione tra le ricerche sull’animazione dell’immagine compiute a partire dagli anni ’20 del secolo e la nascita del cinema vero e proprio. Ed è proprio la “realtà” delle immagini proposte dal cinema nascente che soppianterà in brevissimo tempo la poesia dei disegni animati.

Padova, Palazzo Angeli, sede del MUSEO DEL PRECINEMA

Nota: Si ringrazia nuovamente il MUSEO DEL PRECINEMA per la gentile concessione di notizie e informazioni relative alla storia della collezione di Palazzo Angeli

Ornella Cazzador

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