Le porte cinquecentesche di Padova

Abstract

Le fortificazioni di Padova volute dalla Serenissima e avviate nel 1513 da Bartolomeo D’Alviano, suo capitano generale, e in seguito aggiornate con nuovi bastioni da Francesco Maria della Rovere, consistevano in un complesso organico di difese (mura, acque, verde, cioè canali e fossati, mura, torrioni e bastioni), spianate con alcuni punti d’ingresso alla città costituito da porte con ponte levatoio, alcune affidate ai più importanti architetti dell’epoca.

Porta San Giovanni

Porta San Giovanni era una delle principali porte d’accesso delle mura cinquecentesche di Padova. Progettata dall’architetto Giovanni Maria Falconetto fu completata nel 1528. Durante le guerre napoleoniche la porta perse il fregio che la sovrastava e che rappresentava il Leone di San Marco, simbolo della Repubblica di Venezia.

Oggi che la sua funzione è solamente civica, è un manufatto bellissimo, collocato in una posizione centrale e allo stesso tempo “di incrocio”, è facilmente raggiungibile da fuori città e dal centro con uno spazio verde esterno e uno spazio interno fruibile, valorizzato da attività artistiche. Chiede solo di essere conosciuto e visitato!

Porta Savonarola

La porta, opera dell’architetto Giovanni Maria Falconetto, venne completata nel 1530, negli anni in cui il Falconetto operava alla costruzione dell’Odeo Cornaro, che la porta pare riprendere nella planimetrica interna dello spazio ottagonale, con le quattro nicchie semicircolari e la copertura a padiglione con otto spicchi.

Sulla facciata esterna, tripartita alla maniera degli archi di trionfo romani per via delle due entrate laterali simmetriche di cui una sola destinata ai pedoni, spiccano le quattro colonne chiare in pietra d’Istria sul fondo della muratura scura in trachite, mentre sulla facciata interna sono solo due le colonne bianche, quelle esterne. Medaglioni in pietra d’Istria raffiguranti divinità, anche all’interno oltre che all’esterno, scudi e stemmi in trachite, un guerriero raffigurante il dio Medoacus, il fiume della città, un grande leone marciano e un’iscrizione, all’interno, che ricorda il doge Andrea Gritti movimentano l’intero complesso e creano una particolare e simmetrica armonia.

La sua funzione militare è riscontrabile nella cannoniera del lato meridionale, nelle feritoie a livello del sottotetto, nel ponte levatoio in legno, demolito e ricostruito in laterizio, e nuovamente ricostruito in legno per essere alla fine sostituito da una passerella, sempre in legno. Una costruzione di particolare bellezza e suggestione che diventa non solo opera di difesa, ma anche punto d’ingresso della città.

Porta Santa Croce

Con la costruzione di Porta Santa Croce si passa, dopo gli ulteriori allargamenti delle mura cittadine (con Ezzelino, i Carraresi, i Veneziani dal 1405) a quelle definitive delle Veneziane, dopo la guerra contro la Lega di Cambrai. Questa porta ha una storia tutta sua: vi sono entrati i napoleonici del generale La Hoz il 28 aprile 1797, e il primo agosto 1866 il nuovo re d’Italia Vittorio Emanuele II (dopo la sconfitta dell’Austria ad opera della Prussia di Bismarck alleata dell’Italia, comunque ripagata dopo le sconfitte di Lissa e di Custoza), preceduto dalle truppe del generale Cialdini (come si legge nella lapide sulla porta che guarda verso il ponte a tre fornici sul canale Alicorno, oggi interrato, presso il bastione omonimo). Era una porta aperta al traffico verso Monselice-Este, verso il canale Battaglia, molto importante strategicamente e ancora oggi è transitabile a piedi nel suo interno con portoni che vengono chiusi di notte (alle pareti affreschi dei quattro santi protettori della città). Una nuova illuminazione mette in risalto le nicchie della facciata interna con un effetto di movimento molto evidente.

Porta Liviana (o di Pontecorvo)

È l’ultima delle porte veneziane (1544) al di là del Ponte Corvo (o curvo) ed è chiamata “Liviana” in onore dello storico padovano Tito Livio. Disegnata dall’architetto veronese Michele Sanmicheli, è una massiccia costruzione a pianta rettangolare a due piani con una cornice di pietra bianca sul sottotetto. Ai lati dell’arco sormontato da un timpano due scanalature alloggiavano le catene del ponte levatoio. Una scala a chiocciola sale a un ampio primo piano, illuminato da quattro finestre.

Il piazzale, oggi al centro di un crocevia piuttosto trafficato che dalla zona di Santa Giustina per via Sanmicheli porta all’ospedale, al Santo e a via Facciolati, in passato vedeva svariate manifestazioni ludiche e corse per cavalli.

Porta Ognissanti (o Porta Portello)

Porta Ognissanti (Omnium Sanctorum in latino), detta comunemente Porta Portello, è stata realizzata dalla  Serenissima nel 1519. Portello, significa piccolo porto, dove si restauravano le imbarcazioni che navigavano sulla Brenta. La porta, nella parte esterna alla città è in candida pietra d’Istria, con quattro coppie di colonne sormontate da un architrave abbellito da quattro palle di cannone in trachite, dall’altro lato sta il ponte a quattro arcate del XVIII secolo con due leoni scolpiti a guardia dell’ingresso. A dare armonia all’insieme alla sommità sta una piccola torre con orologio sormontata da un padiglione ottagonale in pietra di Nanto. Il suggestivo sottotetto, cui si accede da una ripida scala, è stato restaurato di recente e adibito a piccole mostre estemporanee. Un ripristino molto attento della piazza antistante ha regalato alla città uno spazio frequentato soprattutto dagli studenti dei vicini istituti universitari.

Porta Castelnuovo

Di questa porta, che doveva essere l’ingresso alla città dal lato dell’acqua nella zona che prevedeva la costruzione del Castelnuovo, fortezza mai realizzata, rimane soltanto la sagoma, con le due colonne e un architrave che regge il leone di San Marco, inglobata nel bastione detto Ognissanti o del Castelnuovo. Fu costruita nel 1519 e poi murata.

Vanno infine ricordate le due porte ora demolite: PORTA CODALUNGA e PORTA SARACINESCA.

Alessandro Cabianca

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