I Colli Euganei

Abstract

Passeggiare per i paesi che si affacciano sui Colli Euganei, Teolo, Vò, Boccon di Vò, Torreglia, Praglia, Luvigliano, alla scoperta di arte e storia delle ville, dei monasteri, delle abbazie.

Nel Parco regionale dei Colli Euganei

In questo nostro itinerario, ci muoviamo per lo più all’interno del Parco regionale dei Colli Euganei. Partiamo dal paese di Vò, ai piedi dei colli, in cui si trovano le frazioni di Vò Vecchio e di Boccon di Vò.
Saliamo quindi a Teolo, località di antica origine, e, arrivati al centro del paese, risaliamo le pendici del monte della Madonna di cui si può raggiungere la cima (km 3,7 da Teolo). Qui sorge l’eremo di S. Maria del Monte soggetto all’abbazia di Praglia.
Ridiscesi a Teolo, si prende a sinistra la strada che riporta in pianura e dopo pochi chilometri si svolta a destra e si raggiunge l’antichissima abbazia di Praglia (km 9 da Teolo). Chi desidera provare l’esperienza, può soggiornare per qualche giorno nella foresteria del monastero e così seguire da vicino la giornata dei monaci che vivono secondo la regola di San Benedetto.
Proseguiamo per Torreglia e, passando per la frazione di Luvigliano, possiamo ammirare la splendida villa dei Vescovi opera del Falconetto. A questo punto risaliamo le pendici del monte Rua fino a Torreglia Alta e di qui saliamo fino quasi alla sommità dove sorge un altro celebre eremo Camaldolese, fortunatamente raggiungibile solo a piedi, ancora oggi abitato dai frati di clausura.
Ridiscesi a Torreglia Alta prendiamo a sinistra la strada che costeggia le pendici dei colli fino a Castelnuovo, da qui, prendendo a destra riscendiamo a Teolo mentre a sinistra raggiungiamo il centro abitato di Vò chiudendo in questo modo il cerchio del nostro itinerario.

Colli Euganei 1977, Veduta dal Pirio (Foto A. Fiorito)

Le principali caratteristiche dei luoghi

Vediamo ora le principali caratteristiche dei luoghi che abbiamo citato

Vò euganeo

Il suo territorio è noto per i vigneti e la rinomata produzione di vini che culmina nell’annuale “Festa dell’uva”. Ad ovest il territorio è delimitato dalla sponda del canale Bisatto (costruito nel medioevo) principale via di trasporto delle merci tra Vicenza ed Este. Il nome “Vò” potrebbe forse derivare dal latino “Vadum” un antico porto fluviale dell’Adige, che scorreva nelle vicinanze. Nel medioevo, la famiglia dei “Da Vò”, che da questo luogo prese il nome, vi possedeva un castello.

Nel XVII secolo la famiglia Contarini, per conto della Serenissima Repubblica di Venezia, diede vita al centro abitato di Vò Vecchio, che fu sede del Comune fino al 1902, quando per ragioni logistiche fu trasferita a Vò centro in Cà Erizzo dove si trova tuttora. Il borgo di Vò vecchio risulta di grande interesse perché rappresenta un ottimo esempio di urbanistica legata a una villa veneta (Contarini poi Venier, oggi proprietà comunale).

Dal 1993 il Comune si chiama semplicemente Vò Euganeo.

Celebri di questo territorio, erano anche le cave di trachite che, grazie alla resistenza all’azione degli agenti atmosferici, fu usata nell’antichità per colonne e in epoca più recente per pavimentazioni e rivestimenti. Le cave sono state chiuse soltanto nei primi anni settanta del secolo scorso (quando purtroppo lo scempio ambientale era ormai irreversibile) grazie alla coraggiosa legge per la salvaguardia dei Colli Euganei n.1097 Romanato-Fracanzani.

Villa Sceriman

Antico complesso rurale immerso nei vigneti dei Colli Euganei già dal XII secolo per iniziativa della famiglia dei “Santa Sofia”. La potente e ricca famiglia Sceriman, di origine armena con possedimenti in Venezia, ne acquistò la proprietà nel 1740, destinando almeno 25 ettari di terreno alla viticoltura. Nel 1959, dopo una completa e sostanziale ristrutturazione, l’azienda si specializzò nella vinificazione e nell’imbottigliamento dei vini. Attualmente nelle ex scuderie della villa, è ospitata l’enoteca, dove si possono degustare vini e altri prodotti tipici dei Colli Euganei.

Villa Venier

Imponente esempio di residenza veneziana a pianta quadrata innalzata su tre piani. Nel XIX secolo fu costruito un corpo aggettante con scala monumentale che metteva in comunicazione i vari piani. I Contarini ne conservarono la proprietà fino al 1846 quando fu ereditata dai Venier che l’abitarono fino al 1921.
Passata per un breve periodo alla famiglia Emo Capodilista, fu successivamente frazionata e rivenduta separatamente.
Come ricorda una lapide, nei terribili anni della seconda guerra mondiale, fu destinata al concentramento di molti prigionieri ebrei padovani in attesa del trasferimento ai campi di sterminio.
Negli anni 50 divenne proprietà comunale ed è attualmente visitabile solo l’esterno.

Teolo

Fu abitato fin dall’antichità per la sua strategica posizione tra monte Venda (m. 601) e monte della Madonna (m. 526). Tale posizione permetteva di dominare la pianura. Infatti, secondo il parere di alcuni studiosi, nel Paleolitico, gli Euganei (antichi abitanti progenitori dei padovani), stazionarono proprio alle pendici del monte della Madonna durante tutta l’età del bronzo. Successivamente, tra il IX-X secolo a.c., vi si insediarono i Veneti, provenienti dall’Asia Minore (secondo la leggenda, via mare, dopo la caduta di Troia, città con la quale erano stati alleati), che si fusero, pare abbastanza pacificamente, con gli Euganei dando nuovo impulso al commercio con i Greci.

Teolo, veduta con Chiesa di Santa Giustina

Il toponimo Teolo ha forse origine dal latino “Titulus” una lapide che segnava i confini tra Patavini e Atestini. Secondo la leggenda qui sarebbe nato il grande storico e letterato romano Tito Livio.

Una delle più celebri bellezze ambientali dei Colli Euganei è il monte della Madonna, ripartito tra i territori di Teolo e Rovolon, meta di facili e amene passeggiate sulla cui sommità sorge l’eremo di S. Maria del Monte. Ai piedi dei colli, sempre in comune di Teolo, tra i più significativi monumenti di storia, arte e fede, sorge la celebre abbazia benedettina di Praglia.

Eremo S. Maria del Monte

Posto sulla cima del Monte  della Madonna, fin dai tempi più antichi è stato luogo di ritiro spirituale. Il primo documento che attesta l’esistenza della chiesa, risale al 1253. Con la bolla del 15 giugno 1508, papa Giulio II affidò la chiesa ai monaci Benedettini di Praglia mentre la custodia e manutenzione fu assicurata dalla confraternita della Madonna fino al sopraggiungere della soppressione Napoleonica. Il santuario conserva parte delle strutture trecentesche della chiesa conventuale più volte restaurate nel secolo scorso mentre l’attuale monastero risale agli anni 60-70. L’attiguo piazzale è stato dedicato agli Alpini con un monumento bronzeo di Adolfo Rollo (1941) in cui domina la Vergine su quattro candidi massi del Grappa.

Abbazia benedettina di Praglia

Sorge ai piedi dei Colli Euganei, la sua fondazione risale ai secoli XI e XII, immersa nel verde, è uno dei gioielli medievali dell’opera di bonifica agricola benedettina. Eretta a feudo dall’imperatore Federico II nel secolo XIII, venne infine aggregata al monastero di S. Giustina di Padova. Soppressa anch’essa nel 1810 dagli editti napoleonici, ritornò ai monaci nel 1834. Dopo ulteriori scioglimenti e traversie varie, tornò al suo antico splendore soltanto nel 1904 quando furono recuperati molti dei suoi beni che erano stati messi all’asta. Oggi è sede di una preziosa biblioteca e di un celebre centro per il restauro del libro.

Abbazia di Praglia (Foto A. Fiorito)

Il complesso architettonico è costituito dalla chiesa (dedicata alla beata Vergine Maria Assunta), ricostruita alla fine del 500 su disegno dell’architetto Tullio Lombardo, e dall’attiguo monastero. La basilica abbaziale, sopraelevata rispetto al piano stradale, è raggiungibile tramite un’ampia scalinata. L’interno è a tre navate, con esili pilastri che sorreggono la volta a botte e dieci cappelle laterali. Il catino absidale, realizzato intorno al 1530, fu affrescato da Domenico Campagnola (Ascensione di Cristo con putti che recano i simboli della passione). Gli affreschi della cupola sono invece opera di Giovanni Battista Zelotti e rappresentano la Glorificazione del sacrificio di Cristo; sul tamburo, alternati alle finestre, sono rappresentati quattro episodi della vita di Gesù: Natività, Circoncisione, Gesù tra i dottori, Nozze di Cana. Nei pennacchi sono raffigurati i quattro evangelisti affiancati da Padri della Chiesa. Le pale d’altare delle cappelle laterali sono opera di artisti veneti quali lo Zelotti, Dario e Alessandro Varotari, Antonio Badile, Domenico Campagnola e Luca Longhi. È presente una Croce su tavola di scuola giottesca risalente ai primi del quattrocento e dipinta su entrambi i lati. Il monastero si compone di numerosi chiostri, il più bello dei quali è il chiostro pensile, anch’esso attribuito a Tullio Lombardo. Poggiato su quattro pilastri, raccoglie l’acqua piovana che convoglia nella sottostante cisterna ad alimentare il pozzo centrale. Attorno al chiostro si trovano i locali principali della vita quotidiana dei monaci: la chiesa, il refettorio, la biblioteca, il capitolo e la clausura. Un altro chiostro, impostato su due piani, è destinato al dormitorio, mentre il chiostro d’ingresso all’abbazia (detto botanico) è destinato alla coltivazione delle piante officinali. In esso colonne di marmo rosso e pietra bianca alternate, sono sormontate da capitelli ornati da foglia d’acanto.

Abbazia di Praglia, la sala di lettura della biblioteca (Foto A. Fiorito)

L’antica Biblioteca è un’ampia sala elegantemente decorata dallo Zelotti con grandi tele, racchiuse in pregiate cornici lignee, che rappresentano il Trionfo della fede. Il refettorio monumentale è preceduto da due grandi lavabi degli inizi del XVI secolo in pietra d’Istria intarsiata con marmi policromi e da un portale di accesso contornato da un fregio in arenaria anch’esso attribuito al Lombardo. Campeggia sulla parete di fondo della grande sala il Crocefisso del vicentino Bartolomeo Montagna. Spicca infine anche il pulpito destinato alle letture bibliche durante i pasti consumati in silenzio. La sala del capitolo fu realizzata intorno alla fine del 500 e conserva una Deposizione di Cristo, opera di Girolamo Tessari.

La foresteria dell’abbazia ospita chiunque intenda trascorrere un periodo di preghiera e di ritiro, condividendo anche la vita quotidiana dei monaci partecipando al ritmo della giornata, fatto di preghiera, lavoro, studio e silenzio.

Abbazia di Praglia, il Refettorio

Torreglia

La tradizione fa derivare il nome di Torreglia da “Taurilia” la lotta dei tori che Antenore avrebbe allestito per ringraziare gli dei della sorte propizia. In realtà è probabile che il toponimo derivi da “Turrilia” ovvero luogo delle molte fortificazioni erette nel periodo medievale. Tuttavia i primi segni della presenza umana nella zona risalgono già all’epoca romana, testimoniati dal ritrovamento di elementi di un antico acquedotto.

In epoca medioevale lo sviluppo del territorio fu garantito dagli insediamenti monastici, mentre in età veneziana si diffusero numerose e splendide ville, tra cui la celebre Villa dei Vescovi nella frazione di Luvigliano, non lontano da Praglia. Da citare anche villa Ferri (con un tempietto in stile canoviano), villa Tolomei (con un ampio parco disegnato dallo Jappelli), e villa Verson già dimora dell’abate Barbieri (letterato e poeta), che celebrò coi suoi versi questi luoghi (“Veglie Tauriliane”). Il centro più antico, detto “Torreglia Alta” si trova in collina (132 m) lungo le pendici del Monte Rua, alla cui sommità si trova un eremo Camandolese.

Il moderno centro si è invece sviluppato in pianura (Torreglia Bassa) a partire dal secondo dopoguerra grazie anche alla vicinanza dei centri termali. Dai vigneti coltivati lungo i versanti si ottiene un ottimo vino certificato dal marchio “Colli Euganei DOC”.

Eremo del Monte Rua

L’eremo di clausura di S. Maria Annunziata è sorto nel 1334 ad opera di eremiti camandolesi. Riedificato nel sec. XVI il piccolo eremo crebbe fino a divenire un centro spirituale noto in tutto il Veneto. Soppresso in epoca napoleonica fu riaperto nel 1863 ed è ancor oggi abitato da un’esigua comunità di frati che vivono in clausura secondo la regola di San Romualdo. L’eremo si compone di una chiesetta attorniata da una dozzina di celle a forma di casette. Ogni cella è costituita da una cameretta per il riposo, uno studiolo, una cappella con altare, un bagno e una legnaia. All’esterno ogni cella è attorniata da un piccolo orto recintato da un muro. È possibile percorrere una suggestiva passeggiata seguendo il perimetro delle mura (circa un chilometro e mezzo) che cingono l’eremo. La chiesetta (del 1542) conserva ancora delle pitture murali del XVII secolo.

Purtroppo la visita è possibile solo per i maschi che desiderino contemplare la serenità del luogo.

L’Eremo del Monte Rua

Luvigliano

Trae probabilmente il nome dallo storico latino Tito Livio che qui, pare possedesse un podere. A inizio novecento invece, vi soggiornava spesso, nella villa vicino alla chiesa, il musicista Cesare Pollini rendendo il luogo incontro di artisti e letterati. Ma la celebrità del borgo deriva soprattutto dalla presenza della storica Villa dei Vescovi opera del Falconetto.

Villa dei Vescovi

Fu costruita nel 500 come luogo di ritiro dei vescovi di Padova. Iniziata nel 1474 su progetto di Bartolomeo Bon,  fu ripresa nel 1532 sui disegni dell’architetto Giovanni Maria Falconetto per il vescovo Francesco Pisani, mentre Alvise Cornaro, amministratore per conto del vescovado, ne sovraintese la costruzione. Nel 1561 i lavori passarono al padovano Andrea Dalla Valle che ne completò la costruzione secondo il gusto classico romano. La struttura compatta, a pianta quadrata senza parti sporgenti, è alleggerita appena da una loggia a lesene doriche che ne percorre i fronti e dall’elegante ingresso a semicolonne ioniche che immette nel cortile. Le stanze interne sono ornate da affreschi cinquecenteschi, con scene a soggetto mitologico, attribuiti al fiammingo Lambert Sustris.

Villa Vescovi (Foto A. Fiorito)

Fonti e testi di riferimento

Anita Didonè, Marta Peretto, Emanuele Cenghiaro,
Collana Elementi editi dal Centro Servizio per il Volontariato della Provincia di Padova

Alessandro Cecchinato

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