La casa degli specchi a Padova

Abstract

In via del Vescovado si trova un palazzo che nella facciata presenta elementi decorativi che destano curiosità e che ne determinano la definizione di Casa degli specchi. Solo sulle facciate di alcuni palazzi che si affacciano sul Canal Grande a Venezia si ritrova analoga forma decorativa e uno di questi, Ca’ Dario, ha fama sinistra. Non così per la Casa degli specchi, anche se leggende e misteri la circondano, di certo frutto della fantasia di buontemponi.

Introduzione

La Casa degli specchi, come intimo atletico corpo, emerge, luminosa tra palazzi che la fiancheggiano quasi come a proteggerla.
È abitata, eppure sembra abbandonata, è come implorasse un respiro e un pensiero che la racconti.
Di essa, fino a qui, poco si è detto e poca attenzione ha ricevuto.
Un’entità che brilla, come quando svoltato l’angolo, appare la luna piena, improvvisa.
Bisogna tenere vivo l’incanto, guardare all’insù, camminare su fili ad alta quota,
per vedere spettri di alberi, forse angeli custodi o animali invisibili
che con musi e zampe, si affacciano.
Nessun rumore dovrebbe provenire dagli astanti
anche se là fuori, rumoreggiante, è il passaggio di gente che non la vede, non la guarda, è indifferente.
Strana tecnologia mostra, sprigiona energia e segreti.
Rivelazione di quell’enigma di tondi e specchi che solo per sguardi viene a noi.
Intimità di visione che colpisce gli astanti uno per uno, come fosse uno.
E solo allora appare ammagliante incantatrice, ispiratrice di visioni.

Questa mia personale introduzione, vuole richiamare l’attenzione sull’originale, imponente facciata della Casa degli Specchi che si trova a Padova al numero 79 di via del Vescovado. Non lontana dal centro storico, ove imperano le tre  meravigliose piazze di Padova: della Frutta, delle Erbe e dei Signori ricche di monumenti che le valorizzano e le rendono uniche in Italia.

Da Piazza dei Signori alla Casa degli specchi

Padova, Piazza dei Signori, Torre dell’Orologio (Foto A. Fiorito)

Da piazza dei Signori o della Signoria, uno degli spazi più suggestivi e vitali di Padova, lo sguardo inevitabilmente cade sulla bellissima Torre dell’orologio astronomico, sorta nella prima metà del XIV secolo come porta orientale della reggia Carrarese. Solo successivamente sopraelevata e adornata in stile gotico. È d’uopo osservare l’artificiosissimo orologio, il quale come scrive Angelo Portinari nel 1623 parlando della felicità di Padova: ” oltre il battere, il mostrar dell’hora, mostra il giorno del mese, il corso del sole nelli dodici segni dello zodiaco, li giorni della luna, gli aspetti d’essa col sole, e il suo crescere, e scemare.” Fu inventore di questa opera meravigliosa Giovanni Dondi, nobile Padovano medico e astrologo celebratissimo, la cui famiglia poi per questo meraviglioso orologio cominciò ad essere chiamata “orologia.”

Padovana di nascita, mi fermo sempre ad osservare quel bellissimo occhio azzurro sopra l’arco trionfale per necessità ed anche perché mi rallegra: guardo l’ora, calcolo quanto tempo ho girovagato per le piazze e quanto tempo ho ancora a disposizione, prima di continuare il mio quasi giornaliero itinerario. Mi piace ricordare che l’arco di trionfo fu addossato alla torre con lo scopo di monumentalizzare la piazza, all’epoca utilizzata per solenni cerimonie civiche, per tornei e per l’accesso alla corte del Capitanio.

Una costruzione del tutto nuova nel Veneto del tempo. Il basamento e la trabeazione con la iscrizione a memoria del Senato Veneto e del Doge Andrea Gritti, ” dialogano ” con le due vittorie alate, con il mascherone sulla chiave dell’arco e il leone marciano.  Sulla trabeazione poggiano due statue raffiguranti due armati all’antica, che reggono le armi di Andrea Gritti. Una leggenda dice che il segno zodiacale mancante sia nascosto in un altro punto della piazza, alcuni ne sono convinti e vedono le braccia della bilancia un po’ ovunque.

Girando a sinistra rispetto all’orologio, brevissimamente si raggiunge piazza Duomo, ove lo sguardo impatta sulla imponente mole della facciata grezza della chiesa di origine medievale, ricostruita nel 1552, e sul battistero a pianta quadrata. Costruzione romanica del sec. XIII, ricoperto all’interno con un ciclo di affreschi di Giusto de’ Menabuoi; in tutto si tratta di un centinaio di scene della Genesi, dell’Apocalisse e di San Giovanni Battista. Di Giusto è pure il polittico dell’altare.

Padova, Duomo e Battistero (Foto A. Fiorito)

L’interno del Duomo e del Battistero richiedono una visita particolare e attenta che al momento esula dal nostro desiderio che aspira ad arrivare alla meta poco lontana. Infatti procedendo lungo il palazzo vescovile per via Vandelli e girando a destra, si entra nella lunga e stretta via Vescovado che al tempo si chiamava contrada di San Giovanni delle Navi, ricca di meravigliosi palazzi. Alla metà circa della via, ecco apparire sulla sinistra l’originale facciata della casa degli specchi.

L’arte e l’uomo

Padova, Prato della Valle, Statua di Tito Livio (Foto M. Celio)

Mi piace anticipare per quanto riguarda quest’ultima e prima della descrizione che mi auguro sia di gradimento ad ogni lettore, una coscienziosa generica valutazione.
L’arte appare inseparabile dall’uomo ed in continua evoluzione adattandosi ai diversi periodi storici.
Il pittore, lo scultore, l’architetto tutti legati ad un’attività manuale diventano nel rinascimento degli intellettuali e soprattutto l’arte è frutto della ragione e del pensiero. Nasce, in tale periodo, una nuova coscienza del proprio operare che viene indirizzata ad una sempre più approfondita indagine della natura e del reale.
La natura come soggetto dell’arte e la ragione come strumento per indagarla, costituiscono i due poli attorno ai quali si concentra l’attenzione dell’artista rinascimentale che troverà nella prospettiva e nel disegno progettuale l’elaborazione dell’idea.
All’inizio del secolo XV, Padova era caduta in mano ai Veneziani, essa aveva già raggiunto una ben chiara sistemazione urbanistica, meglio un ben preciso volto urbanistico, abbastanza compatto nella sua sistemazione generale.
In questo contesto, il singolare  proprietario del terreno su cui è stata poi edificata  nel 1501 la Casa degli specchi, certo Annibale Maggi da Bassano, chiese un apporto decorativo innovatore    e quindi una struttura architettonica “esterna” e “nuova” rispetto alla tradizione della borghesia padovana, insomma un inserimento di gusto diverso dal tradizionale, dirompente e che nulla potesse togliere alla struttura figurativa della città; un primo passo contro una situazione di persistente tradizione medievale.
Occupa infatti un posto di notevole interesse la facciata della casa degli specchi, che si trova arretrata rispetto al profilo stradale, provocando così una cesura nella continuità dei portici; ciò comporta un isolamento del blocco edilizio. I due avancorpi (uno solo è esistente) dovevano forse servire di sutura tra la nuova casa e quelle contigue, ma invece si è realizzato un fatto a sé stante, indipendente e se vogliamo in contrasto con il tessuto urbano; frutto di una indubbia sensibilità personale del committente, ma non certo in armonia con l’edificio trecentesco che si trova tuttora alla sua sinistra.
Il singolare committente Annibale Maggi, quale appassionato stimatore del grande storico Tito Livio, nato a Padova nel 59 a. C. e morto nel 17 d. C., autore di una monumentale Storia di Roma composta di ben 142 libri, oggi in gran parte perduti, cercò di far inserire nel suo albero genealogico il nominativo dell’illustre Tito Livio, sostenendo di essere un suo discendente.
Chiamò il figlio Tito Livio e la sua splendida dimora Casa di Tito Livio, assumendo che nel punto esatto ove oggi si trova il Palazzo sorgesse l’abitazione dell’insigne antenato.
Mi preme riportare, in onore di Livio, due riflessioni che suggerì ai suoi lettori.
La prima è che se i secoli avevano mitizzato la nascita e la crescita della nazione, non era un male. Innanzi che si edificasse Roma, si raccontano cose più adorne di favole poetiche che di schiette e pure memorie di cose fatte, mescolando le cose umane con le divine e proclamando così i principi della città più sacri e venerabili.
La seconda riflessione è che la storia deve essere “magistra vitae” e quindi che ciascuno per se medesimo intensamente drizzasse l’animo considerando che vita, che costumi fossero i loro (quelli dei Romani) e mediante quali uomini, e quali arti, in casa e fuori, sia stato acquistato ed accresciuto si grande imperio.
Tutti i libri di Livio sono colmi di discorsi celebri e didattici, fu applaudito dalla maggioranza dei contemporanei e divenne, come si direbbe oggi, una “star” della cultura e della romanità e attrasse a Roma molti intellettuali stranieri. Di Lui scrisse l’oratore e maestro di retorica Quintaliano: “…nella  narrazione mirabilmente dilettoso e di chiarissimo candore e nelle concioni oltre quanto dir si possa eloquente”.
Da qui forse il “desiderio” di presunta parentela del committente che però non riuscì a mantenere il nome di ” Casa di Livio” in aggiunta a “Casa degli specchi”

Padova, Via del Vescovado, La Casa degli specchi

La Casa degli specchi

Tra il talento inventivo del proprietario e l’originale capacità espressiva nel campo estetico del costruttore-architetto Annibale da Bassano, vennero realizzati limitatamente alla facciata elementi rinascimentali e strutturali la cui tipologia specifica, non conoscendo i motivi che indussero a certe scelte, non consente di qualificarli come veri e propri elementi originali. Sicuramente “novità ” che riguardano l’insieme di elementi decorativi in contrasto con il tessuto urbanistico e quindi, mi ripeto, esempio di quei nuovi valori che caratterizzavano le costruzioni del secolo.

Dal punto di vista formale la facciata accentua elementi geometrici, una sorta di bugnato liscio, realizzato in schemi diversi, alla base, al pianterreno e al primo piano. La decorazione si attenua nella incorniciatura delle varie finestre, ove l’apporto scultoreo ha perduto buona parte del suo valore per lo scardinamento della pietra tenera. Esse si trovano in equilibrio armonico con l’imponente trifora centrale sopra il portone d’ingresso i cui finestroni sono divisi da colonnine con capitelli rinascimentali di indirizzo lombardese, su progetto proprio dell’architetto Annibale Maggi.
Sopra la trifora, illumina la facciata un lunettone ad arco a tutto sesto con al centro un rosone chiaroscurale che richiama i numerosi, più piccoli, tondi marmorei sparsi ovunque; ne ho contati ben 17(numero che richiama la cabala!). Le numerose soluzioni di decori, trovano la loro validità in quanto, pur non essendo strutture scultoree, limitano la spazialità.
Infatti la facciata è certamente caratterizzata da un equilibratissimo senso di rapporti spaziali, di elementi vari che piacciono anche se tuttavia osiamo dire, che forse in parte, appesantiscono e abbassano il tono della stessa.

Casa degli specchi, particolare della trifora

Si può pensare che nella scelta e nello spreco il nostro privato committente fosse probabilmente spinto dalla volontà di auto celebrare la sua discendenza.
Si può anche dire che tale ricchezza di decori, fregi, ornamenti e tondi grandi e piccoli alla base delle finestre, che ricordano l’O di Giotto, ben lontani dal richiamo dei tondi dipinti da Michelangelo; diffusi in tutta la facciata, costituiscono un unico motivo architettonico che crea un particolare effetto scenografico.
La finestra laterale sul lato sinistro dell’avancorpo richiama quelle della parete centrale in un perfetto rapporto spaziale anche se la soluzione più che significato scultoreo decorativo, si presenta come lessico di uno spazio architettonico.
Collegandosi alla definizione di specchi in luogo di tondi, chiamati così a causa della rifrazione provocata dai luminosi raggi del sole sui tondi marmorei policromi (marmo rosso, verde, grigio), il fabbricato prese il nome appunto di Casa degli specchi.
Seguirono varie libere interpretazioni che si sparsero molto in fretta, attribuibili a quella particolare chiaroveggenza che le persone hanno in queste circostanze.
Nessuno li chiamò elementi decorativi ornamentali o specchi artistici con funzione apotropaica (dal termine greco allontanare) che serve ad allontanare un’influenza magica, maligna, ovvero a scacciare il malocchio e gli influssi negativi dalle abitazioni. Istinto antico che affonda le proprie radici nella superstizione, funzione già attribuita alle antiche maschere o mascheroni che tuttora sono visibili in vari palazzi di molte città e ancora vendute nel nostro meridione, seppur forgiate con sembianze artisticamente più piacevoli.

Casa degli specchi, particolare del lato sinistro

La leggenda racconta che sui vetri si intravedevano riflessi dei volti mostruosi o passare strane presenze tra cui il fantasma di un’anziana scarmigliata e di una bambina con la bocca cucita.
Ed ancora la paurosa presenza di una ragazza che si trovava penzoloni al secondo piano, in procinto di lanciarsi nel vuoto, in mezzo alla strada.

Talvolta gli esseri umani cercano oralmente o visivamente forme di spirito che si animano, uniscono la gioia ed il dolore del poetare, le loro ombre immaginarie si fanno lunghe al loro fianco e popolano la loro fantasia bisognosa di sogni. Non è dato sapere se per l’influenza della leggenda o perché i tondi marmorei siano stati considerati nei tempi dei veri e propri amuleti, la predetta casa medievale a sinistra è rimasta non solo disabitata, oggi richiederebbe una ristrutturazione globale, ma risulta almeno apparentemente, senza proprietari viventi. Racchiude misteri o malocchi la Casa degli specchi di via Vescovado 79?

Attualmente occupata da più proprietari, non è visitabile all’interno, costituito da un lungo androne tappezzato da reperti archeologici, appesi lungo le pareti che dal portone d’ingresso arrivano fino ad un’ampia vetrata, la quale si apre sul cortile-giardinetto.

Il fatto che quasi costantemente tutte le finestre della facciata comprese quelle dell’avancorpo, siano chiuse, provoca un senso di assenza di vitalità che può sprigionare la fantasia di ciascuno, che tuttavia non ci può che condurre a pensieri senza paura.

Mara Cinefra

Altri particolari dell’edificio

(Le foto della Casa degli specchi sono di Antonio Fiorito)

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