L’Abbazia di Sant’Agostino a Vicenza

Vicenza sorprende per Padova sorprende

Sorta nel 1322 e posta nelle vicinanze del fiume Retrone in direzione ovest, in una zona ancora non del tutto urbanizzata, un tempo piuttosto paludosa e interessata da esondazioni del corso d’acqua che l’attraversa, l’abbazia di sant’Agostino dista pochi chilometri da Vicenza e dai colli Berici che le fanno da sfondo. Purtroppo attualmente è sacrificata dalla vicinanza dell’autostrada A4 che in qualche modo la svilisce. (Foto 01)

Intitolazione

La chiesa prese il titolo di sant’Agostino, e quindi poi anche l’abbazia, fin dal 1322 all’atto della sua costruzione poiché Giacomo di ser Cado del borgo di S. Felice, a cui il vescovo del momento, Sperandio, aveva assegnato quel luogo paludoso dove sorgeva probabilmente un sacello, si era fatto monaco di quell’ordine, divenendo anche il primo priore della comunità che si era formata e che attese alla costruzione della nuova chiesa e di un convento. Il titolo rimarrà per tutti i secoli successivi.

Cenni Storici

Molti studiosi convengono nell’asserire che un edificio di culto dedicato a s. Desiderio abbia preceduto l’attuale chiesa già dall’ottavo secolo, ma non vi è unanimità nel collocare tale costruzione per la mancanza di tracce sicure a cui potersi riferire per stabilirne l’ubicazione: secondo alcuni, e tra essi il Mantese, un illustre studioso della storia della Chiesa vicentina, tale edificio era situato dove ora sorge l’attuale basilica, anche se lo stesso Mantese più avanti riporta due documenti del 1319 e del 1327 i quali dicono che la chiesa di sant’Agostino è posta “vicino a s. Desiderio” l’uno, “prossima a s. Desiderio” l’altro, con ciò mettendo in dubbio che i due edifici coincidessero;  secondo altri sorgeva in un altro sito più ad ovest, come si potrebbe dedurre da quanto scrive lo storico Maccà autore di una Storia del Territorio Vicentino nei primi dell’Ottocento riportando il parere del padre Francesco Barbarano De’ Mironi vissuto nel Cinquecento: “…Eravene qui un’altra intitolata s. Desiderio, di cui parla il P. Barbarano nella sua Storia Ecclesiastica di Vicenza (libro V, pag. 369 cap. 75), la quale andò in rovina; e quantunque ne dica lo stesso P. Barbarano, che ai suoi tempi se ne vedeva qualche vestigio, presentemente neppur si sa dove si trovasse. Da un documento del 1187 parte di cui apporterò tra poco,  veniamo in cognizione, ch’era situata ai piedi del monte Valmarana. Arrecherò qui ciò, che di essa scrive il medesimo P. Barbarano: ‘nel Borgo dei SS. Martiri Felice, e Fortunato, verso il castello di Valmarana fu già una Chiesa, dedicata in onore di s. Desiderio, la quale da’ Canonici, de’ quali era, nell’anno 1180 (Deve dire 1188 v. Castellini T. 7. Pag. 26)  fu data con le possessioni ad essa pertinenti ad Ottone di Cristiana, con l’obbligo di pagare all’Altare della B.V. del Duomo il giorno di S. Gio. Evangelista di Natale venti soldi Veronesi con potestà di crear’il Priore…’”. In quegli anni quindi la chiesa di s. Desiderio era posta sotto la giurisdizione del  Capitolo della Cattedrale di Vicenza che qualche anno dopo la concesse come investitura, insieme alle terre ad essa collegate, in buona parte ancora da bonificare e da dissodare, ad una congregazione di laici. La comunità, riconosciuta anche dal vescovo, doveva bonificare le terre, dividere i raccolti tra tutti componenti, recarsi frequentemente a pregare nella chiesetta, dove gli atti di culto erano officiati dal parroco di Valmarana, ma dal 1216 la confraternita riuscì a nominare un proprio sacerdote assumendosi l’onere di mantenerlo. Tra le altre incombenze la confraternita doveva curarsi dei pellegrini di passaggio: allo scopo, e per  gli abitanti del borgo, fu creato un ospedale. Gli appartenenti alla comunità non dovevano possedere beni individuali, ma tutto doveva essere in comune, perfino gli attrezzi per il lavoro nei campi; a capo della comunità vi era un priore con ampi poteri. Nel 1236, qualche anno dopo che era venuto a mancare l’ultimo dei priori generalmente conosciuto con il soprannome di Regle, forse il più incisivo tra i priori che si succedettero nel monastero di s. Desiderio, fu posto fine alla vita comunitaria di quel gruppo e il Capitolo della cattedrale decise di assegnare s. Desiderio al monastero di s. Bartolomeo di Vicenza che rispondeva all’ordine di s. Marco di Mantova. Alcuni monaci dell’ordine di s. Marco soltanto rimasero presso il monastero di s. Desiderio che era in pessime condizioni, tanto che poco più avanti il priore di s. Bartolomeo decise di rinunciare a questo impegno proponendo di affidare il complesso alle cure di laici. (Foto 04)

1322 – 1357 Costruzione dell’attuale Basilica

Nel 1319 Giacomo di ser Cado del borgo di S. Felice decise di abbracciare la Regola di sant’Agostino; il vescovo Sperandio lo benedisse e gli assegnò un luogo dove probabilmente sorgeva già una chiesetta che Giacomo si impegnò di ristrutturare e di dotarla di un convento. L’esempio di Giacomo di Cado evidentemente ebbe seguito se, in un arco di tempo che va dal 1322 al 1357, fu costruita l’attuale basilica intitolata a sant’Agostino al cui ordine apparteneva Giacomo che ne divenne il primo priore. Per la realizzazione dell’opera concorsero molti benefattori, tra essi la città di Vicenza, la città di Verona e gli stessi signori Della Scala. Sull’architrave della porta d’entrata a ricordo è scolpita questa scritta in latino: “MCCCXXII IND. V INCEPTUM FUIT HOC OPUS ET EXPLETUM FUIT MCCCLVII IND. X EXISTENTE PRIORE RELIGIOSO VIRO FRATRE THOMEO DE VICENCIA…” La scritta continua menzionando la posa delle fondamenta, la dedica a sant’Agostino e il contributo dato per la realizzazione da parte delle città di Vicenza, Verona e di Cangrande I Della Scala signore della città scaligera al momento dell’inizio dei lavori che terminarono al tempo di Cangrande II.  Nei primi anni del 1400 chiesa e convento furono assegnati ai Canonici Veneziani di S. Giorgio in Alga, una congregazione dell’ordine di sant’Agostino che non sempre seguiva le regole canoniche della Chiesa, ma ben vista dalla popolazione tanto che l’abbazia assunse anche la funzione di cura delle anime, ma verso la fine del secolo la congregazione si trasferì a s. Rocco e  a sant’Agostino rimase un rettore. Nel 1668 l’ordine di s. Giorgio in Alga fu soppresso; seguì un periodo piuttosto turbolento con continue diatribe con l’abbazia di s. Felice da cui  sant’Agostino venne a dipendere. Una iscrizione fatta scolpire da Domenico Bortolan, un religioso molto erudito di fine Ottocento e inizi Novecento, così sintetizza la storia dell’abbazia: “Sacello presso il guado del Retrone dedicato nell’VIII secolo a San Desiderio, concesso dal Capitolo della cattedrale nel 1118 ad Eremiti, ampliato in onore di sant’Agostino da frà Giacomo di Vicenza nel 1322 e decorato nel 1357 – dato in commenda a Gabriele Condulmiero  poi papa Eugenio IV – sede del Beato Lorenzo Giustiniani e dei Canonici di San Giorgio in Alga fino al 1667 – passato per pubblici incanti nella nob. Famiglia Pasta – sempre aperto al culto a beneficio della contrada – restaurato nel principio del XX secolo”. Verso la fine dell’Ottocento la chiesa era in rovina ed il comune di Vicenza non si fece carico del su  recupero. Per fortuna subentrarono privati cittadini che si presero l’onere della ristrutturazione rifacendosi il più possibile alle forme originali. Negli anni venti del XX secolo dopo avere ripreso una sua autonomia rispetto a s. Felice, divenne dapprima curazia e poi parrocchia, con la costruzione della canonica dove prima era la struttura conventuale. (Foto 08)

La Basilica

L’edificio che ora si presenta alla vista del visitatore dovrebbe risalire al XIV secolo; poche  tracce sembrano fare riferimento ad un edificio preesistente che, come abbiamo visto, alcuni individuano nella cappella di s. Desiderio, altri in una non ben identificato sacello forse dedicato a s. Domenico, poi demolito ed in piccola parte incorporato. La chiesa si presenta con un’unica navata triabsidata, della lunghezza di venticinque metri e mezzo e della larghezza di tredici. La facciata, tripartita mediante lesene, presenta nella parte centrale il prezioso portale, un rosone ed una nicchia, mentre le parti laterali presentano una nicchia ciascuna poste un po’ più in basso rispetto alla nicchia del settore centrale. La facciata termina con un timpano aperto sotto il cui frontone si svolge una teoria di archetti. Lesene ritmano anche le murature laterali, interessate da finestre terminanti ad arco ribassato, mentre in alto riprende la teoria di archetti che abbiamo visto scorrere sotto il frontone della facciata. Esternamente le tre absidi presentano delle ampie finestre arcuate e più in alto un occhio ciascuna. Sia la facciata che le absidi nella parte inferiore per alcuni metri  poggiano su blocchi di pietra dei Berici, mentre la parte superiore è quasi tutta di mattoni. Il tetto è a capanna. Dello stesso periodo della basilica è il campanile a pianta quadrangolare che strutturalmente, per la presenza delle lesene che lo innervano e della doppia teoria di archetti posta l’una a circa un terzo dell’altezza e l’altra a chiusura delle murature sotto il tetto, si richiama alla fabbrica della chiesa. La cella campanaria è interessata da quattro bifore, una per ogni lato. Sulla parete sud della chiesa  è addossata la prima parte del chiostro moderno che poi ad est prende ad angolo retto appoggiandosi alla parte del complesso monastico ricostruito recentemente. La grande navata, interessata alle pareti da affreschi che si presentano ancora in buono stato nelle parti conservate, è ricoperta da un tetto a capriate e termina a est con tre grandi archi  a sesto acuto che danno acceso alle tre absidi pure in parte affrescate ricoperte con volte a crociera anch’esse affrescate. Nel corso del XX secolo si svolsero a più riprese i restauri definitivi che riguardarono anche i pregevoli affreschi scoperti rimuovendo lo strato di intonaco che li ricopriva. (Foto 09)

Le opere d’arte: gli affreschi

Parlando di opere d’arte presenti nella basilica di sant’Agostino non si può non iniziare dai magnifici affreschi che ne ornano porzioni delle pareti, alcune parti delle absidi comprese le volte a crociera sopra di essi e i due pilastri che sorreggono i volti divisori tra la navata e le absidi stessi. Non è stato possibile recuperare tutti i dipinti nella loro interezza, nel loro splendore originale, nella loro coloritura: alcuni non sono completi perché l’intonaco che li sorreggeva in alcuni settori si è staccato; in alcune parti si notano a malapena dei segni con delle coloriture molto sbiadite, quasi illeggibili, dove evidentemente esistevano altri affreschi. Comunque quelli che sono rimasti danno l’idea  della ricchezza iconografica e della magnificenza pittorica con cui doveva presentarsi l’interno della chiesa. Questi dipinti, collocabili nella seconda metà del Trecento dagli studiosi sono attribuiti a pittori di scuola veneta, con qualche reminiscenza di derivazione padana se non addirittura giottesca. Non è questa la sede per passare in rassegna uno per uno tutti i dipinti che quasi sempre presentano figure di santi, di Madonne, di Cristo in croce o benedicente, come nella volta sopra l’apside centrale dove è contornato da quattro angeli svolazzanti, dai quattro evangelisti  e da quattro dottori della Chiesa: Agostino, Ambrogio, Girolamo e Gregorio Magno. Sempre nell’abside centrale è presente un ciclo pittorico di grande interesse con la Natività, l’Adorazione dei Magi, la Lavanda dei piedi, l’Agonia di Gesù nell’Orto degli olivi, il Tradimento di Giuda Iscariota, mentre nella lunetta dietro l’altare è raffigurata la Crocifissione. In grande evidenza, attorniato da una serie di santi bene individuati uno per uno dentro una bella cornice che ne risalta le figure probabilmente compare anche un sant’Agostino in trono con mitria e pastorale in fase di predicazione, sulla parete settentrionale campeggia in forma gigantesca san Cristoforo con nella mano destra un bastone e sulla spalla sinistra Gesù fanciullo: l’immagine è molto evocativa perché la chiesa era posta in un luogo paludoso, attraversato dal Retrone. (Foto 10, 11 e 12)

Il polittico del 1404

Sotto gli affreschi è appeso un crocifisso quattrocentesco che risalta sulla stesura di panneggi dipinti suddivisi in riquadri. Gli affreschi della parete meridionale hanno come momento focalizzante l’affresco della Madonna in trono con in braccio il Bambino, purtroppo mancante di una parte e piuttosto sbiadito dal busto della Vergine in giù, mentre sono bene leggibili i volti della Madre e del Figlio. Un drappo nero fa da sfondo. Da notare che alcuni santi come sant’Antonio Abate, oltre a Gesù Cristo e alla Madonna, compaiono più volte. Un’altra Madonna in trono con il Bambino e con la corona in testa compare nella parete di sinistra. Un discorso a parte merita il bellissimo polittico che porta la firma “Opus Baptiste Vincencia” e che reca anche un’altra iscrizione: “Opus factum comissione Magnifici Ludovici de Chierigatis in MCCCC quarto XII indicione” , quindi del 1404, voluto espressamente per la basilica di sant’Agostino per festeggiare l’unione di Vicenza alla Repubblica di Venezia. Il polittico è suddiviso in tre ordini: in quello inferiore, il meno appariscente, compaiono una serie di santi entro nicchie e al centro vi è s. Giovanni Battista; in quello centrale, il maggiore per dimensioni, al centro troviamo la Madonna in trono con il Bambino attorniata da una serie di santi pure entro nicchie; la Madonna è rappresentata in forme più grandi rispetto alle altre figure ed occupa una nicchia più spaziosa; in quello superiore: al centro di una serie di santi entro nicchie individuanti, in posizione più elevata, compare il Cristo che risorge dalla tomba con ai lati la Madonna e s. Giovanni. Sopra tutti, entro una piccola cornice quadrilobata è il Padre Eterno benedicente. Le nicchie complessivamente sono 24. La cornice di tutta la composizione è molto elaborata e ricoperta di doratura, come pure lo sfondo su cui si stagliano i santi. A metà circa della parete nord su due mensole aggettanti è posata un’arca trecentesca. (Foto 14,15,16,17,18,19)

Vita religiosa

Da quanto delineato si evince che l’abbazia di sant’Agostino ha attraversato fasi alterne, alcune molto positive, altre invece negative, sia da un punto di vista religioso sia sotto l’aspetto economico e la stessa integrità della struttura nel tempo ha avuto momenti di grande splendore e momenti di decadenza. Anche la vita religiosa e la conduzione dell’esperienza monastica a volte furono all’altezza della tradizione agostiniana, a volte invece risultarono prive di motivazioni profonde e di punti di riferimento sicuri nella fede e nella professione monacale. Più volte si alternarono religiosi professi e laici che tennero viva la tradizione anche quando intorno la realtà sembrava creare problemi di tipo sociale ed esistenziale, coinvolgendo anche la sfera religiosa e cospirava contro le belle intenzioni; in ogni caso l’abbazia, pur con queste difficili vicende, continuò la sua missione portando sollievo alla popolazione circostante. Riferendosi alla cappella di s. Desiderio sono da ricordare: verso la fine del 1100 fu assegnata dal Capitolo della cattedrale a dei laici che si impegnarono, oltre che a dissodare e a coltivare la terra ad essa pertinente, a curarsi della vita religiosa mediante la presenza di un sacerdote che potesse officiare il culto in una forma di vita comunitaria. Con il venir meno delle regole e di questi ideali la comunità fu sciolta e il convento attribuito ad altri monasteri. Venendo invece all’abbazia di sant’Agostino, al primo grande slancio agli inizi del 1300 quando si formò la comunità religiosa dell’ordine agostiniano con la costruzione dell’attuale basilica e del monastero, seguì un momento di rilassamento, soprattutto dopo che l’ordine di san Giorgio in Alga, derivazione dell’ordine di sant’Agostino, si trasferì a s. Rocco lasciando sul posto un rettore, e soprattutto dopo che questo ordine fu soppresso per non essersi sempre conformato alla regola, pur avendo bene operato prendendosi cura degli abitanti del luogo. Seguirono momenti di tensione con san Felice da cui sant’Agostino dipendeva. Riprese la propria autonomia solo in tempi recenti e fu elevata a curazia prima e infine a parrocchia. (Foto 20)

Fotografie di Claudio Gioseffi – Opera propria, CC BY-SA 4.0
https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Sant%27Agostino_(Vicenza)

Federico Cabianca

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