Basilica di sant’Antonio di Padova – Le committenze delle cappelle radiali

Abstract

Una recente ricerca (1) dà ordine e sistemazione organica a degli aspetti rilevanti concernenti, nello specifico, le committenze relative alle cappelle radiali della Basilica di sant’Antonio a Padova, un aspetto finora poco evidenziato e non secondario nella realizzazione di questo monumento universalmente noto.

Basilica di Sant’Antonio – facciata (it.wikipedia.org)

L’importanza delle committenze per la Basilica

            Questa ricerca è direttamente collegata al fervore di studi su Giotto e i cicli pittorici del Trecento a Padova (2) in vista dell’inserimento del sito seriale di affreschi dello straordinario secolo XIV patavino nella World Heritage List dell’Unesco, divenuto realtà con la proclamazione ufficiale il 24 luglio 2021. Dopo avere esaminato i motivi della benevolenza di cui godeva sant’Antonio presso i padovani e dei buoni rapporti che intercorrevano tra i frati dell’ordine di san Francesco, le autorità, i maggiorenti e gli stessi cittadini, lo studio affronta dapprima l’aspetto tecnico ed economico della costruzione della basilica, con le diverse interpretazioni che nel corso dei secoli ne sono state formulate relativamente al progetto d’origine, alla struttura e a che cosa ne è derivato, poi il problema delle committenze che sono varie e sostanziose soprattutto per le cappelle del tornacoro. Infatti molti cittadini illustri ci tenevano ad avere un posto in una cappella o un monumento sepolcrale per sé e per la famiglia in quello che consideravano il più importante tempio cittadino. E desideravano che queste cappelle di cui si facevano carico fossero belle, armoniose, bene adornate, ricche, in modo che facessero mostra delle loro possibilità e del loro gusto estetico per essere ammirati dal popolo. Ecco allora affacciarsi i più bei nomi in campo artistico, a cominciare da Giotto, che già in precedenza aveva realizzato “gli importanti cicli di affreschi della Sala Capitolare e dell’Andito per il Chiostro della Magnolia, oltre che nella cappella della Madonna Mora. Sembra probabile che proprio con questi prestigiosi interventi di grande impatto visivo si sia avviata la grande stagione di cicli di affreschi, a partire dal lavoro dello stesso Giotto per Enrico Scrovegni all’interno della sua cappella di famiglia, per proseguire nei decenni successivi con le figurazioni di monumenti singoli come il sepolcro Lavellogo e maturando pienamente negli anni Settanta del secolo nelle cappelle Lupi e Belludi, oltre che nel vicino oratorio di San Giorgio” (3)

Le nove cappelle radiali del capocoro

            Ma riprendiamo il filo del discorso. L’autore della ricerca presenta le nove cappelle del tornacoro o cappelle radiali così chiamate perché disposte a raggera intorno al deambulatorio che racchiude e dà spazialità all’area del coro vero e proprio (San Giovanni Evangelista, Santa Chiara, Sante Agata e Caterina, San Giovanni Battista, San Bartolomeo, San Francesco, San Ludovico di Tolosa, Santi Prosdocimo e Giustina, Sante Agata e Caterina, secondo l’intitolazione originale), soffermandosi su alcune di maggiore interesse per il richiamo del nome dei committenti e, nel caso della cappella di Santa Caterina, ora delle Benedizioni, anche per il valore dei lacerti giotteschi ancora rilevabili.

Basilica del Santo – cappella della Benedizioni – Giotto – busti di Sante (luoghigiottoitalia.com)

L’intervento di Giotto nella cappella delle Benedizioni

            La decorazione di questa cappella, secondo alcuni critici, è stata commissionata da Enrico Scrovegni tra il 1300 e il 1303, prima quindi della realizzazione della cappella del palazzo all’Arena e l’idea di incaricare Giotto gli sarebbe maturata proprio vedendolo all’opera in alcuni settori della Basilica. Tutta la cappella era stata affrescata dal grande artista fiorentino, ma della sua opera ormai rimangono soltanto i busti di sante nel sottarco della cappella delle Benedizioni, che i critici attribuiscono appunto a Giotto per la singolare somiglianza con busti di sante della cappella degli Scrovegni, sia nella qualità del dipinto sia nella forma delle cornici che corrispondono perfettamente a quelle. Di questa ricognizione complessiva, attraverso la consultazione di numerose fonti documentarie e attraverso la comparazione di innumerevoli autori, le seguenti considerazioni ci sembrano soprattutto degne di nota: “Numerosi elementi decorativi verranno in seguito ripresi e rielaborati all’interno della cappella dell’Arena, ad esempio pose, vesti e fisionomie dei busti di sante del sottarco, nonché la struttura geometrica dei medaglioni che li ospitano. Le stesse strutture architettoniche dipinte al Santo verranno ampiamente rielaborate all’Arena, la quale cita le lunette laterali della cappella delle Benedizioni nella decorazione illusionistica all’interno dei coretti prospettici dell’arco trionfale. Stilisticamente, possiamo rintracciare alcuni aspetti caratteristici che fanno di questa decorazione un’avanguardia della ricerca pittorica dell’epoca. Due sono in particolare le caratteristiche chiave, ovvero i richiami alla classicità e l’illusionismo prospettico. La prima rappresenta la già citata ricerca, da parte delle casate dominanti, di nobilitare il proprio nome attraverso colti riferimenti letterari, rispecchiata in ogni aspetto della produzione artistica di questo periodo. La seconda traccia invece è il legame con la cultura universitaria mediante l’applicazione delle ricerche sull’ottica e sulla prospettiva che venivano sviluppate in quegli anni. Entrambi questi aspetti saranno sviluppati successivamente da Giotto nella cappella dell’Arena con maggiore libertà…” (4)

Basilica del Santo – cappella delle Benedizioni – Giotto – busti di Sante (luoghigiottoitalia.com)

La cappella di San Bartolomeo

            Interessante l’aspetto delle committenze anche per la cappella di San Giovanni Battista, ora San Leopoldo; la prima committenza, per questa e per la cappella di San Bartolomeo, era stata di Agnese da Carrara, di un ramo laterale della celebre famiglia padovana, poi se ne fecero carico gli Alvarotti, per ospitare, a metà della parete di sinistra, un interessante sarcofago con i resti dei fratelli Aicardino e Alvarotto, due celebri giuristi. La lastra anteriore è formata da una parte paleocristiana e da una aggiunta trecentesca; si presenta come una struttura architettonica dove tra sei colonne tortili che sorreggono archi a tutto sesto sono inseriti simboli cristiani come la croce e l’agnello. Infine è da rilevare che oltre il campo specifico della indagine sulle committenze, la ricerca presenta uno spaccato della società patavina tra il Duecento e il Trecento, in particolare sulle famiglie più in vista, sul mondo ecclesiastico, sui titolari del convento, sul legame di questi con le autorità, con i nobili e con la popolazione in genere per dare un ancoraggio a quanto avveniva attorno a eventi così rilevanti per l’intera cittadinanza e vengono evidenziati i legami economici, gli interessi che li sottendevano e la spinta di alcuni a emergere in ambito sociale e politico.

Note

1) Le committenze delle cappelle radiali nella basilica di sant’Antonio di Padova tra tredicesimo e quattordicesimo secolo, Davide Alberto Cabianca (tesi di laurea in “Storia e tutela dei beni culturali” presso l’Università di Padova, relatrice prof.ssa Giovanna Valenzano).

2) Giotto e i cicli pittorici del Trecento a Padova, Guida SKIRA, 2015, progettata in sinergica intesa tra Comune, Università e Musei degli Eremitani. Vari sono i contributi di Davide Alberto Cabianca: Cappella delle Benedizioni, Lignum vitae Christi, Cappella di San Giacomo, Cappella del beato Luca Belludi, Oratorio di San Giorgio, Chiesa degli Eremitani.

3 e 4) Le committenze delle cappelle radiali etc., citato

La Redazione

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