Sommario
Abstract
Nell’ultimo, ermetico e sapienziale dei “Quattro Quartetti” di Thomas S. Eliot, “Little Gidding” (1942) compaiono dei versi enigmatici che propongono Padova come uno dei luoghi più misteriosi della terra, considerati alla fine del mondo, quasi un portale aperto su altre dimensioni.
L’immaginazione poetica di Eliot, nei “Quattro Quartetti”, associa ad ognuno dei poemetti un elemento e una stagione. A “Little Gidding”, il più drammatico e al tempo stesso il più equilibrato dei quattro, assegna il fuoco e l’inverno. I “Quattro Quartetti” sono l’opera più intensa e complessa di Eliot e non è casuale che si concluda evocando l’amore, il fuoco e la rosa “e il fuoco e la rosa sono uno”, dilatandosi in una dimensione mistico-sapienziale che sovrappone Dante a San Giovanni della Croce.
IL Viaggio in Italia
“Ci sono altri luoghi che sono/ anch’essi la fine del mondo/ alcuni alle fauci del mare/ o sopra un lago scuro, in un deserto/o in una città” T.S. Eliot da “Little Gidding”
Nell’estate del 1911 Eliot, giovane studente alla Sorbona, compie un viaggio in Italia per visitare alcune città d’arte del Nord-Est e riporta le impressioni che ricava da questo viaggio annotandole su un taccuino di appunti “Notes on Italy” pubblicato per la prima volta trascritto e tradotto da Nadia Ramera (Thomas S. Eliot “Viaggio in Italia” Morcelliana 2018, pagg. 136, introduzione di Marco Roncalli). Il poeta inizia la visita a Verona (dove era arrivato in treno, da Monaco di Baviera), poi si reca a Vicenza, Venezia, Murano, Padova, Ferrara, Bologna, Modena, Parma, Milano, visita la Certosa di Pavia per poi concludere il suo viaggio a Bergamo. Annota brevi osservazioni sulle città, si sofferma nel descrivere chiese, palazzi, quadri, sculture. A Padova visita la Cappella degli Scrovegni e Giotto gli suscita stupore e perplessità. «La prima e ultima impresa di Giotto è sgradevole (...). Gli affreschi in breve non decorano, vogliono essere analizzati. Giotto è un grande narratore, anzi, un grande drammaturgo». Probabilmente i luoghi e le immagini che ha ricavato visitando Padova continuano a lavorargli dentro anche dopo molti anni, fondendosi con altre impressioni ed esperienze e in particolare lo colpisce la Basilica di Sant’Antonio, antica meta di pellegrinaggi. Riferendosi a questa scrive: «gli affreschi di Altichiero nel transetto destro sono belli...».
Little Gidding
Little Gidding è il nome di un villaggio inglese che appartiene alla contea del Cambridgeshire, nel quale nel 1626 Nicholas Ferrar vi fondò una comunità religiosa affine per certi aspetti alla comunità francese di Port-Royal a cui era legato Blaise Pascal. Eliot visitò questa località nel 1936 insieme a H. F. Stewart, noto studioso di Pascal e rimase fortemente impressionato dalla spiritualità e dagli ideali della comunità che aveva vissuto in quel luogo. Il poemetto “Little Gidding”, pubblicato durante la Seconda Guerra Mondiale, ispirato a questa visita, combina le immagini del Fuoco e della Pentecoste, sottolineando la necessità di purificazione dagli orrori della guerra. Eliot sostiene che la frammentazione dell’esperienza umana e l’allontanarsi da una visione spirituale dell’esistenza producono continue guerre e devastazioni che si potrebbero evitare se il genere umano fosse in grado di comprendere e riconoscere le vicende della storia passata. Operare l’unità tra passato, presente e futuro è necessario per conseguire la salvezza.
Il villaggio di Gidding
Il poemetto
“Little Gidding” è stato scritto dall’autore durante il 1941, sotto la minaccia dei continui raid aerei della Luftwaffe su Londra: Eliot si sentiva inquieto e insoddisfatto del risultato, in quanto gli sembrava che la stesura fosse stata troppo rapida e approssimativa e infatti lo ultimò e pubblicò solo nell’anno successivo.
Il poemetto si sviluppa in quattro tempi ed è proprio nel primo tempo che compare l’oscuro riferimento a Padova, che viene citata insieme ad altri quattro luoghi.
Nella prima parte Eliot si sofferma sul tema del pellegrinaggio, legato al ricordo della sua visita a Little Gidding, avvenuta durante il mese di maggio. Secondo l’autore, per giungere ad un luogo che è meta di ricerca spirituale non è importante considerare il motivo che spinge fin lì. Lo scopo autentico è qualcosa che va oltre le aspettative e l’immaginazione di quelli che si mettono in cammino perché, quando raggiungono la meta, avviene in loro un profondo cambiamento, una vera e propria palingenesi.
Nel secondo tempo il poeta enumera alcuni luoghi considerati “alla fine del mondo”, in quanto costituiscono “porte” tra il tempo e l’eternità: questi sono l’isola di Iona, che appartiene all’arcipelago delle Ebridi e che si trova “alle fauci del mare”, al largo della Scozia Occidentale. Lì san Colomba, re irlandese e monaco guerriero, fondò un monastero, considerato uno dei più antichi e importanti centri religiosi dell’Europa Occidentale. Il secondo luogo è l’isola di Lindisfarne, (Isola Santa) che si trova al largo della costa nord-orientale inglese e che è unita ad essa da una strada sopraelevata. Per due volte al giorno è isolata dalle maree. In essa si ritirò san Cutberto, che armonizzò pacificamente le tradizioni dei Celti con lo stile di vita dei Romani.
Il terzo è Glendalough, in Irlanda, nella contea del Wicklow, dove in prossimità del “lago scuro” si trova il monastero fondato da San Kevin. Nel XII secolo diventò meta di pellegrinaggi per visitare le reliquie del santo. Intorno alle rovine del monastero, si estende un’area cimiteriale con croci celtiche monumentali.
Il quarto è il deserto della Tebaide, nell’Alto Egitto, zona di ritiro prediletta, durante i primi secoli del Cristianesimo, dagli eremiti e dagli stiliti e nella quale si ritirò in meditazione Sant’Antonio Abate, considerato il fondatore del monachesimo cristiano.
Il quinto è infine la città di Padova, che con la sua Basilica dedicata all’altro Sant’Antonio, (Lisbona 1195- Padova 1231) dove sono venerate le sue reliquie, è uno dei più importanti luoghi di culto cattolici e una delle principali mete di pellegrinaggio conosciute in tutto il mondo.
Padova dunque compare tra i luoghi di pellegrinaggio ricordati dal poeta il quale afferma che qualunque sia il motivo che spinge a visitarli e qualunque sia stata la strada percorsa per raggiungerli, alla fine ci si deve spogliare “del senso e della ragione.”
Quando si perviene alla meta del pellegrinaggio, cadono tutti i paraventi e le giustificazioni, non si è più animati da mere velleità intellettuali, come studiare, soddisfare la propria curiosità o scrivere una relazione, ma si è giunti fin lì, dopo tante peripezie, solo per “inginocchiarsi /dove la preghiera è stata valida.”
Ma che cos’è la preghiera? Non è un recitare delle formule, una costruzione di parole attivata allo scopo di ottenere qualcosa. Essa trascende e ci trascende, varca i confini tra Visibile e Invisibile, risveglia le parti più profonde e nascoste di ognuno di noi e soprattutto rivela che “la comunicazione /dei morti è avvolta in lingue di fuoco al di là del linguaggio dei vivi.”
Il poemetto termina con l’intuizione che la meta del pellegrinaggio è il luogo in cui l’eternità s’interseca con il tempo e che lo si può raggiungere solo percorrendo la Notte Oscura descritta da San Giovanni della Croce, attraverso la negazione e il nulla:
"Per poter gustare il tutto,
non cercare il gusto in nulla.
Per poter conoscere il tutto,
non voler sapere nulla.
Per poter possedere il tutto,
non voler possedere nulla.
Per poter essere tutto,
non voler essere nulla.
Per giungere a ciò che ora non godi,
devi passare per dove non godi.
Per giungere a ciò che non sai,
devi passare per dove non sai.
Per giungere al possesso di ciò che non hai,
devi passare per dove non hai.
Per giungere a ciò che non sei,
devi passare per dove non sei.”
Padova
Padova dunque, luogo di sepoltura di Sant’Antonio, meta di antichi pellegrinaggi, è considerata da Eliot come una delle città più antiche e affascinanti del Nord-Est d’Italia.
Le particolarità che rendono Padova un luogo importante dal punto di vista simbolico, sono molteplici: il Prato della Valle con l’ellittica Isola Memmia, coronata dalle statue di padovani illustri, la Basilica di Santa Giustina che accoglie i corpi di numerosi santi, beati, martiri e patroni, l’Orto Botanico, il più antico del mondo, con le sue statue, fontane e serre dalle forme geometriche particolari, circondato dalla misteriosa cinta muraria che si apre su quattro porte cosmiche. Inoltre vicino a Padova si praticava il culto della Dea paleoveneta Reitia, guaritrice e custode di soglie tra Visibile e Invisibile. Il caffè Pedrocchi, storico luogo d’incontro di intellettuali e letterati, protagonista di feste, balli, trattative commerciali e persino di riunioni massoniche, è costruito come un tempio egizio. Questo era un luogo molto caro a Stendhal, profondo conoscitore e ammiratore dell’Italia che nel libro “La Certosa di Parma”, lo descrive come il migliore caffè d’Italia.
Il Caffè Pedrocchi (Foto A. Fiorito)
«C’est à Padoue que j’ai commencé à voir la vie à la vénitienne, les femmes dans les cafés. L’excellent restaurateur Pedrocchi, le meilleur d’Italie.»
«È a Padova che ho cominciato a vedere la vita alla maniera veneziana, con le donne sedute nei caffè. L’eccellente ristoratore Pedrocchi, il migliore d’Italia.»
A Padova si trovano anche il Palazzo della Ragione, magico contenitore di simboli e immagini astrali e la Torre dell’Orologio con il suo quadrante, visione celeste e del tempo su cui compaiono i segni zodiacali, la cappella degli Scrovegni coi Vizi e le Virtù e l’immagine spaventosa del Giudizio Universale. Padova dunque è una città in cui la linea di demarcazione tra Visibile e Invisibile si fa più sottile ed è possibile varcarla. Le sue radici antiche ne fanno un centro di arte, scienza, storia, religione e magia, fulcro di un’intensa vita intellettuale. Eliot, del resto, nella sua ricerca poetica, è sempre stato maestro nel recepire le dimensioni più recondite dei luoghi e della loro essenza e in Padova ha riconosciuto un luogo dello Spirito.
Padova, a sinistra, Piazza dei Frutti e Palazzo della Ragione (Foto A. Fiorito)
e, a destra, Piazza dei Signori e Torre dell'Orologio
Lucia Guidorizzi