Nin Scolari il regista visionario

Abstract

NNella effervescente scena teatrale della Padova anni ’70, spicca la figura di attore prima e di regista poi di Nin Scolari che, ispirandosi ai grandi innovatori del teatro del ‘900 come Jerzy Grotowski ed Eugenio Barba, con il Teatrocontinuo segna una personale linea di ricerca teatrale durata un cinquantennio, portando il teatro al di fuori della scatola nera e creando spettacoli originali per i siti monumentali delle città e le aree archeologiche d’Italia.

Angelo Nin Scolari nasce a San Donà di Piave (VE) l’11 aprile 1939, ma il suo percorso di studi e di teatro lo porta a Padova dove rimarrà fino al giorno della sua morte, l’11 agosto 2008. Conosciuto e stimato dalle persone che hanno avuto dei rapporti con lui, per tutti è da sempre e solo il Nin.

Si può dire che Nin abbia avuto due vite: una universitaria e una teatrale. Dopo essersi laureato in Scienze geologiche nel 1966, infatti, intraprende la carriera universitaria dove si applica alla ricerca scientifica rivolta a problemi riguardanti la petrologia, la geologia e la mineralogia pubblicandone i risultati in varie riviste scientifiche. Contemporaneamente, assolve gli incarichi di insegnamento di cristallochimica, mineralogia, geologia, petrografia e geochimica per gli studenti della facoltà di Scienze dell’Università di Padova e, negli anni ’80, presso l’Università Nazionale Somala di Mogadiscio.

Ma la sua vera passione si rivela fin da piccolo quando in una chiesa, durante una celebrazione, rimase affascinato dalla ritualità, dal profumo di incenso, dalla luce che filtrava attraverso i rosoni colorati delle vetrate. Era Teatro. E al teatro Nin dedica il resto della sua vita lasciando definitivamente l’Università nel 1985.

Il percorso teatrale

Il suo percorso teatrale inizia già da studente negli anni Sessanta, come attore, con Gianfranco de Bosio, Costantino de Luca e Lorenzo Rizzato; ma sono gli incontri con Julian Beck, Jerzy Grotowski ed Eugenio Barba a segnare una svolta nella sua poetica teatrale che lo condurrà a fondare nel 1975, insieme con Luciana Roma (1), sua moglie e sodale artistica, Teatrocontinuo. Questo piccolo spazio di vicolo Pontecorvo, riconosciuto dal MIBACT e dalla Regione del Veneto, sarà un faro per il teatro di ricerca  a Padova per quasi quarant’anni, e un punto di riferimento per i giovani che lo hanno abitato contribuendo alla realizzazione degli spettacoli o frequentando la “Ulisses-Scuola di Teatro”, che Nin fondò nel 1988 organizzando in laboratorio stabile e costante la pedagogia sull’arte dell’attore. Nella scuola, ben oltre i manuali e le dottrine, Nin ha proposto le sue visionarie intuizioni artistiche e la sua etica teatrale sapendo motivare le persone e rispettando le loro “immagini del mondo”; infine, ha insegnato cosa significasse davvero fare teatro e, in qualche modo, essere teatro.

In quegli anni si affaccia il desiderio di indagare i meccanismi della regia e della drammaturgia e fondamentali saranno i costanti rapporti con Grotowski e Barba e l’importante occasione di lavoro con Andrej Tarkovskij e Wim Wenders, che gli permetteranno di comprendere alcuni fondamentali principi trasferibili alla drammaturgia teatrale.

Nel corso degli anni, Teatrocontinuo ha conosciuto numerose trasformazioni, ma è rimasto sempre fortemente radicato nel terreno della ricerca teatrale di ispirazione antropologica. Prende vita allora una riflessione profonda sul significato del linguaggio teatrale nel Novecento, considerando le linee direttive e gli interrogativi dei Padri Fondatori che hanno sovvertito la scena tradizionale intorno alle categorie fondanti del teatro: Gruppo, Pedagogia, Attore, Regia, Drammaturgia, Spazio, Spettatore. Ed è proprio a tali interrogativi che Nin ha guardato con intelligenza e curiosità, da esploratore esigente e ricercatore infaticabile, non tanto per dare risposte, quanto per tracciare strade nuove che potessero perfezionare le domande. Ma la sua è stata anche una storia individuale, un’esperienza intima di indagine artistica e di generosità professionale. E nella pratica quotidiana fatta di prove e di sperimentazioni registiche, la generosità si associa spesso all’essere esigenti, esatti, motivati. La sua vita teatrale è stata un dialogo appassionato fatto di strade intraprese, di sentieri tracciati, di incontri e di abbandoni, di spazi per spettacoli, di parole sempre vive e di gesti irripetibili, ma anche il racconto di un’esperienza artistica di fatto unica che è riuscita ad inaugurare una straordinaria stagione di ricerca, portando il teatro in spazi non convenzionali, come le aree archeologiche, i siti museali e i luoghi d’arte e coniugando con essi i contenuti legati al mito antico e alle suggestioni che quei luoghi producono sull’osservatore.

Quando, per la prima volta nel 1996, infatti, Nin introdusse le tematiche principali del lavoro antropologico negli spazi museali ragionando sui temi legati al mito classico, avviò un fecondo processo di contaminazione tra il mondo antico e la moderna visione del lavoro teatrale di matrice antropologica. Si domandò, nel corso di dodici anni di ininterrotta attività di sperimentazione, se poteva esistere una sintesi tra le forme codificate dalla tradizione della tragedia greca, le teogonie e le cosmogonie tramandate dai poeti, gli spazi dove le pietre avevano fatto crescere il mito, e il lavoro del teatro moderno. Di qui la creazione del progetto de “I luoghi del mito”, il viaggio nei luoghi d’arte di un gruppo di teatro che ha saputo convincere spettatori e operatori della legittimità di un’operazione culturale di profonda complessità e, da vero pioniere, ha tracciato un nuovo sentiero da percorrere.

Dopo i primi anni di lavoro teatrale in Magna Grecia, accompagnato dai racconti degli archeologi e dei soprintendenti, vera fonte di conoscenza dei luoghi, Nin intuisce che i luoghi dove si nascondono i miti, non solo greci, ma anche romani e medievali, sono i custodi della storia dell’uomo. Aver reso operativo questo progetto sul piano artistico ha significato, infatti, aver individuato i materiali teatrali da impiegare negli spazi che li avrebbero ospitati per costruire un incontro capace di produrre il nuovo. Il luogo non veniva scelto perché suggestivo dal punto di vista architettonico o paesaggistico, ma perché funzionale alla storia che sarebbe stata raccontata e segno tangibile di una presenza del mito.

Per dirla con Nin “…camminando fra quelle antiche pietre un flusso di pensieri involontari si affaccia alla mente… Quel luogo sa tutto di te, e un pò alla volta, se saprai ascoltare, se saprai ascoltarti, anche tu saprai tutto di quel luogo… È con l’atteggiamento umile di chi cerca ciò che non conosce che mi accosto ai siti archeologici o ai siti monumentali, e la mia ricerca è stata premiata da suggestioni, immagini, pensieri che hanno cambiato la mia vita. Con questo stato d’animo li ho attraversati, aspettando il miracolo, quel momento magico nel quale ti senti prigioniero del tempo, ostaggio dell’eternità…”. (2) E lo spazio di Nin è stato esso stesso un luogo del mito, un’isola di ricerca, che toccava le sponde dei molti continenti della vita. Alla sua isola, semplicemente, ci ha creduto, come se fosse il mondo e il resto uno strano sogno.

Luciana Roma

Immagini

Nin Scolari
Scudo di Pietra – Paestum (SA)
La Biblioteca del Tempo – Elea-Velia (SA) Campania 1996

Libri postumi:

(1) Angelo Nin Scolari, Lessico Teatrale,a cura di Luciana Roma, Padova, Esedra, 2011.
2) Angelo Nin Scolari, Teatrocontinuo, un’isola di ricerca, a cura di Francesco Puccio e Luciana Roma, Roma, Carocci, 2015.

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