La coppia imperiale sveva nelle terre venete

Abstract

Il castello dei Dalesmanini di Noventa padovana, oggi villa Grimani-Vendramin-Calergi-Valmarana, ospitò l’imperatrice sveva quando Federico II fissò il suo quartier generale presso l’Abbazia di Santa Giustina a Padova. In quel periodo la coppia imperiale ebbe sicuramente modo di visitare i territori dominati dai da Romano e ne rimane testimonianza in un affresco, da poco scoperto a Bassano, dove con l’imperatore sono raffigurati la moglie, un trovatore e un falconiere.

Foto 01 – Villa Grimani Vendramin Calergi Valmarana di Noventa Padovana

Isabella d’Inghilterra a Noventa padovana

Quando, nel gennaio del 1239, l’imperatore Federico II di Svevia si trasferì a Padova presso l’Abbazia di Santa Giustina, la piccola corte della terza consorte, Isabella d’Inghilterra, sorella del re Enrico III e figlia di Giovanni Senzaterra, fu accolta invece nel “castello” di Noventa Padovana, requisito da Ezzelino III alla potente famiglia guelfa dei Dalesmanini. Così racconta il cronista Rolandino: Federico II “andava anche talvolta a Noventa, dove dimorava in quel tempo sua moglie, figlia [e sorella!] del re d’Inghilterra, che voleva piuttosto esser chiamata regina che imperatrice” (Cronaca, IV, 9). Non è affatto escluso che queste visite prevedessero battute di caccia con il falcone, amate dal sovrano, cui si prestava il territorio da Noventa alla laguna, assai umido e acquitrinoso (e dove si trovava il famoso monastero di Sant’Ilario, sotto protezione veneziana e spesso in contrasto con gli stessi Dalesmanini).

È difficile dire quanto tempo ci restasse, dato che i cronisti non si soffermano su questi dati, ma sicuramente a più riprese. Rimane insoluta la questione dove fosse nato il figlio Enrico Carlotto, se a Ravenna, come scrive Salimbene da Parma dopo molti anni dal fatto, o a Noventa, dove poteva essere visitato dal padre, assai felice per tale evento, come risaputo da altre cronache, come quella di Matteo di Parigi.

La distruzione del castello e la costruzione di villa Grimani

Isabella col marito Federico II, illustrazione di un manoscritto di Matteo Paris

Tale castello fu poi distrutto da Ezzelino, quando decise di eliminare tutti i maggiorenti padovani anche solo sospettati di infedeltà (dal 1249, poco prima della scomparsa dell’imperatore Federico II di Svevia, vittima del forte antagonismo con i papi del tempo e vittima di congiure e tradimenti clamorosi, come quello del segretario personale Pier delle Vigne, incontrato da Dante nel canto XIII dell’Inferno tra i suicidi).

Il sito fu acquistato nel XV secolo da famose famiglie veneziane che, sulle rovine dell’antico castello distrutto dei Dalesmanini per opera di Ezzelino III, eressero nel tempo l’attuale magnifica villa Grimani-Vendramin-Calergi-Valmarana, ma conservando parte dei resti dell’antico castello: il pavimento (oggi protetto da vetroresina) e alcune arcate interne ancora ben visibili. Noventa infatti è considerata il primo sito-paese della Riviera del Brenta, con molte altre ville veneziane. Va anche segnalato che la Villa Valmarana-ex castello era porto fluviale prima che la Brenta fosse spostata da San Vito di Vigonza.

Rocca e mastio di Monselice come baluardi difensivi

La città murata di Marin Sanudo del 1483 di Flaviano Rossetto

In quello stesso anno, consolidata l’alleanza con Ezzelino da Romano, Federico II ordinò il rafforzamento delle difese di Monselice, divenuta sede del tribunale imperiale per l’intera marca, con la costruzione della Rocca sulla cima del colle con una possente torre al centro, che scellerate escavazioni rischiavano di buttare a terra, e di una nuova cinta di mura, mentre in quegli stessi anni Ezzelino costruiva una torre a difesa di quello che oggi è il Castello di Ezzelino, poi Castello Cini o Ca’ Marcello, e una seconda cinta di mura a difesa dell’abitato.

La raffigurazione dell’imperatrice a Palazzo Finco di Bassano del Grappa

Affresco di Palazzo Finco a Bassano del Grappa (Vi)

La scoperta, abbastanza recente, e la rilevanza dell’affresco di Palazzo Finco a Bassano, costituiscono, è stato scritto, qualcosa di semplicemente destabilizzante, e non solo perché lo stesso si è salvato dalla damnatio memoriae (condanna della memoria) degli Ezzelini e degli stessi Svevi-Hohenstaufen, ma anche perché si presenta come un vero “rebus” dal punto di vista artistico-pittorico. Chi l’ha studiato più a fondo, la dottoressa M. Elisa Avagnina, conservatrice del Museo Civico di Vicenza, gli ha dedicato più di un saggio (1), il più rilevante dei quali appare nel catalogo della mostra Ezzelini, allestita a Bassano nel 2001.

Quello che interessa a noi è sapere che la studiosa data l’affresco nel 1239, che è, come dire, quando Federico II si trovava nel nord est (prima a Padova, poi a Castelfranco – Treviso – Cittadella), mentre Ezzelino, con tutta probabilità, preparava nella sua Bassano una degna dimora per ospitare la coppia imperiale. Gli eventi poi precipitarono per i casi di Treviso (ribellione del fratello di Ezzelino, Alberico), e Ravenna. In breve diremo che l’affresco, anche se mutilato, rovinato dai secoli, dagli uomini, e in parte non concluso, rappresenta l’imperatore che, con un grazioso gesto di carattere “cortese”, porge una rosa alla bionda Isabella assisa in trono e con un falcone sulle dita guantate della mano sinistra. Compaiono anche altri personaggi: a sinistra un trovatore-musico con abito elegante e copricapo a becchetto, un cortigiano in lunga veste e a braccia conserte che assiste all’atto cortese. Significativa la presenza del falcone per i motivi che si conoscono.

L’affresco di Palazzo Finco a Bassano e gli studi dell’Avagnina

Quindi l’attribuzione storico-artistica dell’Avagnina: “Sulla scorta delle citate argomentazioni di carattere storico, sostenute sul piano letterario da recenti scoperte e nuove prospettive di lettura relative agli interessi poetici del sovrano e del suo entourage, è plausibile proporre di riconoscere nei due personaggi coronati altrettante immagini di Federico II e della sua terza moglie Isabella d’Inghilterra, sposata dal sovrano nell’estate del 1235, qui raffigurati in ambito di raffinata cultura cortese, quale quella che sappiamo coltivata nella cerchia dei da Romano, presso cui era stato a suo tempo Sordello e gravitavano in quegli anni campioni della lirica trobadorica come Uc de Saint-Circ”.

Da parte degli studiosi della poesia provenzale, come Maria Luisa Meneghetti (2) e Giuseppina Brunetti, sono arrivate Importanti conferme: “Anche la figura che suona la viella sarebbe stata identificata: il personaggio raffigurato sarebbe infatti il trovatore caorsino Uc de Saint Circ”. […] “Del resto la rappresentazione dell’affresco, che lascia un ampio margine alla lettura simbolica, costituirebbe davvero un unicum se racchiudesse tutta la cristallizzazione visiva di un processo storiografico orientato: l’ancillarità (o amicalità) trobadorica (nella figura-funzione di Uc de Saint Circ) rispetto alla poesia italiana (Pier della Vigna o Giacomino Pugliese-Giacomo di Morra) autorizzate alla performance dalla stessa gestualità cortese del sovrano”. (3)

Trattato di Federico II sulla falconeria

Sul piano strettamente artistico l’Avagnina ha trovato delle consonanze con la contemporanea cultura gotica francese, e l’affresco stesso, in una terra quasi di frontiera per l’impero, dimostra di essere all’avanguardia e un caso isolato rispetto ad altre manifestazioni che avrebbero trovato più tardi piena realizzazione.

D’altra parte la scena affrescata pare collegarsi a quell’atmosfera di dolce spensieratezza che doveva regnare presso l’Abbazia di Santa Giustina a Padova e attestata un po’ da tutti i cronisti, prima che il grande imperatore fosse colpito e offeso da una scomunica che riteneva ingiusta e vendicativa da parte di un papa, Gregorio IX, che credeva fermamente alla funzione teocratica del papato, ossia alla sua prevalenza sul potere imperiale sia nel campo religioso che in quello temporale.

Per concludere il discorso sul ritrovato affresco di Bassano, l’Avagnina si sente di attribuire quell’opera d’arte alla stessa mano che avrebbe poi mirabilmente miniato il citato trattato di Federico sulla falconeria, un artista che doveva gravitare nella cerchia dei dotti e dei poeti della Magna Curia siciliana (o in quella di Manfredi, figlio dell’imperatore).

In fin dei conti i probabili ospiti di Ezzelino erano parenti stretti, il suocero, con la giovane suocera, avendo il da Romano sposato l’anno prima a Verona la di lui figlia naturale Selvaggia, e tutto doveva apparire eccellente e superlativo agli occhi del grande sovrano Svevo e della sua bella e colta consorte.

NOTE

1) Maria Elisa Avagnina, Un inedito affresco di soggetto cortese a Bassano del Grappa: Federico II e la corte dei da Romano in Federico II. Immagine e potere a cura di Maria Stella Calò Mariani, VE, Marsilio, 1995.

2) La Avagnina riporta anche l’ipotesi di M. L. Meneghetti espressa nel Convegno pavese Federico II e le città italiane secondo la quale nell’affresco sarebbero ritrati con Federico II il trovatore Uc de Saint Circ e Pier della Vigna (in G. Brunetti, Il frammento inedito…, p.186, nota)

3) Giuseppina Brunetti, Il frammento inedito “Resplendiente stella de albur” di Giacomino Pugliese e la poesia italiana delle origini, Casa editrice: Walter de Gruyter, 2000

Gianluigi Peretti

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