Mary Shelley, autrice del Frankenstein, a passeggio sui sentieri dei Colli Euganei

Abstract

A proposito del poeta Percy Shelley, ospite a Este, abbiamo già scritto in precedenza; il presente articolo è dedicato a Mary Shelley e al suo Frankenstein, da lei scritto prima di giungere a Este. Il soggiorno in Italia segnò anche una tragedia per i coniugi Shelley, la morte della piccola figlia Clara il 24 settembre 1818 a Venezia che mise a dura prova il loro rapporto, forse già in crisi, anche a causa della complicata vita sentimentale di entrambi.

Ultimo vero romanzo gotico e antesignano del libro di fantascienza, Frankenstein fu scritto da Mary Shelley a soli 19 anni. La vicenda narrata è quella di uno scienziato folle, Victor Frankenstein, che per ambizione smodata crea un essere assemblando pezzi di cadavere e infondendovi una scintilla di vita. Seguiranno una serie di sciagure. Frankenstein rappresenta una delle più suggestive creazioni della fantasia romantica.

Mary sui Colli

Mentre a Londra l’uscita di Frankenstein destava l’interessa di giornali e il libro si avviava a divenire uno dei grandi best seller, la sua autrice Mary Shelley aspettava con ansia la notizia sulla accoglienza riservata alla sua opera in una villa dei Colli Euganei, vicino a Este. 1818 non è solo la data d’uscita del celebre romanzo, ma anche l’anno in cui Mary Shelley e il marito, il grande poeta Percy B. Shelley, scelsero come residenza i Colli Euganei. A Este, in realtà, la memoria di questo lungo soggiorno si perse presto, per una sovrapposizione di autori. La permanenza infatti venne attribuita, per una serie di fraintendimenti a Byron, e  ancora oggi la Villa, ex Convento dei Cappuccini, in cui abitarono gli Shelley, viene chiamata anche Villa Byron. Il fatto è che effettivamente l’affittuario della villa fu per due anni Byron, che però vi si recò solo un paio di giorni. La prestò invece all’amico Shelley. In un padiglione oggi distrutto della Villa Cappuccini, oggi Picconi, Shelley scrisse Julian and Maddalo e Il Prometeo liberato oltre ad una serie di versi dedicati ai Colli. Mary invece abbozzò Valperga, romanzo che verrà pubblicato nel 1823 e che ambienta nei colli parte della storia.

Sul suo soggiorno nei Colli Euganei Mary Shelley tornò poi altre volte nelle sue opere, segno di un legame non solo naturale ma anche letterario, visti i frequentissimi riferimenti a Petrarca e Foscolo che appaiono nelle sue opere, sia nelle introduzioni che scrisse alle opere del marito ormai morto.

Ma quel soggiorno sui Colli è anche all’insegna di Frankenstein. Lì infatti arriva la notizia che Walter Scott l’ha apprezzato. Lì arrivano i giornali con le prime stroncature, che Mary Shelley registra nel suo diario. Perché il successo di Frankenstein fu immediato, ma non dal punto di vista critico.

Nascita della storia

La storia nacque due anni prima in una notte da incubo per Mary. Un sogno inquietante. È lei stessa a raccontare come un pallido studioso di arti profane si inginocchiò accanto alla “cosa” che aveva messo insieme. E “la cosa”, la creatura protagonista del libro, come tutto nella vita di Mary Shelley, fu a sua volta oggetto di molti fraintendimenti. A cominciare dal nome, perché Frankenstein nel romanzo è solo il creatore, mentre la creatura non ha nome, è “la creatura”.

Per continuare con la sua nascita, che nel libro non è dovuta all’elettricità; e poi il suo aspetto, che nel libro è molto fragile e non imperiosamente meccanico come nelle versioni cinematografiche.

 La “creatura” è sensibile, legge Milton e Goethe, ha problemi di identità e coscienza. Diviene “mostro” perché viene negata dal suo creatore. Da questo punto di vista il cinema ha semplificato enormemente il racconto anche se lo ha reso universale. E forse ha cancellato le angosce personali che Mary, madre di figli morti, autrice costretta all’anonimato, diciassettenne fuggita di casa, a lungo non moglie ma amante, aveva immesso nel romanzo, che il celebre marito aveva subito apprezzato, forse anche corretto, ma non certo scritto (!) come alcuni per molto tempo vollero ipotizzare.

Se poi, la vita di Mary fu continuamente accerchiata dalla morte, come una dannazione, l’immagine dei colli, delle passeggiate, del momento in cui nasceva come scrittrice, rimase fissa nella sua mente, memore di quei sentimenti romantici e sublimi che i colli avevano saputo ispirarle.

Un balsamo, fa capire, che alleviò le sue pene.

Mary Shelley, Frankenstein; or, the Modern Prometheus,1816/1817.

Marta Celio

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